"Straordinariamente... geniale" di Dallas Schulze (Harmony Magic)



Trama: Jack non ha mai creduto alle fate, agli gnomi o ai folletti. I genii? Che lui sappia, esistono solo nelle favole. Tuttavia, non può credere a ciò che vede con i suoi occhi. Sheri vive in un samovar, incanta gli animali, fa fiorire le rose fuori stagione, appare e scompare nel nulla. Certo, non sarà facile far capire agli altri l'esistenza di quella strana ragazza quando non riesce a spiegarla nemmeno a se stesso. Inoltre non c'è posto in un mondo freddo e rigoroso per una creatura così dolce e sensibile. Ma allora, come farà ad accorgersi di avere bisogno di lei?

Commento critico di Lunaria: "Straordinariamente... geniale" di Dallas Schulze è davvero un libro molto delicato e sognante. Non è certamente un libro erotico e carnale (la scena d'amore è molto pudica e giunge solo quasi prima del finale), quanto piuttosto una fiaba, narrata con un tono dolce e sognante; l'innocenza di Sheri, il suo entusiasmarsi di fronte alle piccole cose della vita, ispira un moto di commozione e forse anche di autoriflessione (da quando abbiamo smesso di essere come bambine, pronte a vivere di sogni e di tenerezza, pronte ad entusiasmarci?); l'intreccio e il dipanarsi della vicenda è ben svolto (più che di "triangolo" si parla di "quadrato"), così come l'analisi del conflitto psichico che vive Jack, diviso tra il dovere (far contenti gli altri, rientrare negli schemi prefissati) e i suoi sogni (taciuti e rinnegati). Come è da aspettarsi, sarà proprio Sheri ad attivare e paradossalmente sbloccare questo conflitto. Per quanto tutto il libro sia improntato ad un registro espressivo leggero e frizzante e a fatti ed eventi semplici, quotidiani e frivoli, prima del finale l'Autrice calca la mano sfoderando una vena tragica e dolente, che commuove: l'immagine terribile di Sheri che giace quasi morente con Jack che si dispera e dilania, in preda ai sensi di colpa, è davvero suggestiva e se non fosse per il lieto fine, che sappiamo inevitabile, lascerebbe la lettrice davvero affranta, insieme a Jack. Poi ovviamente tutto va per il meglio, come è sempre, nei libri Harmony, dove il lieto fine è d'obbligo, ma quelle due-tre pagine, di un uomo sconvolto che veglia su un corpo femminile accasciato, di una Sheri candida, generosa ed innocente, a cui ci siamo affezionate durante la lettura, risultano davvero toccanti e non si dimenticano in fretta.

Gli stralci più belli:

Socchiuse appena la porta e la prima cosa che notò affacciandosi nella sala fu l'urna di ottone. Era lontana dalla finestra, quindi non poteva essere il sole a illuminarla; eppure risplendeva di una luce chiarissima, baluginante. Incuriosito, Jack entrò. Non fece quasi caso al fatto che non c'era nessuno a dormire sul divano. Tutta la sua attenzione era rivolta all'urna che pareva incantata, avvolta in una pozza di luce dorata. D'un tratto, il bagliore si tramutò in una sorta di nebbiolina che cominciò piano piano a ispessirsi. Gli occhi sbarrati, il cuore che batteva furiosamente, Jack assisteva immobile mentre il velo di nebbia si espandeva. E cominciava a prendere forma. Una forma umana. Sì, era il corpo di una donna, e gli dava le spalle. Una figura sottile, avvolta in una vestaglia di tulle leggerissimo, quasi impalpabile.

*

Sheri parlava guardandolo negli occhi. E come già era accaduto in precedenza, Jack si perse in quei profondi laghi azzurri. Tutt'a un tratto, gli sembrò che non esistesse più nulla al mondo, se non loro due, soli, in una nuova dimensione, ben distante dalla realtà. Con un gesto istintivo, le affondò le mani nei capelli setosi, e abbassò lentamente il capo su quel viso angelico fino a che le loro labbra si sfiorarono. Se l'avesse baciata adesso, pensò, sarebbe stata la fine. Ma non poteva proprio farne a meno...

*

"Sheri, è possibile che un genio si innamori?" Una domanda idiota. Come diavolo gli era venuta in mente?
"A volte succede" Sheri abbassò lo sguardo. "Ma bisogna stare attenti. Può essere pericoloso".
"Che vuoi dire?"
"L'amore per noi non è solo un sentimento. è la forza che ci tiene in vita. Innamorandoci perdiamo molti dei nostri poteri. E se poi questo amore non fosse ricambiato...", sospirò turbata.
"Continua. Che cosa succederebbe?"
"Moriremmo", mormorò.

*

Sheri non si mosse quando lui si chinò. Schiuse appena le labbra, accettando il suo bacio. C'erano solo loro due al mondo. Come cornice la luna, il giardino immobile e il bisbiglio delle rose, che si scambiavano segreti.



"Due mele di cristallo" di Jayne Ann Krentz (Harmony Intrigue)


Trama: Il primo incontro tra Sara e Adrian non è certo tra i più ortodossi: lei infatti gli sta frugando la casa alla ricerca di qualche indizio che le permetta di rintracciare lo zio Lowell, misteriosamente scomparso. Adrian, che lo conosce bene, non manifesta un'eccessiva preoccupazione, ma è disposto a darle una mano, anche perché la donna che gli sta davanti gli è stata promessa come moglie dallo stesso Lowell. Una situazione stravagante, ambigua, che si complica ulteriormente col passare dei giorni, raggiungendo punte di autentica suspense... 

Commento di Lunaria:  "Due mele di cristallo" di Jayne Ann Krentz (vedi anche https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2023/09/tra-sogno-e-realta-di-jayne-ann-krentz.html) è un romanzo di spionaggio, incentrato sulla caccia di un presunto oro sepolto tra Vietnam e Cambogia, al tempo della guerra, e tra l'inevitabile conflitto di interessi e di intrighi che vede coinvolti Sara, suo zio, Adrian, un fantomatico ex agente segreto soprannominato Lupo e un approfittatore che vorrebbe impossessarsene; è ben strutturato e raccontato, anche se il capitolo finale (lieto fine amoroso) è davvero banale e abbassa tutta la tensione e la suspense che aveva caratterizzato i capitoli precedenti (e sembra buttato lì a casaccio); meglio sarebbe stato concludere la vicenda con il salvataggio di Sara e il matrimonio senza l'escamotage dell'ultimo capitolo (anche se probabilmente l'Autrice aveva intenzione di approfondire la psiche di Adrian, uomo dallo scomodo passato). Poche le scene d'amore, anche se non mancano belle descrizioni, molto tenere e soffuse. 

Qualche stralcio per dare idea dello stile:   "Ti occorre qualcosa che ti distolga da tutti questi problemi". Adrian si fermò di colpo e l'afferrò con entrambi le mani quando lei andò a sbattergli contro. "E penso di averne bisogno anch'io", aggiunse in un sussurro, accarezzandole le braccia. L'attirò a sé, e lei capì che stava per baciarla. Per un attimo, Sara cercò di leggere nei suoi occhi, di trovarvi risposte a domande che non sapeva nemmeno formulare; ma nell'oscurità gli occhi di Adrian erano impenetrabili, illeggibili [...] Lei non oppose nessuna resistenza. Quando le mani di Adrian scivolarono sui suoi fianchi, si alzò in punta di piedi, per stringersi ancora di più a lui [...] Poi la brezza della sera cominciò a farsi sentire, fredda, gelida. E il corpo di Adrian non bastava a riscaldarla.
"Non c'è nient'altro da aggiungere, Sara. Questa storia la stiamo vivendo assieme, e io ti proteggerò, comunque tu la pensi." [...] Sapeva di essere sulla difensiva, e ne provava dolore, rimpianto. Avrebbe voluto scrollarsi di dosso la differenza e abbandonarsi all'attimo che stava vivendo. Ma non riusciva a decidersi. La mossa più saggia sarebbe stata sottrarsi alla sua mano e tornare a letto; eppure non sapeva farlo.
Lentamente, le sue mani si posarono sulle spalle di lui, la sua bocca si dischiuse. "Sara..." L'intimità aggressiva del bacio le diede un senso di stordimento. Adrian la strinse a sé con dolce furore, poi rialzò la testa e la fissò con sguardo interrogativo. Nei suoi occhi brillava una luce argentea che imprigionò Sara e lei capì di essere ormai persa. O ritrovata. Non poteva deciderlo. Nulla appariva più normale o completamente razionale. Ma un fatto sembrava emergere dal temporale di emozioni: se quella notte Adrian la voleva, sarebbe stata sua.
In quel preciso momento udì la voce di Adrian alle sue spalle e si girò di scatto. "Guarda che non puoi scomparire nella nebbia. Solo le fantasie possono svanire a quel modo, e tu non sei più una fantasia."




"Il lato oscuro del destino" di Sally Carleen (Harmony Sesto Senso)


Trama: Dopo che qualcuno è quasi riuscito a ucciderla, Amanda Parrish ha vissuto l'inquietante esperienza di arrivare a un passo dalla morte: ha attraversato un tunnel, ha visto una luce accecante e infine ha provato quella pace interiore che cercava da sempre. Proprio quando stava per cedere, però, si è sentita invadere dallo spirito di un'altra donna, vissuta prima di lei, con la quale ha "qualcosa" in comune. Amanda ricomincia quindi a vivere un'esistenza della quale, però, fatica a riunire i pezzi. Perché, ad esempio, nel suo cuore ci sono due uomini? Le prime ricerche dicono che...

Commento di Lunaria: "Il lato oscuro del destino" è un discreto thriller condito da qualche elemento soprannaturale (una donna che si è salvata per miracolo, "ospita" in sé due anime, la sua e quella di una donna assassinata ad inizio secolo, anche se più che anime si tratta di condivisioni di ricordi). Alla fine sarà fatta chiarezza non solo sull'omicidio irrisolto di Elizabeth, ma anche sull'intrigo che vede "qualcuno" cospirare contro Amanda. Il ritmo narrativo è veloce e scorre senza intoppi, ma le scene d'amore sono rade; l'Autrice si trova più a suo agio nel descrivere Amanda in pericolo di vita o nel ricostruire "in senso poliziesco" i dettagli della vicenda d'omicidio a cui sembra legata e che deve risolvere, tramite la lettura di un vecchio diario e soprattutto, la ricerca di un manoscritto che inchiodi il colpevole. Stranamente, non ci sono apparizioni di fantasmi veri e propri, ma solo di leggeri presentimenti e tutto si svolge nella mente della donna.


Gli stralci più belli:

Un fulmine illuminò il cielo, e in quel momento un'ombra si mosse sul ballatoio, poi esitò in cima alle scale, ma subito dopo l'oscurità reclamò tutta la casa. Piano piano, la donna si fece strada sul ballatoio, esitò in cima alle scale. Uno scricchiolio la fece proiettare su se stessa, brandendo la lampada per difendersi, ma fu inutile. Due mani forti, fredde, le si strinsero intorno alle spalle, ma erano le spalle di Elizabeth (...) Ma le tenebre fredde e soffocanti che si aspettava non arrivarono, e un gemito di sollievo le salì alle labbra quando sbattè con un tonfo sordo contro il pavimento. Prima che potesse alzarsi, però, lui la raggiunse, un'ombra scura che si chinava su di lei, soffocandola con un cuscino. Lei tentò di lottare, ma invano. Presto il buio le tolse il respiro.

Dopo tutto si era svegliata in fondo alle scale. Che qualcuno l'avesse spinta? Che qualcuno avesse cercato di ucciderla?
(...) Scuotendo sconfortata la testa, tornò a stendersi sul letto, tra le coperte. E di nuovo le immagini del sogno le tornarono alla mente, di nuovo sentì due mani forti che le serravano le spalle. No, non erano state le mani di Dylan. Lui l'aveva aiutata. C'era stata una dolcezza infinita nel modo in cui l'aveva toccata.
Eppure anche Dylan aveva mostrato un enorme interesse in ciò che lei ricordava, e quella consapevolezza la riempiva di una inspiegabile apprensione.

Il 13 aprile.
"è morta lo stesso giorno in cui tu sei caduta dalle scale", osservò con voce bassa, pacata, e quelle parole la fecero rabbrividire.
(...) Con il cuore colmo di angoscia, e dopo avere scoccato un'ultima, agghiacciante occhiata alla tomba di Elizabeth, si avviò lungo il viale del cimitero per tornare all'entrata, e soltanto allora si accorse che Dylan non la seguiva.

Lui le affondò le dita tra i capelli, accarezzandola, tirandole indietro la testa per potere guardare le fiamme di desiderio che le accendevano gli occhi, e che rispecchiavano quelle che ardevano nei suoi.
Le immagini sbiadirono mentre abbassava la testa, prendendole le labbra, prendendola tutta, e donandole tutto se stesso. Il suo bacio era caldo, languido, dolce (...) la prese tra le braccia, la depose con dolcezza sulle coperte.

Il suo sguardo era forte, penetrante, intenso, e lei tentò di raggiungerlo. Invano. La nebbia intorno a lei era troppo fitta, la cappa che la opprimeva troppo soffocante (...) Lentamente scivolò fuori dal letto, mentre la testa le girava come impazzita e lo stomaco le saliva alla gola.

Ma com'era possibile che lei amasse ancora Dylan dopo tutto quello che aveva scoperto, ben sapendo quanto male lui avesse in animo di farle?

"La Spada delle Highlands" di Ruth Langan (Romanzi Storici)



Trama: La saga di Allegra Drummond e delle sue sorelle, dotate di poteri magici e di guarigione, e per questo motivo, odiate e disprezzate dalle persone del volgo. Allegra, la madre e le sorelle, per evitare le persecuzioni della Chiesa, si rifugiano quindi nel magico mondo delle Highlands (una sorta di Avalon), fino a che Merrick, signore feudale, non si addentra nel regno magico, rapendo Allegra e obbligandola a curare il figlioletto che ha perso conoscenza dopo una caduta da un albero. O forse qualcuno sta congiurando contro Merrick e suo figlio?

Commento di Lunaria: "La Spada delle Highlands" fa parte di una trilogia, dedicata alle tre magiche sorelle Drummond, di cui purtroppo possiedo solo questo primo capitolo. [aggiornamento del 2024: qui trovate la recensione ad un altro capitolo della saga https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2024/09/la-strega-dai-capelli-doro-di-ruth.html]
Posso dire però che il libro risulta ben scritto, è avvincente e risulta di lettura scorrevole (anche se non vi è praticamente traccia del contesto storico cinquecentesco, esclusione fatta per la "caccia alle streghe" - fenomeno che insanguinava proprio quel periodo -; l'Autrice sceglie di narrare la vicenda senza verismo storico e questo potrà risultare una pecca per quelle lettrici che amano particolari più realistici e ancorati al contesto storico e meno fantasy). Le parti più belle del romanzo sono le scene di guarigione, nelle quali Allegra, con l'uso delle erbe e della meditazione, e ancor prima, della gentilezza e dell'empatia, riesce a guarire gli abitanti del castello, e i discorsi, carichi di pregiudizi, delle persone ignoranti che disprezzano ciò che non conoscono chiamando Allegra "strega", riflette la mentalità arretrata e superstiziosa del periodo (*); molto delicate e appassionanti le scene d'amore fisico (anche se non sfociano mai in pagine di puro eros troppo spinto) e verso il finale, quando la cospirazione contro Merrick viene alla luce, l'Autrice opta per uno stile quasi thriller molto teso, con il rapimento di Allegra e del piccolo Hamish.
Davvero incantevole la copertina che descrive perfettamente i due protagonisti, specialmente nella scena conclusiva, quando, dopo aver combattuto sul confine tra la vita e la morte, si ritrovano nel campo di erica, facendo trionfare il loro amore su tutte le avversità:



(*) Per un approfondimento storico sulla realtà inquisitoriale e superstiziosa del '400-'500-'600, consiglio di visionare questo libro:



Gli stralci più belli:

Sollevando il capo, Allegra vide la nonna che faceva salire Kylia e Gwenellen nella parte posteriore del carro affrettandosi poi a nasconderle sotto la coperta di pelliccia.
Non appena anche Allegra e la madre furono rimontate a bordo, Wilona fece schioccare le redini e il cavallino ripartì a tutta velocità.
Lo sguardo di Allegra passava dalla madre alla nonna; entrambe sembravano impaurite. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiese.
"No, bambina, ma c'era troppa gente. Ti abbiamo avvertita che noi non siamo come gli altri."
Allegra chinò il capo, contrita. "Mi dispiace. Ma la madre di Jamie piangeva, e dentro di me sentivo che anche lui piangeva. Voleva tornare da lei, l'ha proprio detto."
Nola attirò la figlia a sé e la abbracciò. "Non hai fatto niente di male, Allegra. Ma ci sono persone che hanno timore dei nostri doni."
"Perché?"
"Perché hanno dimenticato le antiche tradizioni. Hanno scelto di ignorare e dimenticare i poteri di guarigione che ci sono anche nel loro cuore."
Con aria solenne la bambina intrecciò le mani in grembo. "Sono contenta che noi non li abbiamo rifiutati."
Chiuse gli occhi e si appoggiò alla madre, cedendo alla debolezza che gravava su di lei.
Nola sospirò incrociando al di sopra della testa della figlia lo sguardo preoccupato di Wilona.
"Spero che non dovrai mai pentirtene, Allegra."


Duncan sospirò. "Questi sono tempi difficili, Wilona. Persino la musica, la danza e i divertimenti sono considerati opera del diavolo. Ho sentito dire che domani qualcuno andrà a Edimburgo a riferire alle autorità quanto è successo al lago. Voi, Nola e le bambine potreste finire nella prigione di Tolbooth o peggio. Potrebbero addirittura condannarvi al rogo."
"Che cosa volete che facciamo, Duncan? Che diventiamo come coloro che pensano di essere normali e invece sono crudeli e indifferenti? Che rinneghiamo i nostri doni preziosi? Doni di cui anche gli altri possono beneficiare?"

Le acque del lago, fino a quel momento così limpide e calme che si poteva vedere il fondo, all'improvviso erano diventate vorticose e agitate; gli ricordavano il calderone gorgogliante nel quale le streghe mescolavano le loro pozioni magiche.
Streghe. Con gli occhi socchiusi guardò il fardello che teneva tra le braccia. Quando era nell'orto l'aveva quasi scambiata per una Dea, con quell'abito elegante e i capelli raccolti in una spessa treccia; ma adesso non aveva dubbi che quella femmina focosa fosse la causa dell'improvviso mutare delle condizioni del lago.

Merrick MacAndrew era un uomo davvero strano. L'aveva portata al castello contro la sua volontà, l'aveva maltrattata, chiamata strega e guardata come se fosse una criminale. Eppure poi aveva trascorso la notte nel suo letto, riscaldandola con il proprio corpo per riportarla indietro dal mondo delle tenebre, con la sola forza di volontà [...] Che cosa doveva fare con lui? Peggio ancora, che cosa doveva riguardo alle sensazioni strane e sconosciute che la turbavano tanto? Il potere di quell'uomo stava annientando il suo, e questo le sarebbe potuto risultare fatale, soprattutto perché Allegra aveva la sensazione che qualcuno, al castello, volesse farle del male. Forse addirittura ucciderla [...] per qualche bizzarra ragione era sempre più prigioniera di Merrick MacAndrew.

Per tutta risposta, lui le coprì le labbra con le sue in un bacio così appassionato che lei non poté fare altro che aggrapparsi al suo corpo forte per farsi guidare in quella pazza, inebriante corsa. Quando Merrick sollevò il capo, gli circondò il viso con le mani, attirandolo di nuovo a sé, desiderando che quel piacere non avesse mai fine.

La bocca di Merrick, calda e abile, coprì quella di Allegra in un bacio devastante mentre le sue forti mani di guerriero si muovevano sul corpo di lei disegnando roventi scie di fuoco. Allegra fu scossa da un fremito, incapace di fare altro che aggrapparsi all'uomo che stava operando su di lei quell'incredibile magia. Ancora una volta il potere di Merrick le offuscava la mente, privandola della volontà, solo che questa volta lei non opponeva alcuna resistenza. Questo era ciò che voleva, ciò che desiderava con tutta se stessa [...] con un sospiro voluttuoso Allegra rovesciò il capo all'indietro offrendogli il collo sinuoso e gli passò le braccia intorno alla vita per sostenersi [...] Sospirando di piacere, Allegra si concesse di passare le mani su quel corpo forte e caldo, deliziandosi del contatto con la sua pelle [...] Allegra assorbì con tutti i sensi il calore di lui, il rombo profondo della sua voce, e non poté fare altro che sospirare per la profonda emozione che le davano quelle sensazioni. Merrick le prese il viso tra le mani, fissandola negli occhi con un'espressione così intensa e appassionata che lei si sentì fremere di anticipazione. "E adesso sei qui, e io credo ancora di essere stregato."
"Anch'io, mio signore."
"Oh, Allegra. Mia bellissima, incantevole Allegra. Sei diventata così preziosa per me." Merrick tracciò una scia di baci ardenti sulle palpebre di lei, sulle sue guance e sulla punta del naso [...] Merrick abbassò il capo e le sue labbra si chiusero su un seno. Perfino attraverso la barriera degli abiti lei sentì il loro calore giungere fino al centro della sua femminilità [...] All'improvviso lui la sollevò per portarla fino al letto dove la depose dolcemente senza smettere un solo istante di baciarla sino a farle arrestare il respiro in gola.


Altri romanzi che trattano il tema della stregoneria e della donna guaritrice perseguitata dalla massa: http://recensioniromanzirosa.blogspot.it/2017/08/la-pietra-magica-di-karyn-monk-romanzi.html
https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/10/la-sensitiva-di-beth-brookes-harmony.html

"I sussurri del bosco" di Helen R. Myers (Harmony Sesto Senso)


Trama: Nel suo verde rifugio nel Maine, Paloma St. John può finalmente sentirsi al sicuro. Da sola con i suoi unici amici, i tre animali scampati alla follia dello zio, un inquietante scienziato senza scrupoli, Paloma crede di avere finalmente trovato la serenità. Tuttavia, c'è una presenza nel bosco. Una presenza che Paloma, prima ancora che con gli occhi, percepisce con la mente, una presenza che invade ogni suo pensiero, che la fa tremare di paura... e di qualcosa di più. Compassione? Passione? è un essere misterioso quello che si insinua nei suoi sogni. Predatore o forse protettore...

Commento di Lunaria: "I sussurri del bosco" è una rivisitazione, in chiave moderna e scientifica di "La bella e la bestia"; alla maledizione stregonesca si sostituisce, qui, l'esperimento di uno scienziato pazzo che crea un ibrido mezzo umano e mezzo animale, manipolando un feto nel ventre della madre. Anni dopo, Paloma, fuggita dal folle dottore che aveva messo gli occhi su di lei, e trovato rifugio nella foresta, si innamorerà inevitabilmente del "mostro", Dunndrogo, frutto dell'esperimento avvenuto anni prima. Il romanzo non è male e potrebbe essere apprezzato da chi è appassionato di Urban Fantasy che abbiano come protagonisti ibridi, ma per i primi capitoli manca di mordente e vi è qualche "paludamento" che rende noiosa la lettura; acquista ritmo a metà vicenda anche se le poche scene di amore passionale sono rade e sporadiche, quasi sintetiche e in forma onirica. Qui e lì, per la prima parte, a volte c'è dell'umorismo involontario (le scene delle scimmie e della donna) che risulta un po' fuori luogo. Probabilmente il romanzo avrebbe reso di più se si fossero tolti i riferimenti a Paloma e agli scimpanzè che l'accompagnano, anche perché sono scene che "sono zavorre" rispetto al fulcro della vicenda. Poche le descrizioni, gran spazio viene lasciato ai dialoghi diretti e ai soliloqui dei due protagonisti, che inizialmente si svolgono telepaticamente.

Qualche stralcio per dare idea dello stile:

"Saresti più tranquillo se mi spostassi dietro il muro di cinta?", insistette allora. "In questo modo non ti sentiresti spiato, non dovresti sostenere il mio sguardo. Credi che sarebbe meglio così?" Mentre comunicava quell'idea, Paloma si spostò dietro il muro. "Ecco, così va meglio?" "Non te ne andrai, vero?"
La voce di lui le filtrò nella mente, strappandole un sorriso di sollievo. Le faceva una strana impressione, eppure era meravigliosa, molto più fisica di qualsiasi altro contatto che avesse mai stabilito prima.

*

Perché era successo proprio a lui? Perché proprio con lei? Gli capitava sempre più spesso di riuscire ad avvertire i suoi pensieri prima ancora che lei li esprimesse a parole, così come anche lei avvertiva i suoi [...] Ma lui non voleva lasciarsi travolgere da quelle sensazioni. Voleva ruggire contro il cielo fino a scuotere l'aria notturna [...] Lo colmava di meraviglia, lo tormentava, ma in un modo che gli era sconosciuto. Era diverso che vedere un arcobaleno, diverso che soffrire la fame. Meglio. Peggio. Ma cos'era che cercava? Nemmeno lei sembrava saperlo [...] che incanto era stato, vedere per la prima volta il suo viso! Aveva l'aspetto luminoso e perfetto della luna, altrettanto puro, altrettanto seducente. 

*

"A eccezione di mia madre", le disse, "tu sei l'unica persona che mi abbia guardato senza esserne disgustata. Anche le più misere creature della foresta mi evitano terrorizzate."

*

"Io ti voglio, Paloma, con il desiderio di un uomo, ma guardami! Sono intrappolato nel corpo di un mostro! Non potremmo mai stare insieme, noi due, e questo pensiero mi uccide."

*

"No, sono io che ti scongiuro! Oh, Dunndrogo! Non ti rendi conto che quando ti guardo negli occhi vedo la parte che manca alla mia anima? Ho l'impressione di averti cercato per tutta la vita, e adesso non riesco a immaginare di vivere senza di te. Non lasciarmi, ti prego, altrimenti ne morirei."






Di questa autrice, vedi anche: http://recensioniromanzirosa.blogspot.it/2017/07/il-fantasma-del-ponte-di-helen-r-myers.html




"Il mistero di Kayla" di Heather Graham Pozzessere (Harmony Intrigue)


Trama: Tutto avviene come in un incubo per Kit McHennessy che, inviata in Irlanda insieme al figlioletto Mike per la realizzazione di un libro sugli usi e costumi di quel paese, è costretta a rivivere la perdita del marito avvenuta in quei luoghi in circostanze drammatiche e oscure e a rivedere Justin, l'uomo che l'ha stregata ben otto anni addietro. L'atmosfera, intrisa di echi di riti raccappriccianti, fa da sfondo a un presente pieno di mistero e di allucinanti incognite.

Nota di Lunaria: ho avuto la fortuna di trovare a 50 cent questo vecchio Harmony (1989!, l'edizione italiana. 1987 l'edizione americana), il numero 112 della serie "Intrigue" (racconti gialli conditi da una storia d'amore). Il libro è carino, peccato che l'Autrice non abbia messo più pagine horror; per quanto riguarda i difetti del libro, il dialogo tra i personaggi è spesso troppo succinto e banale e ovviamente la ricostruzione storica fatta dall'Autrice è errata: "Bal" è sì il nome di un Dio, ma un Dio cananeo, non irlandese! Probabilmente l'Autrice aveva in mente il concetto di Cernunnos (più che non Pan, che sarebbe stato più adatto alla descrizione che ne fa l'Autrice), anche se non è esatto dare valenze caprine a Cernunnos, visto che è più simile a un cervo. Comunque non mi risulta che a Cernunnos venissero immolate donne (anche se i Celti facevano sacrifici umani).

Gli stralci più belli:

Era una giornata fredda, umida e deprimente. Il vento soffiava impetuoso tra le scogliere frastagliate, con tale furia da sembrare un grido prolungato, alto e lontano, un lamento angosciato. Kit era irrequieta. Nonostante la foschia e il cielo minaccioso era decisa ad avventurarsi ancora una volta tra quelle rocce impervie, alla ricerca di una risposta. Justin l'aveva accusata di comportarsi in maniera morbosa, ma non era così. Solo lì Kit si sentiva più vicina a Michael. Anche adesso, però, come le succedeva spesso, ebbe l'impressione di essere osservata. Girò dietro il cottage per raggiungere il punto più alto della scogliera, dove la vegetazione lasciava il passo al granito nudo, che si ergeva a picco sul mare. Era conosciuto come la Forca del Diavolo. Kit guardò nello strapiombo. Il vento le scompigliò selvaggiamente i lunghi capelli color castano. Le parve di essere lei stessa parte degli elementi scatenati.

*

Ma sarebbe stato inutile fuggire. Non sapeva ancora se amava Justin, oppure se lo temeva e lo detestava per essere talmente autoritario e arrogante. Le era chiaro, però, che per nessuno aveva mai provato emozioni così intense e sconvolgenti.

*

"Justin, grazie per l'invito a pranzo e per questa accoglienza, ma stiamo girando intorno al problema." Prese un bel respiro. "Otto anni fa, chissà per quale motivo, qualcuno ha drogato il mio tè. Michael è caduto dalla scogliera e una ragazza è stata assassinata. E adesso tu sei accusato di nuovo di omicidio. E noi che cosa facciamo? Ce ne stiamo qui a chiacchierare di fiori. " Si volse finalmente a guardarlo in volto. "Lo so che non hai nessuna responsabilità in questi fatti." Le luccicavano gli occhi di pianto.

*

"Mamma! Mamma!". Il grido spaventato di Mike le giunse mentre era in cucina a friggere le uova. Spostò immediatamente la padella dal fuoco e si precipitò fuori del cottage.  Mike continuava a chiamarla. Era poco distante, sul sentiero, chino su qualcosa. "Mike, che cosa c'è?" Corse da lui e finalmente vide il motivo di tanto chiasso. Su una pietra, modellata a forma di altare era legata una bambola, nuda, con i lunghi capelli scompigliati. Era coricata sulla schiena e aveva un taglio profondo, inciso nella gola, sporco di una sostanza rossa, probabilmente vernice, a raffigurare il sangue.

*

Si sedette sul divano di fronte al caminetto a fissare il fuoco. A poco a poco si sentì le palpebre pesanti e si assopì. L'incubo tornò a spaventarla. Questa volta Kit era circondata da una nebbia fitta. Udiva il vento soffiare tra gli alberi e le rocce, ma le sembrava piuttosto un lamento angosciato. Distingueva anche il suono di passi che si avvicinavano. Cerco di allontanarsi, ma si accorse di essere legata, mani e piedi a una pietra, una specie di altare, proprio come una bambola. Ed era nuda, indifesa. Ad un tratto comparve Justin, bello e maestoso che le si accostava con grazia felina. Negli occhi aveva un sorriso satanico. D'un tratto la nebbia lo nascose per un istante. Riapparve, ma non era più Justin, era l'orrenda creatura, il dio capra, il sacerdote con la maschera e il mantello.

*

Si accorse vagamente di essere trascinata su una specie di barella attraverso il sottobosco e sulle rocce, ma non provava dolore. Era incapace di muoversi, eppure era acutamente consapevole di quello che le sarebbe successo. Perse la conoscenza e quando si risvegliò era in mezzo a una densa foschia. Non sapeva se fosse reale oppure soltanto una sua allucinazione. Il vento soffiava così freddo che cercò di coprirsi, ma si rese conto con orrore di essere stata legata. Era nuda, su una pietra, come la bambola.







"La verità in un sogno" di Jeanne Rose (Harmony Sesto Senso)


Trama: Luke Naha... soltanto lui, l'uomo che continua a popolare i suoi sogni regalandole notti di passione irrefrenabile e proibita dalle regole della riserva indiana cui appartengono, poteva spiegare a Mara Fitzgerald le memorie di un misterioso passato in comune che le affollano la mente. Da parte sua, Luke è consapevole che il proprio potere di entrare nei sogni altrui può procurare sofferenze a se stesso e agli altri, perché è già avvenuto nella precedente vita che entrambi hanno condiviso. Per paura di ferire la donna che sente di amare da sempre, quando si incontrano lui...

Commento di Lunaria:  "La verità in un sogno" risulta firmato da Jeanne Rose, ma questo nome è uno pseudonimo di due scrittrici, Patricia Pinianski e Linda Sweeney; è un romanzo che unisce il tema dell'amore contrastato a quello della reincarnazione, dei poteri psichici (entrare nei sogni, avere premonizioni...) e degli spiriti dei Nativi Americani. Ha un buon ritmo narrativo, molto scorrevole e senza "tempi morti". I personaggi risultano ben caratterizzati, e le pagine migliori sono soprattutto quelle degli ultimi due capitoli, dove le Autrici virano totalmente sul paranormale puro, prima descrivendo la dolorosa presa di consapevolezza di Mara, che vagando nel deserto roccioso, viene a conoscenza delle sue vite precedenti, specialmente quella vissuta al tempo della guerra tra Spagnoli e Nativi e del rapporto che la legava a Luke fin da allora, e poi, ormai risvegliatasi come potente Donna-Serpente, usa per la prima volta i poteri psichici e magici, che riaffiorano in lei improvvisamente, per sconfiggere l'antagonista, così accecato dall'odio per i Kisi da non esitare a ucciderli mediante magia nera. Non vi è un vero e proprio approfondimento accademico della cultura nativa, ma tuttavia quelle poche note antropologiche romanzate e riassunte si fanno apprezzare, anche perché non sono così sfruttati i nativi americani, nei romanzi rosa, per cui la trama acquista comunque originalità; risulta ben congegnata, quasi thriller, la pagina che descrive il primo tentativo che il nemico fa per nuocere a Mara tramite magia nera, servendosi di una bambolina e di interiora animali (pagina che effettivamente è abbastanza cruda e dona una drammaticità quasi horror alla vicenda). Sofferte, dolenti e vibranti le pagine che servono da visione del passato, che ha originato la maledizione che ha colpito Mara e Luke, e che narrano i massacri subiti dai Kisi, ad opera degli Spagnoli, pagine che comunque optano per descrizioni non horror, ma piuttosto sull'atrocità data dai particolari suggeriti, in maniera molto vivida. Belle anche le scene oniriche, di Mara, Luke e della matriarca nativa (personaggio molto affascinante e che si sarebbe potuto approfondire con un capitolo a parte, perché si sarebbe prestato a una bella occasione di narrare l'affascinante corpus di leggende e credenze native, specialmente dal punto di vista sciamanico femminile); un po' rade le scene d'amore fisico carnale anche se è palpabile la tensione erotica che corre tra i protagonisti (che sono spesso anche in disaccordo tra loro e travolti dal peso degli errori passati). La tematica onirica del controllo dei sogni e dell'intruso malvagio che sa uccidere, manipolandoli e trasformandoli in incubi, ricorda molto la celebra saga di "Nightmare" anche se le due Autrici non esagerano mai indugiando su descrizioni di puro terrore (anche nelle scene degli omicidi avvenuti tramite magia nera e controllo dei sogni).
In conclusione, "La verità in un sogno" è un romanzo che mi ha appassionato, anche se temo che sia di difficile reperibilità, come tutti i romanzi della serie "Sesto Senso"
speriamo che la casa editrice si decida a riproporli sul mercato, come ristampe.

Per chi volesse approfondire qualche figura storica di donna nativa che contribuì in modo decisivo alla storia nativa, vedi il mio pdf: https://www.academia.edu/33054327/Donne_Native_Americane_tra_resistenza_ed_emancipazione

Dalle stesse Autrici, vedi anche: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/08/le-ali-della-notte-di-jeanne-rose.html


Le pagine più belle:

"Hai già sentito parlare del misticismo che avvolge i dipinti di Naha, vero?" le chiese Felice.
Un brivido le corse lungo la schiena. "Misticismo?"
Felice le indicò una figura, l'unica sagoma umana in tutto il dipinto. "Molti collezionisti ritengono che questi piccoli esseri possiedano una vita tutta loro, e che si muovano per il dipinto, occupandone diversi spazi."
Che fossero persino capaci di entrare nei sogni di una persona?, si domandò Mara con un sussulto.
(...) "Dei Kisi si dice che siano maledetti a causa di un qualcosa che accadde loro in passato"
La tribù dei Kisi. La gente a cui apparteneva Lucas Naha (...) Un nuovo brivido le corse lungo la schiena. Mara non voleva credere nel misticismo, e neppure nella stregoneria, eppure era innegabile che l'arte di Naha le fosse entrata nel subcosciente al punto tale da influenzarla anche mentre dormiva.

*

Luke si fermò di colpo, fissandola sbigottito. "Lo so", riprese allora lei, soffocata dall'emozione. "Anch'io faccio spesso degli incubi, ed è per questo che sono venuta. Ho sognato uno dei suoi dipinti, ed era tanto vivido, tanto forte, che mi ha spaventata." (...) Mara non riusciva ancora a spiegarsi la strana attrazione che era sgorgata tra loro, e che trascendeva dal piano fisico. I sentimenti che provava per quell'uomo erano intensi, prepotenti. Ma come poteva provare dei sentimenti per uno sconosciuto?

*

Il luogo dei sogni. La zona sacra a cui Isabel pensava quando cercava la saggezza, basata su un luogo reale che lei aveva sempre amato: la Mesa Rossa. Soltanto i Kisi erano capaci di camminare nei sogni, e soltanto un Kisi completo poteva entrare nelle visioni e nei sogni di un altro.

*

Di colpo Mara si rese conto della forma di quella sporgenza rocciosa, del suo colore rossiccio. Il fulmine sulla Mesa Rossa. Quello doveva essere il punto da cui Luke aveva tratto l'ispirazione per il suo dipinto. Ed era il punto in cui lei stessa aveva diviso un sogno con Luke, e un altro con Isabel. (...) Alle sue spalle, la terra prese a vibrare, fu scossa da un ripetuto boato, da un respiro affannoso. Qualcosa di grande oscurò il sole con la sua ombra. Che gli incubi stessero per mescolarsi con la realtà? Urlando sconvolta, Mara si girò per vedere chi - o cosa - si stese avvicinando con tanta velocità dietro di lei.

*

"Tu possiedi il dono, ragazza mia". La voce debole di Isabel la riportò alla reatà. "Lo hai dimostrato ancora una volta questa notte. Ciò che non capisco è come mai il mio addestramento non abbia portato i risultati sperati, ma forse devi lasciare il pueblo. Devi andare nel deserto senza mangiare, e là cercare la saggezza (...) Devi trovare il tuo luogo dei sogni"

*

Mara piangeva calde lacrime, scossa dai sensi di colpa (...) In quella tragica vita, lei e Luke si erano macchiati della colpa di avere quasi distrutto la popolazione dei Kisi. E nei secoli seguenti avevano vissuto altre vite, ma senza mai riuscire a conoscere il vero amore, come per essere puniti della loro colpa. Ma perché? Per quale motivo la punizione durava ancora?

*

"Io perdono me stessa", mormorò nella notte. E la notte le rispose con un sospiro. "Questo è bene, Palo-Wuti".
Palo-Wuti. In qualche modo Mara sapeva che quel nome significava Donna Serpente, e che era il suo nome sacro.
"Palo-Wuti", gridò al vento, accorgendosi del potere che le dava quel nome. "Palo-Wuti". E quando il vento le rispose, sentì in lontananza i passi di Luke, l'uomo che amava, che aveva amato per più di 300 anni, e che adesso era andato a cercarla.

*

Quando se la strinse al petto, a Mara parve di sentire battere il cuore del guerriero Comanche, ma adesso sapeva che Luke era entrambi. E quando lui le sfilò piano piano i vestiti, arso dal desiderio, anche lei gli ricambiò il favore, finché in pochi minuti giacquero nudi sotto le stelle che impallidivano sempre più nel cielo rosato dell'alba.



"Uno squarcio nel buio" di Marilyn Tracy (Harmony Sesto Senso)


Trama: è chiamato il figlio del diavolo. I suoi poteri soprannaturali evocano tuoni, fulmini, buio profondo. La sua risata è senza allegria, perché Teo Sandoval non ha nessuno e niente di cui gioire. Finché, una notte, Melanie non irrompe nella sua vita in cerca di aiuto. Disperata, terrorizzata, in fuga da alcuni scienziati senza scrupoli che vogliono controllare i poteri telecinetici di suo figlio Chris, pur di salvare il piccolo, Melanie è disposta a tutto. Anche a consegnarsi all'uomo irresistibile le cui carezze risvegliano in lei desideri proibiti. Anche a diventare la donna del diavolo...

Commento di Lunaria: "Uno squarcio nel buio" risulta un piacevole thriller rosa, dal ritmo ben congegnato, non "impaludato" pur essendo ridotto al minimo. Più che descrivere eventi e paesaggi, l'Autrice dedica molto spazio a descrivere la sensibilità e la psicologia dei personaggi (Melanie, Chris, il figlioletto dotato di poteri telecinetici e il bel tenebroso Teo Sandoval, capace di spostare gli oggetti col pensiero, ma anche di governare fulmini e scariche di energia) soprattutto nel loro passato, con le sue ferite, le delusioni subite, la solitudine, che conosciamo attraverso i loro monologhi. Di per sé si potrebbe fare un parallelo con "L'incendiaria" di Stephen King, perché anche "Uno squarcio nel buio" è basato sulla caccia che un misterioso gruppo scientifico di ricerca sui poteri paranormali, il Psionic Research Institute, dà a un bambino dotato di poteri telecinetici, in fuga con la madre. Anni prima, era stato proprio Teo Sandoval a fuggire dal PSI, rifugiandosi in una caverna, su una montagna, venerato e temuto come un dio dalla piccola comunità locale che in cambio di prodotti di prima necessità, si affida a Teo, che ha il potere anche di guarire. 
"L'incendiaria" di King era ovviamente, molto più calcato sull'horror, mentre "Uno squarcio nel buio" dà piuttosto spazio alle emozioni e all'amore, anche erotico, che presto infiamma i due protagonisti. 
Il finale resta "aperto", forse per un sequel.
Molto delicati i momenti in cui l'Autrice descrive l'amore materno di Melanie per Chris, e i soliloqui di Teo, orfano di madre, venduto dal padre al PSI: l'Autrice è riuscita a descrivere molto bene la dura corazza psichica di Teo, così ferito da essersi costruito un muro mentale di cinismo, negli anni, e come Melanie riesca, fin da subito, a incrinarlo. 


Gli stralci più belli:

Il grido di un uomo e un forte schianto metallico riecheggiarono simultaneamente nella stretta vallata del canyon. Entrambi i suoni, alti e laceranti, parvero levarsi da ogni direzione: il cielo coperto, la pioggerella fredda e insinuante, il terreno bagnato (...) Chris aveva sempre posseduto la capacità di manipolare il mondo circostante, sin dall'età di sei mesi, quando aveva sollevato da terra alcuni giocattoli facendoli volare sopra la culla (...) Se c'era davvero un uomo dotato di poteri telecinetici, che si nascondeva in quei boschi, tra quelle montagne, allora era chiaro che non voleva farsi trovare.
Affidandosi sino a quel momento ai propri poteri telepatici, alla propria chiaroveggenza, Melanie era approdata lì, ma non era nemmeno sicura di dove fosse quel lì. (...) Al tempo stesso, tuttavia, la pericolosità insita nell'uomo che popolava quelle strane visioni notturne era ciò che faceva di lui l'ultima speranza di evitare che Chris le venisse strappato. (...) Alle sue spalle, la folla che circondava il moribondo sussurrò: "El Rayo... El Rayo". Le voci smorzate accentuavano la singolarità dell'uomo che si stava avvicinando a grandi passi. Osservando gli altri, Melanie notò che al pari di lei e di Janine, si erano tirati indietro tutti, come se il contatto con quello sconosciuto fosse qualcosa di dannoso. Non poteva biasimarli. C'era qualcosa di strano in quell'uomo. Qualcosa di oscuro e di elettrico... Doveva essere lui, pensò Melanie con un tuffo al cuore.
Tutto nella sua persona, nel suo viso maschio e spigoloso, trasudava mistero e fosca sensualità. Comunicava un'idea di potere assoluto. Lei doveva scoprire se era davvero Teo Sandoval, l'uomo di cui aveva così disperato bisogno (...) Quel pensiero la riempì di speranza per la prima volta in tanti mesi; ripensò agli appunti sulle sue capacità telecinetiche, annotazioni prese quando Teo Sandoval, allora diciannovenne, si era sentito come una belva in gabbia (...) aveva distrutto un'intera ala del Psionic Research Institute. Il fatto che Teo non avesse ucciso nessuno era stato di per se stesso un miracolo (...) Ma con quelle capacità incredibili, come poteva Teo Sandoval restarsene nell'ombra, quando un suo tocco poteva alleviare così tanta sofferenza, contrastare il male?
(...) Circondandolo con entrambe le braccia, lo attrasse a sé e attese. Il viso di lui, intanto, si era indurito. "Nessuno tocca il figlio del diavolo", le disse.
Quando lei non si mosse, quando non accennò a lasciarlo, lui alzò una mano e le toccò il viso. Poi aggiunse: "Non lo sai, donna, che un mio gesto può uccidere?"

Teo si adombrò. Perché non riesco a leggerle dentro? Perché non captava i suoi pensieri e le migliaia di sogni, ricordi e impressioni che sempre coglieva negli altri?
In silenzio, Teo maledisse la donna per essere venuta a Loco Suerte. Era troppo bella e, pur conoscendone soltanto il nome - e la disperazione - lui provava una forte attrazione nei suoi confronti. Lo aveva spogliato di ogni difesa non soltanto con il suo tenero abbraccio, ma per il fatto stesso di averlo toccato. Teo avrebbe voluto risentire il suo calore, la struggente fisicità del suo contatto, e la odiava per questo, per avergli ricordato che nella sua vita non c'erano né carezze né amore (...) Una parte nascosta di lui sarebbe definitivamente morta, perché un solo minuto in compagnia di quei due gli avrebbe fatto desiderare cose che non avrebbe mai potuto avere. Gli avrebbe fatto ricordare troppe premesse infrante, troppi sogni spezzati (...) Con un grido rabbioso, Teo si voltò e corse via, come sfuggendo alla donna, al bambino... Sopra la sua testa cominciò a lampeggiare. Azzurre e frastagliate, le saette squarciarono il cielo, riverberando - lo sapeva - la sua furia improvvisa.

Ma non era affatto lo stesso, in realtà. Teo non aveva mai voluto niente - nessuno - con la stessa intensità con cui voleva quella donna la cui mente gli era preclusa, i cui pensieri gli erano nascosti.

Nato con la maledizione dei demoni e la benedizione degli Dei, Teo era stato allevato da un padre che aveva avuto così tanta paura di lui da scolarsi una bottiglia dietro l'altra, fino al giorno in cui, ubriaco fradicio, lo aveva venduto al PRI in cambio di denaro e della promessa di non vedere altri oggetti danzanti.
E poi c'era stata sua madre, una curandera, una guaritrice locale, con mille pozioni segrete, tante storie sul diavolo e un sacro terrore per il figlio che aveva partorito in una notte di tempesta di molti anni prima.

Teo capì di essere perduto. Avrebbe voluto parole da regalarle, belle frasi con cui dipingere un futuro diverso. Ma dopo quel bacio sul dito, quella supplica, le parole avrebbero dovuto aspettare, e lui intuì con tristezza che avrebbero aspettato per sempre.
Per lui non c'era una famiglia. Per lui c'era soltanto solitudine estrema. C'era un futuro di notti vuote.

La camera piombò nel buio. A quel punto Melanie sentì le lacrime rigarle il volto. Non poteva essersi sbagliata fino a quel punto, pensò (...) Qualche secondo dopo avvertì un tuono in lontananza. E
si addormentò col sapore di Teo e delle lacrime sulle labbra ancora gonfie di baci.





"La notte delle streghe" di Evelyn Vaughn (Harmony Sesto Senso)


Trama: Brie è innamorata e convive con Steven, ma non può confidargli il segreto più grande: lei è una strega. Il rapporto che la lega a Steven è profondo, ma ad un certo punto, l'uomo comincia a cambiare, è preda di strani sogni ed esorta, con violenza, Brie a confessare. Che sia posseduto da qualcuno che in passato aveva trucidato donne durante la caccia alle streghe? è la notte di Halloween e in casa di Brie e Steven si aggira una presenza ostile... e in più di un incubo Brie rivede se stessa tre secoli prima, accusata di stregoneria e mandata al rogo da un carnefice che ha il volto di... Steven.

Commento di Lunaria:  "La notte delle streghe" è stato il mio primo "Harmony Sesto Senso"; non ero a conoscenza di questa serie, ormai conclusa da decenni (usciva nel 1998), e devo dire che sto cercando di recuperare tutti i numeri. Come già facevo notare qui, https://recensioniromanzirosa.blogspot.it/2017/07/gabriel-limmortale-di-rebecca-flanders.html
molti di questi romanzi


anticipavano il trend dell'Urban Fantasy perché "condivano" le vicende paranormali ivi narrate con una tormentata storia d'amore e spesso era proprio incentrata sul personaggio femminile innamorata di un essere non-umano.
"La notte delle streghe", invece, rispetto agli altri, che avevano dato spazio a fantasmi, premonizioni, maledizioni, poteri telecinetici, ha un tono più "wiccan": anche se l'Autrice non fa mai dei riferimenti precisi, in realtà per tutto il romanzo aleggiano concetti come Sacro Femminile, Potere Femminile, Sorellanza...
Pur essendo un romanzo ascrivibile al genere rosa, in realtà l'Autrice riesce ad intessere una storia dove sentimento amoroso e leggera inquietudine si amalgamano in maniera coinvolgente. Certo, non stiamo parlando di un horror puro, ma il ritmo soprannaturale è ben congegnato (i capitoli si aprono con le citazioni misogine di un diario appartenuto ad un inquisitore, di cui qualche volta l'Autrice riporta anche il soliloquio perché la misteriosa presenza spettrale aleggia costantemente osservando i protagonisti e tentando di possedere Steven). Nella rivelazione del finale compare anche una leggera allusione alla misoginia cristiana e alla sessuofobia puritana. Molto bello il flashback che svela chi fu in vita il fantasma che perseguita Brie e Steven, e perché agisca così. Peccato che però l'Autrice, nel corso della vicenda, non abbia integrato citando più nel dettaglio la spiritualità Neo Pagana specialmente di matrice dianica-femminile, ma il tutto risulta solo accennato e "sospirato": sarebbe potuto essere occasione di far conoscere la Wicca Dianica a un più largo numero di donne!

Le pagine più belle:

Era come risvegliarsi da un sonno profondo, riconoscerlo e riemergere. Qualcosa stuzzicava ricordi perduti, richiamava intenti dimenticati, eppure... Per quale motivo avrebbe dovuto rischiare il dolore della consapevolezza? Non era meglio sprofondare nel vuoto della morte, tenere a bada il dolore con un filtro? Un filtro stregato? La consapevolezza tornò a farsi viva di fronte a quell'immagine, con una forza e un'avidità travolgenti. Avidità di redenzione. Avidità di vendetta. Disorientato, lui si sforzò di ricordare.

La Luna era calante, il sole al tramonto: era il momento ideale per una purificazione. Brie e Mary avevano trascorso tutto il pomeriggio a pulire la casa da cima a fondo, e dopo l'arrivo di Sylvie e di Cypress, il quartetto si riunì immediatamente per mettere in atto la cerimonia. Per prima cosa attraversarono tutte le stanze della casa, spruzzando dappertutto manciate di sale, poi replicarono la cerimonia con incenso, candele e acqua pura. Lo scopo era quello di raccogliere l'energia negativa nascosta in casa per disperderla nell'universo e sostituirla al tempo stesso con energia positiva. Dopo questi preparativi Cy, che era l'esperta del gruppo in cristalli, fornì le pietre necessarie ad accrescere lo schermo protettivo: pezzi d'onice da sistemare sopra ogni porta e quarzo rosa da deporre ai lati. "Per dare allegria a chiunque varchi la soglia", spiegò compunta. "E adesso", soggiunse nell'indicare il grosso quarzo che Brie teneva tra le mani, "mettiamo la pietra principale al centro della casa affinché diriga l'energia di tutte le altre." "Ho preparato una composizione di fiori secchi in cui nasconderla", le ricordò a quel punto Brie, preoccupata. "E ne ho preparate altre più piccole da sistemare anche intorno alle porte." L'amica la guardò scuotendo la testa. "A quanti stratagemmi dovrai ancora ricorrere per nascondere a Steven la tua appartenenza alla stregoneria, Brie? Pensi che lui sarebbe disposto a fare altrettanto per te?" Lei sospirò sgomenta. Neppure le amiche riuscivano a comprenderla, ma per lei era essenziale farsi capire. "Avete mai sentito parlare di sangue di strega?", replicò. "Qualcuno ritiene che la stregoneria sia ereditaria, e proprio per via di questa teoria, in passato, molti membri della mia famiglia sono morti sul rogo. Bastava che una sola fosse accusata di stregoneria perché tutte le altre seguissero la sua sorte e il fatto che oggigiorno essere streghe non rappresenti un pericolo non significa che in futuro debba necessariamente continuare ad essere così. è per questo che devo continuare a mantenere il segreto. Una volta rivelato, un segreto non può più essere nascosto." "Ma qui stiamo parlando di tuo marito!" Brie si strinse nelle spalle. "Io provengo da una lunga dinastia di streghe celtiche", spiegò, "molte di loro hanno tenuto nascosti i loro poteri ai mariti, e non vedo motivo per cui adesso non debba farlo anch'io." Detto questo, si allontanò per prendere le composizioni di fiori secchi in cui nascondere le pietre magiche e così facendo pose efficacemente fine al dibattito.

Brie si era resa conto che uscire con le amiche del circolo a ogni luna nuova, luna piena e sabba avrebbe finito prima o poi col sollevare i sospetti di Steven, e proprio per questo aveva deciso di limitarsi a una osservanza domestica, adoperando strumenti mondani, da cui appunto derivava la definizione di "strega da cucina". Nonostante i suoi buoni propositi, però, le cose non miglioravano affatto. Gli incubi notturni erano tornati a perseguitarla, troppo incalzanti per essere ignorati. Brie sognava che Steven la accusava di essere una strega, e poi che la osservava mentre altri la torturavano e la esortava a confessare.

"Perché proprio Steven", gridò Brie, girando su se stessa nel bel mezzo del laboratorio. Era certa che qualcuno... qualcosa... stesse cercando di manipolare il marito. Lui non avrebbe mai cercato di farle del male, non avrebbe mai neppure pensato di... violentarla. Brie rifiutava di crederlo. Non era stato proprio lui, del resto, a gridarle "Non chiamarmi a quel modo!", quando lei lo aveva chiamato Steven?
Soltanto il silenzio rispose alle sue urla, e Brie sapeva di non potersi aspettare altro.
La rabbia fu tale da strapparle una maledizione, una maledizione vera, di quelle che nessuna donna della sua stirpe aveva pronunciato più ormai da secoli.

Steven si avvicinò alla moglie, mentre immagini di Mercy gli torturavano la mente. La rivedeva penzolare dalla forca, il collo spezzato dal capestro. E al tempo stesso vedeva Brie, e come sarebbe stato dare fuoco a quei suoi lunghi capelli rossi.

Lei però, si limitò a sollevare una mano per accarezzargli il viso. "Forse c'è un equilibrio di luce e oscurità in ciascuno di noi", gli disse. "E forse riconoscere l'oscurità che abbiamo dentro può aiutarci a controllarla e ad apprezzare maggiormente la luce. Proprio come io ho sempre apprezzato te."




"Il volto nell'acqua" di Regan Forest (Harmony Sesto Senso)


Trama: Quando Ellen Cole arriva a Wrenn Oak, un piccolo centro del Galles, rimane, a dir poco, affascinata dalla leggenda legata all'antico ponte di pietra che attraversa il torrente locale: chi dal ponte guarda l'acqua e vede affiorare un volto di donna è destinato a perdere l'amore. è solo una leggenda e niente più, si ripete Ellen quando a pelo d'acqua scorge un inquietante quanto enigmatico volto femminile. Ma allora perché se solo Brenning la guarda o la sfiora con un dito si sente proiettata fuori dalla realtà fino a dimenticare il suo amore per...

Qualche stralcio per dare un'idea:

Le onde scosse dalla violenza dell'uragano turbinavano intorno al ponte sospeso sul fiume, e lambivano la gonna della strega che vi sostava a braccia spalancate. Un fulmine illuminò il cimitero vicino, e la lapide appena deposta sulla tomba dell'unico uomo che lei avrebbe mai potuto amare, un uomo morto per mano sua per avere rifiutato di ricambiare il suo amore. Un uomo il cui cognome, Cole, lei aveva maledetto per l'eternità. Adesso doveva raggiungerlo nella morte. Nesta emise un gemito e quell'urlo andò a unirsi al coro degli spiriti maligni che abitavano nel fiume Lugg, lungo il confine tra il Galles e l'Inghilterra. Poi, con un grido infernale, si tuffò nelle acque scure, che si chiusero su di lei per inghiottirla nella loro profondità. Ancora un fulmine squarciò il cielo, poi l'uragano si spense nel silenzio.
Nessuno trovò mai alcuna traccia di Nesta, ma una leggenda spaventosa nacque dalla sua misteriosa scomparsa: il racconto del viso orribile della strega che compariva nelle acque del fiume, in prossimità del ponte. Non tutti possono vedere quel volto; soltanto coloro che portano il nome - e quindi la maledizione - dell'antenato ucciso dalla strega. Queste persone non possono attraversare il ponte di Wrenn's Oak senza conoscere, seppure inconsapevolmente, la disperazione, perché il solo a conoscenza della maledizione era la vittima della strega, Brennig Cole. E Brennig non riuscì mai a raggiungere la sponda opposta del fiume Lugg, né in vita, né in morte. 

*

Ferma sul ponte medievale di Wrenn's Oak, il rinomato ponte che univa le sponde opposte del fiume Lugg, una nel Galles, l'altra in Inghilterra, un'americana seguiva con occhi ridenti i cigni che nuotavano in quelle acque color del cielo. Finalmente ci sono, pensava tra sé e sé Ellen Cole. Sono arrivata in Galles, alla fine.
Era giunta a destinazione soltanto un'ora prima, e subito era stata attratta dalla magica bellezza del ponte. Era deliziso, sospeso ad arco sulle acque del fiume illuminate da sole, e che sembravano animate da un proprio respiro. Proprio in quel momento l'acqua alla base del ponte incominciò a incresparsi, e tra le onde comparve il viso di una donna dai lunghi capelli neri che la fissava con diabolica malevolenza. Ellen rabbrividì spaventata, e si aggrappò con tutte le forze al parapetto del ponte, chiudendo gli occhi nella speranza di scacciare quell'orrenda immagine. Invano. Quando li riaprì, quel viso era ancora lì, che la fissava con cattiveria. Fu questione di pochi istanti. Le acque del fiume tornarono presto a scorrere tranquille, e il sole riprese a illuminare la superficie, ma Ellen non riuscì a scacciarsi dalla mente la terribile esperienza che aveva appena vissuto.  Come avrebbe potuto del resto? Mentre se ne stava immobile sul ponte, con un piede in Inghilterra e un altro nel Galles, si sentì penetrare da un oscuro dolore, e dalla vaga consapevolezza di avere appena perduto qualcosa (...) Inorridita, volse le spalle all'Inghilterra per tornare di corsa sul territorio gallese, verso il villaggio da cui era arrivata, in direzione del piccolo cimitero che sorgeva attorno alla chiesetta del paese. Per un attimo si voltò verso il fiume, nel timore che quell'orrenda immagine potesse seguirla, poi si rifugiò nella placida quiete del cimitero. Le lapidi centenarie si ergevano immobili attorno alla chiesa, alcune scalfite, alcune abbattute, come se a nessuno importasse più di loro.

*

"E Nesta?"
Ancora una volta, nel sentire nominare la strega, gli occhi di Brennig si colmarono di una luce rabbiosa. "Nesta si gettò dal ponte per unirsi agli altri spiriti maligni che ne infestano le acque, dopo aver scagliato una maledizione sul ponte che aveva permesso la fuga di Eira, e su tutti coloro che avrebbero portato lo stesso sangue dell'uomo che un tempo l'aveva respinta. Il suo spirito soggiorna ancora nel fiume, e in questo modo la maledizione persiste."
"Ma io ho attraversato il ponte!", esclamò Ellen impaurita. "Ho visto il volto di Nesta."
"Mi dispiace per te", fu la sola risposta che ottenne da Brennig.
A quelle parole le tornò alla mente il sorriso dolce di Brent, e il suo amore per lei. Che lo avesse perduto, dopo aver attraversato il ponte? (...) "Anche tu hai attraversato il ponte", mormorò con un filo di voce.
"Molto tempo fa"
"E hai perduto tua moglie"
"Già", fu la triste, laconica, risposta di lui, ed Ellen se ne sentì talmente avvilita che non trovò il coraggio di rivolgergli ulteriori domande.

*

 Chiudendo gli occhi annebbiati dalle lacrime, Ellen scoppiò in singhiozzi e lasciò che la lettera le cadesse di mano, poi si rannicchiò sul letto e si lasciò avvolgere dalla disperazione. Era partita per il Galles con l'intenzione di vivere la più meravigliosa avventura dalla sua vita, ma adesso, senza Brent al suo fianco, l'avventura le sembrava insulsa. (...) Più tardi, non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase sul letto a piangere, ma all'improvviso sentì i passi di Brennig lungo le scale, e si sentì avvolgere da un gelo inspiegabile. A eccezione dei suoi passi, la casa era silenziosa come una tomba, ed Ellen non era sicura che tutti quei passi fossero suoi. Alcuni sembravano irreali, quasi appartenessero... a un fantasma!
Ellen si rizzò a sedere sul letto. Questa casa è stregata!, gridò una vocina dentro di lei, spingendola a guardarsi intorno sgomenta. Ogniqualvolta aveva affrontato l'argomento con Brennig, lui aveva tentato di dissuaderla, ma Ellen era certa che anche lui avvertisse quella strana presenza in casa.
"Chi sei?", bisbigliò con un filo di voce verso i recessi più bui della sua stanza. "Chi sei tu? So che sei qui. Ti sento"
Un movimento vibrò nelle tenebre, seguito dal fruscio delle tendine, quasi che il fantasma avesse voluto rispondere al suo quesito.




"Il fantasma del ponte" di Helen R. Myers (Harmony Sesto Senso)


Trama: La dottoressa Rachel Gentry, rientrando nella clinica a tarda ora, sosta, attratta da una forza misteriosa, sul ponte Black Water Creek e fruga con lo sguardo la fitta nebbia che lo avvolge alla ricerca di una presenza che sente forte e vicina. E dal nulla emerge infatti un'eterea figura maschile che indossa una t-shirt insanguinata e implora il suo aiuto con penetranti occhi blu. Gli stessi del suo vicino di camera, la cui prepotente fisicità è la fotocopia dell'uomo del ponte. Chi sono? Si conoscono? In che rapporto sono l'uno con l'altro? Sono forse la stessa persona?

Qualche stralcio per dare idea dello stile:

La nebbia, intanto, si era infittita, e ricordava adesso un'immensa nuvola di vapore. Strizzando gli occhi, Rachel osservò inquieta le lente movenze dei banchi che oscillavano sotto l'effetto della calda brezza notturna. L'oscurità pulsava come un'orribile creatura in agguato, e le travi del ponte sembravano intrecciarsi nella rigida geometria di una gabbia metallica. Un brivido le corse giù per la schiena. C'era... c'era qualcosa? O per meglio dire, qualcuno? Il suo sguardo errò tutt'intorno. Ma il ponte era deserto, e a popolarlo di ombre era soltanto la nebbia.
(...) E quella sera l'uomo della nebbia si reggeva in piedi. O per meglio dire, si puntellava contro il parapetto del ponte. Come nei giorni passati, si premeva il ventre con le mani. Ma questa volta il sangue aveva appena incominciato a sgorgargli da sotto le dita.
(...) "Me ne pentirò, lo so", aggiunse poi. "Me ne pentirò". La sua voce, adesso, era rauca, quasi rabbiosa. "Ma ti devo avere. Ora e per sempre." E senza aggiungere altro, l'attrasse a sé e incollò la propria bocca a quella di lei. Rachel rabbrividì nel buio. Un bacio, pensò confusa. Un bacio soltanto, da serbare tra i ricordi. Sì, un bacio e se ne sarebbe andata via. Prima di perdersi in lui. Prima di dimenticare che l'unica dimensione temporale di cui avrebbe potuto beneficiare il loro amore era il presente. E un presente brevissimo. Una notte, forse due e poi più nulla. (...)
C'era nebbia dappertutto, ed era difficile orientarsi adesso che era scesa la notte. La luce dei lampioni baluginava incerta, come la fiammella di una candela dietro una tenda. E il paesaggio - gli alberi, le case, persino la strada - si confondeva col nero sipario delle tenebre. Era uno scenario agghiacciante, e lei era atterrita. Ma non poteva assolutamente tornare indietro. Aveva un appuntamento. Da qualche parte. Con qualcuno.




Di questa autrice, vedi anche: http://recensioniromanzirosa.blogspot.it/2017/07/i-sussurri-del-bosco-di-helen-r-myers.html


"Fiamme purificatrici" di Diana Whitney (Harmony Sesto Senso)


Trama: Janine Taylor, reduce da un matrimonio fallito per colpa di un uomo violento e immorale, si rifà una vita a Darby Ridge, dove acquista una vecchia casa circondata da una fama ambigua. Per vivere gestisce una piccola pensione dove si presenta Quinn Couilliard, enigmatico ex psichiatra. Janine si sente istintivamente attratta da quest'uomo, ma il suo comportamento genera dubbi angoscianti: la fidanzata, infatti, è morta in un rogo che presenta impressionanti analogie con quello scoppiato la notte precedente l'arrivo di Quinn. Janine non s'arrende e alla fine...

Commento di Lunaria: "Fiamme purificatrici" è ascrivibile al genere rosa, ma con una trama incentrata su un mistero da risolvere (una serie di omicidi di giovani donne trovate morte a seguito di incendi dolosi). Tutta l'atmosfera risulta ben congegnata, e in particolare, i protagonisti (anche i presunti colpevoli fino allo svelamento finale della vera identità dell'assassino) sono descritti accuratamente nell'indole e nei pensieri più intimi. Anche se la storia in sé non è originale, l'Autrice ha comunque saputo introdurci elementi narrativi particolari, come la psicosi religiosa (subita e agita) e la sessuofobia, temi poco sfruttati, nella narrativa femminile thriller o gialla.

Qualche stralcio per dare idea dello stile:

Lingue di fuoco si sollevavano verso il cielo notturno in una devastante conflagrazione di distruzione e morte, inghiottendo quella che, fino a pochi attimi prima, era stata una casa abitata (...) Fra le tenebre che circondavano la chiesa, dall'altro lato della strada, un osservatore fissava lo sguardo su quell'inferno. Era passato tanto tempo, l'attesa era stata lunga e dolorosa, ma adesso era finalmente giunta al termine. Quello era il posto che cercava.
(...) A detta di Jules, la donna era stata trovata distesa sul letto, le mani giunte sul petto, come se la morte per soffocamento l'avesse colta nel sonno.
(...) Non poteva negare l'attrazione che provava per lei, il profondo legame che sentiva nei suoi confronti, ma non poteva lasciarsene accecare. L'amore significava debolezza, e la debolezza poteva essere sfruttata dagli altri,  anche dalla persona di cui si era innamorati.



 

''Il ritorno del vichingo'' di Michelle Styles (Romanzi Storici)


Trama: Kara Olofdottar si è unita in matrimonio con Ash Hringson, il prode guerriero dei suoi sogni di fanciulla; ma lui è salpato in cerca di avventura e non è più tornato, lasciandola da sola e con un figlio da crescere. Sette anni dopo, la giovane donna decide di risposarsi per difendere le proprie terre e proteggere l'eredità del figlioletto Rurik. Ma il giorno delle nozze il marito che credeva morto in mare ricompare più vivo che mai... e non è affatto felice di vedere la bella moglie tra le braccia di un altro! L'amore di un tempo sembra ormai svanito, dubbi e timori si rincorrono, e a complicare la situazione si aggiungono false accuse che mettono in pericolo un rapporto  già traballante. Ash, però, è pronto a tutto pur di riconquistare il cuore e la fiducia di Kara.

Commento critico di Lunaria: "Il ritorno del vichingo" è un libro abbastanza inusuale, per essere un romanzo rosa. Per prima cosa, è ambientato nella Norvegia pagana del 703, e questo rappresenta un valore aggiunto, a detta di chi sta scrivendo la recensione, perché in genere tutti gli altri Harmony vengono pensati in epoche passate ma in contesti cristiani. Intriganti le citazioni a Odino e agli Dei norreni (incluse le Dee) che l'Autrice menziona, anche se raramente e in maniera stringata (peccato! Si sarebbe potuto dare più spazio!). In secondo luogo, è un romanzo che potrebbe piacere anche ad un pubblico maschile perché non è eccessivamente sdolcinato (né riporta solo lo sguardo femminile della protagonista): non è incentrato solo ed esclusivamente sul rapporto affettivo che lega Ash e Kara, scritto secondo la sensibilità erotica femminile, ma piuttosto l'Autrice ha messo al centro della trama anche il percorso esistenziale di Ash, che lo porta a divenire più maturo e responsabile, e i suoi tentativi di conquistare, ancor prima che Kara, il figlioletto Rurik, cresciuto senza un padre; uno spaccato di vita (e del valore della paternità responsabile) in cui tanti uomini possono riconoscersi. Brevemente, viena anche accennata l'amicizia virile (un po' conflittuale) tra Ash e i suoi mercenari e parenti, il desiderio maschile di gloria e combattimento (riflesso di una società patriarcale), causa della prima partenza di Ash, e della sua assenza dalla patria, durata per ben sette anni, valori a cui Ash rinuncerà, alla fine, preferendo di gran lunga i legami familiari e l'amore di Kara. In conclusione, non stiamo certamente parlando di un libro capolavoro o di un saggio sugli usi e costumi dei norreni, né tantomeno di un romanzo basato sulla veridicità storica, però è sicuramente una lettura piacevole, sia per l'originalità della trama (potrebbe persino piacere a chi ama l'heroic fantasy basata sui combattimenti, anche se è solo verso gli ultimi due capitoli che viene descritta la resa dei conti tra i clan rivali che complottano contro Ash) sia per le pagine più "rosa" (più che dare dettagli spinti, l'Autrice predilige suggerire e imbastire il tutto in un'atmosfera quasi panteistica, come la scena d'amore nel bosco)

Qualche stralcio dell'opera per dare un'idea dello stile:

Un tempo lei aveva commesso l'errore di credere a simili, vuote dichiarazioni, ma ora sapeva che contavano i fatti, non le parole. I fatti restavano, mentre le parole svanivano non appena pronunciate (...) Alla luce della luna gli occhi di Ash sembravano enormi pozze di un azzurro cupo. (...) Kara si costrinse a girarsi. Ancora un momento e si sarebbe sciolta tra le sue braccia; sapeva che una simile resa era sbagliata. (...) Camminarono in silenzio fino alla casetta che lei usava durante i soggiorni a Sand. La notte recava già la gelida promessa dell'inverno e la luna immergeva la cittadina silenziosa in una luce argentea.
(...) Se voleva conservare un po' di rispetto per se stessa quella notte doveva tenerlo a distanza. Lei desiderava un uomo che fosse qualcosa di più di un ricordo. Desiderava qualcuno con cui condividere la sua vita. In quel momento voleva solo sprofondare in un sonno senza sogni, da cui risvegliarsi di nuovo in forze, in modo da poter raggiungere Jaarlshiem il giorno dopo senza bisogno di rallentare la marcia. Una volta là sarebbe stato più facile mantenere le distanze. L'ultima cosa che desiderava era lasciare che il corpo prevalesse sul cervello.
(...) Arrabbiarsi con Ash era stato facile, nei lunghi anni in cui lo aveva considerato morto; al suo ritorno, il giorno prima, non aveva avuto difficoltà ad aggrapparsi a quella rabbia. Purtroppo veniva sempre assalita da una miriade di ricordi indesiderati e riviveva i momenti in cui Ash si comportava con gentilezza o in un modo che la lasciava senza fiato (...) Cos'aveva detto uno dei suoi uomini? Nelle sue vene scorreva acqua di mare. Quanto tempo sarebbe passato, prima che il mare e le scorrerie esercitassero ancora una volta il loro richiamo? Era quella la realtà; il resto erano sussurri al vento (...)
La sua bocca era vicinissima. Il cuore di Kara batteva a un ritmo irregolare. Le labbra di Ash scesero sulle sue con un bacio che travolse tutti i suoi sensi, un richiamo che la toccava nel profondo. Kara voleva abbandonarsi contro di lui e ricambiarlo con ardore. Un campanello d'allarme risuonò nella sua mente. Abbandonarsi a quel bacio sarebbe stata la cosa peggiore per lei, segnalando che era pronta a tornare ai vecchi tempi e ai vecchi ruoli prestabiliti tra di loro. Non era così. Doveva fare in modo che prevalesse la logica, non il desiderio. (...)
Una volta chiusa in camera sua, Kara si fermò e crollò in ginocchio, disgustata da se stessa per la disperata intensità con cui desiderava le carezze di Ash. Dopo tutto quello che era successo negli ultimi anni, non poteva rischiare un'altra volta. Negare la potente attrazione che esisteva ancora tra di loro era praticamente impossibile, ma ritrovarsi di nuovo con il cuore spezzato era una prospettiva ancora peggiore. Ash era tutt'altro che affidabile, non doveva dimenticarlo mai. (...)
Inutile negarlo: era attratta da suo marito, ma non era disposta a rischiare un'altra volta il cuore. Ora voleva essere certa di poterlo tenere al sicuro, visto che già una volta lui gliel'aveva calpestato. (...)
La fresca aria autunnale le sfiorò la pelle. Vedendo che era scossa da un lieve brivido, la prese tra le braccia. "Vuoi che ti riscaldi?". La coprì con il corpo senza aspettare una risposta, avvolgendola in un'ondata ardente (...) Ogni tocco provocava una nuova ondata di desiderio, ricordandole tutte le volte che avevano fatto l'amore in passato, e com'era stato bello (...) Passò la mano sulla sua schiena liscia, meravigliandosi ancora una volta della morbidezza della sua pelle. Anche il contatto più leggero bastava a eccitarlo: sarebbe passato molto tempo prima che potesse sentirsi sazio di lei. (...)
"Ho smesso di pensare al futuro, Kara. Voglio vivere qui e ora". Quando le scostò i capelli dalla fronte, lei sentì tutto il corpo risvegliarsi, più consapevole che mai della vicinanza e di ciò che avevano condiviso. Voleva provare di nuovo quella meravigliosa sensazione di unione. "Puoi farlo anche tu?", Ash le mordicchiò piano il lobo dell'orecchio e una piccola fiamma lambì il suo centro più intimo, incendiandole i sensi come solo lui sapeva fare. Era incredibile sentirsi così vivi; come una falena attratta dalla fiamma, Kara non poteva resistere ai movimenti della sua bocca. Era impossibile tradurre in parole ciò che provava, lo sapeva, ma poteva lasciare che fosse il corpo a esprimersi. (...)
Sentì un bruciore acuto al viso e il sapore del sangue in bocca. Si passò una mano sul volto per ripulirlo e il dolore lo trafisse. Sarebbe stato facile cadere in ginocchio e ammettere la sconfitta; non ricordava quasi più per che cosa stava combattendo. Ormai non aveva più niente da dimostrare; sentiva già il dolce respiro delle Valchirie venute a reclamare la sua ombra per Odino. Una valchiria. Kara. Ash si riscosse: era per Kara che combatteva.


Per un approfondimento sul Medioevo vedi: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/08/alle-origini-del-romanzo-rosa-medieval.html


"Il fantasma di Myriddyn" di Patricia Frances Rowell (Romanzi Storici)


Trama: Morgan Pendaris, conte di Carrick, torna in Cornovaglia per riprendere possesso delle terre e del castello aviti, che ha riscattato a prezzo di enormi sacrifici. Quel che desidera maggiormente è vendicarsi di Cordell Hayne, l'avventuriero senza scrupoli che oltre a mandare in rovina la sua famiglia ha disonorato la sua amata sorella Beth spezzandole il cuore. è deciso a impadronirsi di tutto ciò che il suo mortale nemico possiede, moglie compresa, ma quando incontra Eulalia Hayne e apprende che anche lei è vittima dei soprusi del crudele Cordell, il progetto di sedurla vacilla. Lalia è infatti una donna bella e coraggiosa, che immediatamente suscita in lui un profondo desiderio di proteggerla, soprattutto dal fantasma di Hayne, che tutti credono annegato durante una tempesta.

Commento critico di Lunaria: Siamo dalle parti dell'Harmony storico (la vicenda è ambientata in Inghilterra nel 1816 e fondalmentalmente descrive l'innamoramento di Morgan per l'ex moglie del suo nemico, innamoramento ricambiato, ma contrastato da un complotto ordito contro di loro), e tuttavia l'Autrice ha inserito, nell'intreccio di eventi, una serie di elementi interessanti che danno spessore a questo romanzo.
Per esempio, e non scontato e neppure banale, è interessante che l'Autrice abbia inserito un riferimento ad una delle creature soprannaturali più note nel folklore zigano: il mulò, lo spettro vendicativo, conoscenza che si può avere solo se si è approfondito il corpus di leggende gitane, anche se poi il finale opta per una spiegazione prettamente razionale, come nei migliori gialli. Ciò non toglie che il libro, pur non appartenendo al genere horror, in alcune pagine abbia un'atmosfera cupa e spettrale, dove il terrifico è dato dai dettagli, suggeriti più che mostrati (e in tal senso, si respira, in certi passaggi, un'atmosfera quasi da "Castello di Otranto", data anche dall'espediente, molto teatrale, di far svenire Lalia, esattamente come le protagoniste del noto romanzo di Walpole; abbastanza cruda, poi, è la descrizione del cadavere ma anche delle dita mozzate). Interessante anche la tematica, appena accennata, delle discriminazioni razziali contro gli zingari (Lalia ha sangue gitano nelle vene). Per approfondire l'argomento, sia per le pratiche pagane e magiche, sia da dove è nata (e perché) la discriminazione, suggerisco questi tre libri:


Altra cosa interessante e che ci porterebbe via un'analisi a parte (https://www.academia.edu/33732176/I_Tarocchi_nel_commento_di_Patricia_Frances_Rowell), è la scena della lettura dei Tarocchi, fatti dalla nonna di Lalia, l'anziana e taciturna Daj, a Morgan: tre pagine che piacerebbero davvero a tutte le wiccan appassionate di cartomanzia, perché si citano Arcani famosi e affascinanti come "L'Arcano Tredicesimo" (comunemente noto come "La Morte") La Torre e la Luna!

     
Sicuramente, una pagina che, "flirtando" con leggerezza verso l'immaginario esoterico, non ti aspetteresti di trovare in un romanzo rosa!
L'elemento picaresco e marinaresco, (*) invece, compare soprattutto negli ultimi capitoli; qui il linguaggio si fa tecnico (l'Autrice utilizza termini e nomenclatura tipici del mondo della navigazione), e pur essendo pagine che forse possono sembrare troppo "fuori tema" in un romanzo rosa, c'è da dire che la scena dello sventato annegamento di Laila che affonda lentamente negli abissi, con le gonne inzuppate e gonfie, ricorda molto Ophelia, acquistando uno spessore emotivo e figurativo quasi pre-raffaelita, enfatizzato dal gusto stilistico ed immaginifico quasi Hodgsoniano delle navi che si danno battaglia e la furia del mare che intanto getta i dispersi sugli scogli; anche la fine di Hayne è davvero ben descritta, per ritmo e linguaggio e rappresenta la catarsi per tutti i personaggi. Peraltro, non manca neppure un epilogo etico finale, che rappresenta, seppur sinteticamente, il travaglio emotivo che sconvolge chi si ritrova, per sua sfortuna, ad essere figlio di un criminale, e che pure ha occasione di redenzione sociale.

(*) Qui ho parlato delle origini del romanzo d'avventura e della scena Metal a tema picaresco: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/07/conrad-hodgson-il-romanzo-rosa.html

In conclusione, "Il fantasma di Myriddyn" è un romanzo che "funziona" per tutte le 314 pagine, senza "impaludamenti" (difetto che, per esempio, aveva l'altrettanto voluminoso ''Il castello dei Nightingale", vedi la mia recensione precedente) ed è un piacevole incrocio di più stili: dallo storico (i riferimenti ai vestiti, alle usanze di ceto e alle consuetudini morali del tempo) al sociale (compare, anche se solo accennato, il tema della discriminazione razziale, e inoltre si potrebbe allargare l'analisi anche al tema della violenza domestica, perché Lalia è stata vittima della crudeltà del marito), al folkloristico-esoterico (le leggende gitane, i Tarocchi); dal soft-horror al picaresco fino al giallo, presentando diversi personaggi "sospettabili". Non c'è un effetto di "già sentito e già letto in giro", il ritmo funziona bene, l'Autrice ha mostrato una certa originalità e personalità che resta impressa nella mente della lettrice a fine romanzo e il tutto è condito (ovviamente!) anche da belle scene erotiche e passionali (forse la migliore, per riferimenti concettuali, è quella che caratterizza la descrizione della festa "del fuoco" di Beltane, nota festa pagana del risveglio e della passione anche carnale).
Un romanzo consigliato, per di più, ciliegina sulla torta, impreziosito da una splendida copertina con rovine gotiche sullo sfondo di un giardino inglese e la travolgente passione dei due protagonisti.



Qualche stralcio dell'opera per dare un'idea dello stile:

Se andava avanti così rischiava di impazzire, si ammonì Lalia alzandosi in piedi e prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza. Un lampo illuminò il buio e lei si fermò davanti alla finestra per guardare verso il mare. Le nubi avevano ormai oscurato del tutto la luna e non vide niente finché un altro lampo non squarciò nuovamente il cielo.

La pioggia prese a battere contro i vetri, spinta dal vento che faceva tremare gli infissi e rifletteva la tempesta che Lalia aveva dentro di sé. Una ridda di emozioni la tormentavano, sballottandola tra i flutti dell'indecisione. Paura. Rabbia. Dolore. La sua abituale serenità era sparita negli abissi. Lalia era diventata la tempesta personificata.

Lalia chiuse gli occhi, lasciando che la pioggia lavasse via insieme con le lacrime l'agitazione e la confusione che aveva dentro. Il vento le turbinava intorno, scompigliandole i capelli attorno al viso e alle spalle. Non sentiva il freddo. Non voleva sentire niente.

Suo malgrado, Lalia rimase sconvolta alla vista del mucchio informe di carne che giaceva sulla dura pietra. Coprendosi la bocca e il naso con il fazzoletto, tornò a guardare i resti di quello che era stato un uomo (...) La giacca che il marito indossava l'ultima volta che l'aveva visto copriva il corpo gonfio d'acqua, e l'anello con il sigillo spiccava sulla mano bianca... Quelle mani pesanti, implacabili come artigli affilati...

Mani. Due mani che spuntavano dal buio. Pallide, esangui, che volevano afferrarla. Come paralizzata, Lalia le guardò avvicinarsi. Una le sfiorò la guancia. Poteva vedere le ossa sotto i brandelli di carne staccata. Le stuzzicarono disgustosamente i seni, si strinsero attorno alla sua gola, si spostarono sopra i suoi occhi.

Lalia giaceva al buio cercando di stabilire che cosa l'avesse svegliata. Una strana sensazione mise i suoi sensi all'erta. Che cos'era? Qualcosa di familiare e di molesto. Lalia si sollevò a sedere sul letto e si guardò attorno. Il chiaro di luna che filtrava dalla finestra aperta non rivelò niente di insolito.

Lo sguardo che Sua Signoria le rivolse quando quella sera Lalia entrò nella sala da pranzo la fece arrossire. Aveva indossato il vestito color acquamarina con il girocollo abbinato e per un momento si sentì veramente una gran dama. La prontezza con la quale Morgan balzò in piedi e scostò per lei la sedia dal tavolo le procurò un'inebriante sensazione di potere e di desiderio che le fece tremare le gambe.

Lalia era stanca (...) In passato, ogni volta che era inquieta saliva sulla torre, si appoggiava al parapetto della piattaforma di osservazione e offriva il viso al vento e alla pioggia. E quando alla fine si calmava, si fermava a dormire nel letto che c'era nella stanzetta delle sentinelle. Il suo rifugio. In quel piccolo locale si era sempre sentita al sicuro e protetta. Ma se una serie di scalini rotti e un grosso bastone potevano fermare un marito ubriaco, non potevano niente contro il suo mulò. Un morto non aveva paura di cadere. Se poteva uscire dalla tomba, una porta che barriera poteva essere? (...) Se Morgan non l'avesse sentita, che cosa sarebbe successo? Non sarebbe salito a scacciare lo spettro? E se quello l'avesse trascinata giù dalle scale o l'avesse gettata in mare dal parapetto? Oppure, che Dio la proteggesse, l'avesse afferrata con le sue mani putrefatte, l'avesse stretta contro le sue ossa scricchiolanti, le avesse affondato i suoi denti giallastri nel seno come una volta...

"è grave per me" affermò lui sollevando fra le dita la ciocca di capelli che le copriva la piccola ferita prima di lasciargliela ricadere sul petto, appena celato sotto la leggera veste da camera. Il cuore di Lalia prese a palpitare a un'ondata di calore le infiammò il corpo. Morgan s'inginocchiò lentamente davanti a lei e le affondò le mani fra i capelli, mentre la guardava negli occhi per un lungo, silenzioso momento. Poi avvicinò la bocca alla sua.


Dalla stessa Autrice: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/08/i-misteri-di-wulfdale-di-patricia-f.html