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"Sono certo che tutti i beni di questa vita sono dati da Dio per fare la vostra volontà e quella delle altre Dame. (1) è evidente e alla mia mente assolutamente chiaro che gli uomini non sono nulla, che sono incapaci di bere alla fonte del Bene se non sono spinti dalle donne. Tuttavia, essendo le donne l'origine e la causa di ogni Bene, e avendo Dio dato loro una così grande prerogativa, esse si devono mostrare tali che la virtù di quelli che fanno il Bene inciti gli altri a fare altrettanto; se la loro luce non illumina nessuno, essa sarà come una candela nelle tenebre (spenta), che non allontana e non attira nessuno. Perciò è chiaro che ciascuno si deve sforzare di servire le Dame per poter essere illuminato dalla loro grazia; ed esse devono fare del loro meglio per conservare i cuori dei buoni nelle buone azioni e onorare i buoni col loro merito. Poiché tutto il Bene che fanno gli esseri viventi è fatto per l'amore delle donne, per essere lodati da loro e potersi vantare dei doni che esse fanno, senza i quali in questa vita non si fa nulla che sia degno d'elogio."
Questo è uno stralcio preso da "Trattato d'Amore" ("De Arte honeste amandi" o "De Amore") di Andrea Cappellano (André le Chapelain, forse 1150 – 1220, XII secolo), scritta in latino da un chierico al servizio della contessa Maria di Champagne,
figlia di Eleonora d'Aquitania e del suo primo marito, il re di Francia Luigi VII.
Il "De Amore" è ispirato all'"Arte di Amare" di Ovidio ma la mentalità è già quella del XII secolo.
Andrea Cappellano nella sua opera, oltre alle tematiche che poi diventeranno tipiche dell'Amor Cortese come il vassallaggio nel rapporto d'amore e la subordinazione del cavaliere alla sua dama, (*)
ci riferisce di 21 "giudizi d'amore", pronunciati da nobili e famose dame di Francia: Maria di Francia, contessa di Champagne, che ebbe un ruolo di primo piano negli ambienti letterari del tempo ospitando anche Chrétien de Troyes e scrivendo lei stessa delle opere, (**)
Eleonora d'Aquitania, Adèle di Champagne,
Elisabetta di Vermandois contessa di Fiandra, Ermengarda di Narbona (viscontessa mecenate di poeti e poetessa, celebrata dai trovatori e dalla trobairitz Azalaïs de Porcairagues)
e l'"assemblea delle Dame di Guascogna".
Cappellano ci introduce al concetto ermetico di "corti d'amore": c'è chi pensa che si trattasse di veri e propri tribunali davanti ai quali comparivano gli innamorati per ricevere dei verdetti o che le donne esercitassero le funzioni di "giudice" in una sorta di gioco di società.
Comunque, in realtà, "la corte" e la "sentenza" sono un po' come l'omaggio feudale: la dama esercitava, a immagine del signore feudale, una sorta di funzione giudiziaria nel campo dei rapporti amorosi: il giudizio d'amore, la corte d'amore sono i complementi e gli equivalenti della fedeltà dell'omaggio del vassallo, espressi anche dalla poesia dei trovatori.
Tenendo presente che non era infrequente che una donna come Eleonora o Bianca di Castiglia, a quel tempo, si trovassero a capo nell'amministrazione di un feudo,
svolgendo anche un ruolo di giudice, si può vedere come i giudizi pronunciati nelle corti d'amore rispondono alle regole enunciate nell'opera del Cappellano e di come la donna corrispondesse alla signora feudale.
In epoca feudale e per tutto il XIII secolo le donne che hanno retto e amministrato possedimenti anche estesi sono ben menzionate: quasi tutti i principati laici belgi vennero governati da donne come la contessa Giovanna (1205-1244), Margherita delle Fiandre o di Costantinopoli (1244-1280),
la duchessa Giovanna di Brabante (1355-1406), Margherita di Baviera (1345-1356), Maria di Borgogna (1477-1482)
Note:
(1) La bellezza femminile sarà commentata da poeti come Andrea Cappellano ma anche da filosofi e teologi. Per Cappellano, l'amore è una passione innata che deriva dalla visione e da un pensiero smisurato della bellezza dell'altro sesso.
Guibert de Nogent (1055 – 1124) vedeva nella bellezza femminile uno specchio diretto e immediato, seppur imperfetto e perituro, dell'infinita e immutabile bellezza di Dio.
Ugo da San Vittore (1096 - 1141) considerava che la bellezza del mondo visibile è un riflessione della bellezza del mondo invisibile: "Le forme visibili sono immagini dell'invisibile bellezza [...]".
Baudri de Bourgueil (1046 – 1130) e Ugo di Fleury-sur-Loire dedicano alla contessa Adele di Blois detta anche di Champagne (1140-1206, figlia di Teobaldo IV e di Matilde di Carinzia), diversi elogi e il secondo, un frate, le dedica l'opera "Historia ecclesiastica" nel 1109: "Non solo il sesso femminile non è privo dell'intelligenza delle cose profonde, ma nelle donne generalmente c'è anche una grande ingegnosità mentale e un'eleganza delle maniere assolutamente notevole" e, nel prologo, Ugo si rivolge alla contessa: "Mi sembra degno, illustrissima Signora, offrire in omaggio quest'opera, dono supplice alla vostra indulgenza, perché vi si deve preferire a molti altri personaggi del nostro tempo, voi che siete notevole per generosità, ammirevole per rettitudine e siete tanto erudita quanto colta, il che costituisce la maggiore nobiltà e civiltà".
Anche il poeta Goffredo di Reims, che era stato il maestro di Baudri, esalta la contessa Adele in un'epistola in versi indirizzata al suo amico Engueran: "Perché Guglielmo il Conquistatore ha attraversato il mare e conquistato l'Inghilterra? Per diventare re. Ma perché è diventato re? Perché il destino voleva che Adele nascesse figlia di re."
Infine, una curiosità: sempre da Baudri de Bourgueil abbiamo menzione di ben due poetesse e una "donna critica letteraria", a cui il poeta si rivolge: ad una certa Emma, una badessa, Baudri chiede un giudizio sui suoi versi, ed esorta una certa Costanza, poetessa e ad una certa Muriel (bella, ricca, nobile) a proseguire nella conversazione e a mandare una poesia in cambio della sua. Quando Adele nel 1122 entra in convento, lasciando l'amministrazione del possedimento di Blois-Chartres al figlio Tebaldo, sia Ildeberto di Lavardin (Hildebertus Cenomannensis, 1056 – 1133) sia Baudri de Bourgueil esprimeranno la propria ammirazione alla contessa Adele per aver rinunciato al fasto della corte di Blois. Il vescovo di Le Mans, nel 1137, le dedicherà un epitaffio:
Fiorente nelle delizie, viso festoso...\la natura la forgiò, dentro la mente,\ fuori il corpo, in modo che la mente fosse senza macchia\ e l'apparenza senza difetto
(*) Rispetto ai trovatori del suo tempo, Andrea Cappellano celebrò l'amore carnale ed extraconiugale, rispetto a quello platonico e coniugale, da Cappellano giudicati inferiori rispetto a quello extraconiugale. Questa sua concezione fece scandalo e gli causò diversi problemi, tanto che il poeta dovette "smorzare" i toni e prendere spunto da una visione misogina che rinnegava la donna. Ad ogni modo, anche Dante, nella sua giovinezza, fu molto influenzato da Andrea Cappellano.
(**) Maria di Champagne ebbe quattro figli: Enrico (1166-1197), conte di Champagne, poi re di Gerusalemme; Maria (1174-1204), sposa di Baldovino I di Costantinopoli; Tebaldo, conte di Champagne; Scolastica, sposa di Guglielmo IV, conte di Mâcon.
Nota di Lunaria: onde evitare insulti dai soliti personaggi che non hanno mai letto un libro ma ragliano dicendo che "non è vero niente delle cose che hai scritto, te lo sei inventato tu! Le donne non hanno mai fatto niente nella Storia! Quelle donne che hai citato non sono mai esistite! Sono i tuoi deliri!", metto delle prove fotografiche per dimostrare che ho consultato il libro e che "non sono i miei deliri e le mie menzogne"
ROMANZI ROSA AMBIENTATI NEL MEDIOEVO
APPROFONDIMENTO: AMORE E TORMENTO NELL'AMOR CORTESE
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Tema della morte, che vien preferita ai doni del mondo:
Più mi è gradito dunque morire\che gioire di gioia volgare\perché la gioia che volgarmente sazia\non ha potere né diritto di piacermi tanto.
Così canta Aimeric de Belenoi. La "joie vilaine" la guarirebbe dal suo desiderio, se l'amore senza fine non fosse il male che egli ama, la "joy d'amor" il delirio che prevale:
...questo folle desiderio\mi ucciderà, sia ch'io parta o rimanga\perché colei che sola può guarirmi non mi compiange\e questo desiderio\benchè fatto di delirio\su ogni altro prevale
Non vuol morire ancora, perché non è abbastanza distaccato dal desiderio, perché teme di lasciare il corpo per disperazione, "peccato mortale" perché ignora ancora
a che possa servirgli\lasciar che l'anima si rapisca in estasi.
Ecco il tema della separazione, motivo dominante di tutto l'amore cortese:
Dio, come può essere\che più mi è lontana, più la desidero?
Ed ecco Guirat de Bornheil che prega la vera Luce aspettando l'alba del giorno terrestre: l'alba che lo riunirà al suo "compagno" di viaggio e quindi di prove nel mondo (questi due "compagni" non potrebbero essere l'anima e il corpo? L'anima che è legata al corpo, e pure desidera lo spirito?)
Ma, alla fine della canzone, il trovatore ha tradito i suoi voti? O ha trovato in seno alla notte la vera Luce da cui non bisogna separarsi?
Bello, dolce compagno, così ricco è questo soggiorno\che non voglio veder più alba né giorno\perché la più bella figlia che sia nata da madre\tengo tra le braccia: onde più non mi curo\di gelosia né d'alba.
Wagner, nel "Tristano", trasformerà nel grido sublime di Brangania: "Habet Acht! Habet Acht! Schon weicht dem Tag die Nacht!" (Attenti! attenti! Già la Notte cede al Giorno!) Ma anche Tristano risponde: "Che la notte eternamente ci avvolga!"
"In un frutteto, sotto un pergolato di biancospino, la dama ha tenuto l'amico tra le braccia finché la vedetta ha gridato: Dio, è l'alba! Venga dunque presto! Come vorrei, mio Dio, che la notte non finisse, che il mio amico potesse rimanere con me e la vedetta non annunciasse mai il sorgere dell'alba. Dio! è l'alba. Venga dunque presto!"
Amor, in provenzale, è di genere femminile; questo Amore che per Dante "move il sole e l'altre stelle" e di cui Guiraut dice che si libra "al di sopra del cielo" non è già la stessa Divinità dei grandi mistici eterodossi, il Dio che precede la Trinità di cui parlano la gnosi e maestro Eckhardt, e più precisamente ancora, il Dio sopraessenziale che secondo Bernard de Chartres "risiede al di sopra dei cieli" e di cui il Noys, il Nous greco, è l'emanazione intellettuale e femminile?
Leggiamo questa canzone di Peire de Rogiers:
Aspro tormento mi tocca soffrire.\Per quanto grande sia la mia ambascia per lei\il mio cuore non deve consumarsi.\Né mai mi è dato di intravvedere la promessa\di gioia, dolcezza o bene:\se pure cento gioie conquistassi con la mia prodezza\non ne farei nulla perché non so volere che lei.
E questo grido di Bernard de Ventadour:
M'ha tolto il cuore, m'ha tolto il mondo, m'ha\tolto me stesso; e infine si è sottratta anche lei,\lasciandomi solo con il mio desiderio e il mio\cuore assetato.
E in questa strofa di Arnaut Daniel, un nobile che si fece giullare:
Non voglio l'impero di Roma né che mi si faccia papa, se non posso tornare da lei per la quale il mio cuore arde e si spezza. Ma se ella guarisce il mio tormento con un bacio, prima del nuovo anno, mi avrà distrutto e si sarà dannata.
Infine, concludiamo citando i mistici arabi.
I mistici arabi insistono sulla necessità di custodire il segreto dell'Amore divino. Denunciano senza tregua gli indiscreti che vorrebbero immischiarsi nei misteri senza parteciparvi con tutta la loro fede. La lode della morte d'amore è il leitmotiv del lirismo mistico degli Arabi.
Ibn al Faridh: "Il riposo dell'amore è una fatica, il suo inizio una malattia, la sua fine la morte. Tuttavia per me la morte per amore è una vita; rendo grazie alla mia Amata d'avermela offerta. Chi non muore del suo amore non può viverne"
Uccidendomi voi mi farete vivere, perché per me morire è vivere e vivere è morire (al Hallaj)
L'AMOR CORTESE NEL MEDIOEVO NEL COMMENTO DI BERTRAND RUSSELL
Tratto da
Non sarebbe esatto dire che, prima del Medioevo, l'amore romantico era sconosciuto; ma soltanto nel Medioevo divenne una forma di passione generalmente accettata. L'amore romantico, nella sua essenza, considera molto difficile la conquista dell'oggetto amato, a cui attribuisce un immenso valore. Fa tuttavia sforzi grandissimi, di vario genere, per vincere il cuore dell'amata, con la poesia, il canto, i tornei o qualunque altro mezzo possa essere gradito alla donna.
La fede nell'immenso valore della donna è un effetto psicologico prodotto dalla difficoltà nel conquistarla: e credo possa ritenersi senz'altro che quando un uomo non trova difficoltà nella conquista di una donna, i suoi sentimenti verso di lei non prendono la forma dell'amore romantico.
L'amore romantico, come appare nel Medioevo, dapprima non fu rivolto verso le donne con le quali l'innamorato avrebbe potuto avere rapporti sessuali, legittimi o no: era rivolto a donne della più alta rispettabilità, separate dai loro romantici amanti dalle insuperabili barriere della moralità e della convenzione. Così la chiesa aveva assolto in pieno il suo compito di portare gli uomini a considerare il sesso essenzialmente impuro, tanto da rendere plausibili sentimenti poetici soltanto verso donne irraggiungibili. Quindi l'amore, per essere nobile, doveva essere platonico.
Per noi moderni è assai difficile comprendere la psicologia dei poeti-amanti del Medioevo. Essi professavano un'ardente devozione priva di desiderio, e ciò sembra a noi moderni così strano da farci considerare quell'amore non più di una pura convenzione letteraria. Senza dubbio qualche volta era così, e certamente la sua espressione letteraria era dominata da alcune convenzioni. Ma l'amore di Dante per Beatrice, così come è cantato nella "Vita Nova", non è soltanto convenzionale;
al contrario, lo direi pervaso da una commozione più appassionata di quella espressa in molta poesia moderna. I più nobili spiriti del Medioevo ritenevano la loro vita terrena un male: gli istinti umani erano per essi il risultato della corruzione e del peccato originale; odiavano il corpo e i sensi; unica gioia pura era per loro l'estatica contemplazione di un qualche cosa che sembrava libero da ogni impurità sessuale. Nella sfera amorosa, tale modo di pensare doveva produrre per forza l'atteggiamento mentale che troviamo in Dante.
Per un uomo che amava e rispettava profondamente una donna, sarebbe stato impossibile associarla a qualsiasi idea di rapporto sessuale, più o meno impuro nella sua essenza: il suo amore doveva prendere naturalmente forme poetiche e fantastiche ed essere pieno di simboli. L'effetto letterario di tutto questo insieme fu ammirevole, come appare chiaro nello sviluppo graduale della poesia amorosa, da quando nacque cioè alla corte dell'imperatore Federico II, sino alla fioritura in pieno Rinascimento. Una delle migliori descrizioni dell'amore del tardo Medioevo possiamo trovarla nel volume di Huizinga "Tramonto del Medioevo" (1924):
"Quando nel XII secolo il desiderio insoddisfatto fu posto dai troubadours provenzali al centro della concezione poetica dell'amore, si effettuò una importante svolta nella storia della civiltà. Anche il mondo antico aveva cantato le sofferenze amorose, ma le aveva sempre concepite come attesa di felicità o disperato disinganno. Il momento sentimentale più saliente di Piramo e Tisbe, o di Cefalo e Procride, è nella loro tragica fine; nella perdita straziante di una felicità già goduta. La poesia aulica, d'altra parte, fa del desiderio il motivo essenziale, e crea così un concetto seminegativo dell'amore. Senza rinunciare del tutto all'amore sensuale, il nuovo ideale poetico era tale da abbracciare ogni tipo di aspirazione morale.
L'amore divenne il campo dove fiorirono tutte le perfezioni morali e intellettuali. A causa del suo amore, l'amante aulico è puro e virtuoso. L'elemento spirituale si accentua sempre più, sino verso la fine del XII secolo; il dolce stil novo di Dante e dei suoi amici finisce con l'attribuire all'amore il dono di condurre gli umani a uno stato di santità e di quasi miracolosa intuizione. Qui una vetta era stata raggiunta. La poesia italiana tornò a poco a poco indietro, a un'espressione meno esaltata del sentimento erotico. Petrarca è combattuto tra un ideale di amore spirituale e il fascino più naturale esercitato su di lui dai modelli antichi. Presto l'artificioso sistema dell'amore aulico fu abbandonato, e le sue sottili distinzioni caddero in disuso, quando il napoletanismo del Rinascimento, già latente nella concezione aulica, diede impulso a nuove forme di poesia erotica a sfondo spirituale."
In Francia e in Borgogna lo svolgersi di tali idee fu diverso che non in Italia, giacché le idee aristocratiche francesi sull'amore erano dominate dal "Roman de la Rose" il quale somigliava molto all'amore cavalleresco, ma non insisteva troppo sulla necessità di lasciarlo insoddisfatto. In realtà, era una vera e propria ribellione contro gli insegnamenti della chiesa e una virtuale asserzione pagana del giusto posto a cui l'amore ha diritto nella vita.
"L'esistenza di una classe superiore le cui nozioni intellettuali e morali erano preziosamente conservate in una ars amandi, rimane un fatto quasi unico nella storia. In nessun'altra epoca l'ideale della civiltà si amalgamò sino a questo punto con quello dell'amore. Proprio come la Scolastica rappresenta il grande sforzo dello spirito medioevale per riportare tutte le idee filosofiche a un unico centro, così la teoria dell'amore aulico, in una sfera meno elevata, tende ad abbracciare tutto ciò che di nobile vi è nella vita. Il "Roman de la Rose" non distrugge il sistema; soltanto ne modifica in parte le tendenze e ne arricchisce il contenuto." (Huizinga)
L'epoca era di una rudezza straordinaria, ma il tipo di amore sostenuto nel "Roman de la Rose", sebbene non virtuoso in senso clericale, è raffinato, galante e nobile.
Naturalmente tali idee erano buone soltanto per l'aristocrazia; esse presupponevano non soltanto tempo da perdere, ma anche una certa emancipazione dalla tirannia ecclesiastica. I tornei, nei quali l'amore aveva una parte principale, erano aborriti dalla Chiesa che non poteva però sopprimere il sistema dell'amore cavalleresco.
Nella nostra epoca democratica siamo pronti a dimenticare ciò che in epoche diverse il mondo dové all'aristocrazia. In questa faccenda del rinnovamento del modo d'intendere l'amore, il Rinascimento non avrebbe forse avuto un così completo successo se la via non fosse stata preparata dai romanzi cavallereschi.
Per leggere la poesia italiana del '200-'300 vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/poesia-del-medioevo-duecento-e-trecento.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/letteratura-medioevale-maschile-e-anche.html
La donna nel Medioevo: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/medioevo-1-musiciste-e-danzatrici.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/la-donna-al-tempo-delle-cattedrali-un.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2020/08/sapienti-come-la-sibilla-donne.html
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