"Fantasmi nella notte" di Rebecca York (Harmony Magic)


Trama:

Laura non ha mai fatto sogni premonitori. Tuttavia l'incubo ricorrente che la perseguita potrebbe avere degli agganci con la realtà. Lo sente nell'aria nel momento stesso in cui varca la soglia di Ravenwood. Strane cose accadono in quella casa, e altre ancora più inspiegabili si verificano dopo il suo arrivo. L'affascinante Jake Wallace le offre spontaneamente il suo aiuto, ma qualcuno vuole impedire ad entrambi di far luce su un passato tenebroso. Perché?



Gli stralci più belli:

Venti anni prima.
Le goccioline di nevischio penetravano nella pelle di Dorian come schegge di un bicchiere infranto, e il vento gelido lo spingeva verso la boscaglia. La prima bufera della stagione. Proprio stanotte...
Aveva le braccia indolenzite dal peso che stava trasportando. Tentò di richiudersi il cappotto e, nel movimento, il corpo che aveva frettolosamente avvolto in una delle tovaglie di damasco quasi gli sfuggì di mano, facendolo incespicare.
Si fermò sui suoi passi, osservando gli alberi spogli che fiancheggiavano il sentiero. Al chiarore della luna sembravano mille braccia protese verso di lui. Lo circondavano. Lo afferravano. Lo riportavano indietro trascinandolo con la forza. Reprimendo un brivido di terrore, Dorian afferrò saldamente il cadavere avvolto nel telo mentre minuscole goccioline di sudore gli scivolavano lungo la schiena.
Respirò a pieni polmoni la purissima aria di montagna, ma quelle immagini terrificanti continuavano a tormentarlo anche attraverso le palpebre chiuse. Adagio, la ragione si aprì un varco nelle sue mille paure. Nessuno lo aveva seguito laggiù. La festa, all'interno della casa, era in pieno svolgimento, e gli ospiti si stavano tutti divertendo. Tanta bella gente, un bel buffet, champagne per tutti.
Una festa davvero speciale. Specie per la smorfiosa biondina che aveva creduto di poter ficcare il naso senza pagarne le conseguenze!
Ancora un po' di strada. Poi, il dirupo. Erano anni che non ci andava più nessuno, laggiù. Solo una volta arrivato sul ciglio del burrone lasciò cadere al suolo il pesante fardello che si era portato dietro. Un lembo della tovaglia si aprì lasciando fuoriuscire un braccio affusolato e scoprendo il viso della ragazza. Il respiro affannoso, Dorian non potè impedirsi di guardarla. Una lunga ciocca di capelli biondi le ricadeva sul viso cinereo. Gli occhi erano ancora aperti. Sbarrati dalla paura.

*

L'impressione era quella di avere una benda sugli occhi e un bavaglio sulla bocca. Ma Laura Roswell sapeva dov'era: era intrappolata nel suo incubo. Un vento gelido, pungente, le penetrava nelle ossa e il cupo ululare del vento era simile al lamento di anime perdute. Le ruvide mani di un uomo la tenevano imprigionata. No, non di un uomo: era la morte che la teneva stretta, in una gelida morsa. Non aveva scampo. Sapeva di essere alla mercé di quell'uomo, e nessuno poteva salvarla. Nessuno avrebbe mai saputo dove l'aveva portata. Poi, all'improvviso, tutto cambiò. Stava cadendo. Precipitando nel vuoto, giù, sempre più giù, in un abisso avvolto nelle tenebre. Un urlo agghiacciante squarciò il silenzio della notte e, solo dopo essere balzata sul letto, Laura si rese conto di essere stata lei a gridare.

*

Laura arrivò a casa esausta quella sera. Si gettò sul letto senza preoccuparsi di cenare, e accese il televisore, come faceva di solito. Ma non riusciva a tenere gli occhi aperti. Spense l'apparecchio col telecomando a metà film, e cinque minuti più tardi era già addormentata. Quella notte, il suo incubo tardò a venire. Da principio si trattò di un sogno piuttosto tranquillo. Era estate. Lei si trovava in un bosco, in camicia da notte, e camminava a piedi nudi su un tappeto di teneri fiori. Il vento portava con sé una musica, proveniente da una casa. Da Ravenwood. Era quello il nome. Era già stata lì, anni prima. A Ravenwood. Mentre si avvicinava, Laura vedeva delle luci, udiva il vociare allegro degli invitati. C'era una festa. E lei era stata invitata. Laura voleva raggiungere gli altri ospiti, ma qualcuno le appariva davanti, impedendole di avanzare. Era troppo buio, non riusciva a distinguerlo. Eppure era lì. Voleva farle del male. Voleva ucciderla. Avrebbe voluto chiedere aiuto, ma non riusciva a parlare. Preferiva scappare, allora, inoltrandosi nel bosco. E, all'improvviso, la fresca sera estiva si tramutava in una rigida notte d'inverno, i soffici fiori che aveva calpestato erano ora uno strato di neve sotto i suoi piedi nudi. Laura scivolava, cadeva, si rialzava a fatica. E lui era sempre lì. Le correva dietro. La stava raggiungendo. Poi si girava a guardarlo. Erano ormai faccia a faccia. Ma lui... lui non aveva un volto. Distingueva soltanto due occhi iniettati di sangue. Cattivi. Diabolici.

*

Reprimendo un brivido, Laura si infilò in fretta la vestaglia e corse fuori. "Aiuto, qualcuno mi aiuti!", la voce era chiara, nitidissima. Eppure non c'era nessuno in corridoio. Sempre più spaventata, Laura si precipitò da basso, scendendo i gradini a due a due. "C'è qualcuno? Chi è che mi chiama?"
Niente. Tutto era immobile e silenzioso. Che fosse stato un altro dei suoi sogni? Esitante, attraversò l'ingresso e avanzò in punta di piedi nel salotto. Ed eccola lì, una sagoma accasciata sul tappeto. Una donna, con indosso una sgargiante vestaglia a fiori bianchi e rossi. Le dava le spalle, ma Laura la riconobbe subito. "Emma!"
La donna non si mosse. "Emma?". Le si chinò accanto, posandole una mano sulla spalla per girarla. Sgranò gli occhi inorridita alla vista della grossa chiazza di sangue che macchiava la vestaglia. E, proprio al centro, il coltello intagliato che aveva trovato la sera prima. Com'era possibile? Lo aveva lasciato in camera sua, in quella scatola. E adesso era piantato nel cuore di Emma Litchfield.



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