"Un Grido nella Notte" di Delly (I Romanzi della Rosa)


Trama: Eloisa e Genoveffa, baronesse di Herstein, povere e orfane, vengono accolte in casa dal conte di Redwitz. Rimasto solo dopo la morte dell'unico figlio, il Conte è diventato irascibile e scontroso. Genoveffa ben presto si accorge che uno strano mistero circonda il vecchio castello. Un mistero creato da un indomabile orgoglio, che solo un cuore comprensivo e amoroso riuscirà a svelare.


Gli stralci più belli:

"All'orizzonte delicatamente tinto di azzurro si ergevano vette ammantate di verde, ondeggiavano altipiani ricoperti di foreste. E la foresta, fitta, compatta, si stendeva ancora sul fianco della montagna, sui declivi che scendevano a valle, fino al villaggio che si stendeva sulle rive di un torrente. Nella vallata le linee pure di un castello del XVIII secolo spiccavano sul tenero verde primaverile. I giardini che lo circondavano erano meravigliosi, specialmente in quell'istante in cui il sole faceva scintillare di mille colori i getti d'acqua delle vasche di marmo, inargentava la superficie di un laghetto, incendiava i vetri delle serre magnifiche sparse nelle vicinanze dell'abitazione. Un parco degno di quella dimora principesca si stendeva alla base della montagna, di cui scalava perfino le prime propaggini. In un'altra direzione, da un bosco di pini, sorgeva un ammasso di torricelle, di comignoli, di guglie, rivestiti dalla patina del tempo. Il cattivo gusto che aveva presieduto a quella costruzione era attenuato dal romantico rivestimento di edera che ne ricopriva i muri e della bellezza di un folto parco che continuava con la foresta.

Genoveffa scese gli scalini della terrazza e si trovò in un giardino all'antica, tornato in parte allo stato selvaggio. S'inoltrò in un viale dal suolo erboso, tra arbusti che conservavano ancora vagamente le forme barocche date loro in passato da abili giardinieri. Il bosso contornava le aiuole di cespugli enormi sui quali si avvolgevano rigogliosi i convolvoli selvatici. Alcuni rosai erano disseminati tra le piante parassite. Delle statue spezzate giacevano nei viali, all'ombra dei platani e delle acacie, e in una grande vasca di marmo grigio posta al centro del giardino l'erba aveva sostituito l'acqua che una volta vi veniva riversata dalla bocca delle sirene che si piegavano su di essa. Quell'abbandono stesso dava al giardino un fascino poetico. Un profumo di altri tempi sprigionava da quel luogo abbandonato che il sole al tramonto illuminava dolcemente. Genoveffa, presa dall'incanto del luogo, camminava piano. Si fermò a una balaustra di pietra corrosa dal musco che separava il giardino dall'orto, disposto sull'ultima terrazza e tenuto con maggiore cura. Dopo cominciava il bosco ceduo che scendeva fino a una prateria del castello che Genoveffa aveva poco prima ammirato. E da qualunque parte si voltasse c'era la foresta, inondata dalle luci del tramonto, la superba foresta che ricopriva valli e altopiani."

"Quando ebbe sistemati i capelli per la notte, si diresse, per dire le sue preghiere, verso un crocifisso di legno appeso sopra il letto, giacché in quella casa erano protestanti e non vi erano immagini religiose. Nell'istante in cui stava per inginocchiarsi si fermò tremante di spavento. Avevo udito un grido, o meglio una specie di singhiozzo, di lamento, terribilmente angoscioso che proveniva dal di fuori. Corse alla finestra e l'aprì, aprì anche le persiane e si sporse fuori. La luna nel primo quarto illuminava debolmente il giardino. Gli alberi sembravano alti fantasmi neri, le siepi stendevano la loro linea cupa nella penombra. Un alto lamento risuonò, più debole. Parve a Genoveffa che provenisse da sinistra, dalla parte dell'edificio, dipendente dall'antico monastero. Ma per quanto rimanesse immobile ad ascoltare non udì più niente e il silenzio continuò a regnare nel giardino addormentato."

"Alzando gli occhi vide la finestrina, e pensò subito che di lì si doveva scorgere una parte delle rovine del convento. Era facile accertarsene. Sì, le rovine si vedevano. A destra si ergeva l'edificio principale (...) subito accanto una galleria crollata conduceva alla cappella di cui restava un avanzo di abside guarnita da un meraviglioso rosone di pietra. (...) Il muro nel quale era incastrata la colombaia formava il quarto lato di quel vasto spazio un tempo occupato dal chiostro, come testimoniava una fila di archi con capitelli delicatamente scolpiti, sostenuti da fini colonne di pietra. Le altre pareti del chiostro giacevano in terra, coperte di musco e di erbacce. Una vegetazione intensa aveva invaso tutto. I rosai selvatici e i noccioli si chinavano a curiosare verso le finestre vuote; l'edera avvinceva le colonne e serpeggiava sulle sculture crollate; l'erba altissima, cosparsa di fiori rustici, nascondeva le pietre del vecchio edificio destinato al Signore. (...) Il sole di maggio dorava i muri rossicci, bagnava di luce i ruderi del chiostro, proiettava, attraverso il verde, lame scintillanti sul suolo trasformato in un inestricabile groviglio di pruni, convolvoli e altre piante parassite (...) Un'impressione di pace malinconica si sprigionava da quelle rovine avvolte di luce."







"Diario Vagabondo" di Liala


"Di splendido non ci sono che i ricordi, che qualche volta perdono, tuttavia, di splendore e diventano rimpianti"

Sono parole del "Diario Vagabondo" di Liala, un diario che spazia lungo l'arco di tutta una vita, da quando la scrittrice, bambina, era chiamata Ghinghi, a quando, molti anni dopo, guarda il mondo con occhi saggi e un poco malinconici. I ricordi di Liala sono ricordi d'amore: amore per i compagni della giovinezza, per una pecorella bianca che ricevette in regalo a cinque anni, per il suo lago sereno, per la vita. Amore, soprattutto, per il suo bel pilota, che dopo averle donato una breve stagiona di felicità, la lasciò sola, precipitando con il suo bolide rosso nelle acque azzurre del lago.

Ma quell'amore era stato "strisce di luce, di fulgore, di bellezza, stelle cadenti che partono e brillano" e a Liala era bastato per illuminare la sua vita.

Le pagine più belle: "Dianzi ho raccattato una foglia volata sul terrazzo della mia casa. Ha la forma di un cuore elegante, snello, giovane. Ma è morta. Ha il colore fulvo delle foglie che hanno finito di vivere. (...) Questa che ho fra pollice e indice sarebbe sola. Forse le verrebbe la malinconia, forse guarderebbe su alle altre sorelle e penserebbe: perché io sono già morta e le altre no?"

"Chiudo questi miei ricordi remoti e recenti con un altro sfogo della mia insanabile malinconia. Sono vecchia, oramai, ho concluso l'arco della mia vita spirituale; forse scriverò ancora qualche romanzo, forse no: non lo so dire."

"[Liala] è abbastanza simpatica e conserva tracce di una remota bellezza. Remota molto, ma che fa? Anche le stelle cadenti non arrivano sulla terra e sono belle lo stesso."







"Debutto in Società" di Caroline Arnett (Rose Blu)


Trama: Stephanie arriva a Londra dal Dorset per il suo debutto in società. Per una ragazza del primo Ottocento è ancora un'esperienza emozionante: feste, balli, corteggiamenti galanti... Con il suo fascino ingenuo Stephanie è accolta nei salotti più raffinati della capitale e finisce coinvolta in una misteriosa vicenda di spionaggio. A toglierla dai guai sono sempre Sir Andrew e Lord Airde, due amici-nemici che presto si innamorano di lei. Sir Andrew è biondo, gentile, un po' impacciato, Lord Airde è bruno, deciso, impetuoso. Quale scegliere? Stephanie non sa decidere...


Commento di Lunaria: generico Historical Romance che non brilla di particolare originalità (siamo ben lontani dallo stile di una Barbara Cartland) ma che può piacere a chi legge il genere saltuariamente.

 




"La Carrozza d'Oro" di Rosalind Laker (Rose Blu)


Trama: Un breve sguardo, un intenso momento... per Richard è un colpo di fulmine. Ma Lucy non è giunta a Easthampton per cercare l'amore, bensì per scoprire il mistero che circonda la propria nascita. E in un'Inghilterra ottocentesca, tra ville, parchi e spiagge semideserte, il passato a poco a poco riaffiora fino a saldarsi col presente. Entrano in scena dame, signori, servitori - ognuno con una diversa verità - e Timothy e Josh, che si contendono con Richard il cuore della dolce, meravigliosa Lucy. Ma la rivelazione arriverà soltanto con Daniel, e Lucy saprà allora con certezza a chi affidare per sempre la propria giovane vita.


Commento di Lunaria: Buon romanzo Historical Romance, anche se la mole eccessiva ad un certo punto fa calare l'attenzione della lettrice; i primi capitoli comunque sono abbastanza coinvolgenti.


N.B: Nella stessa collana è stato pubblicato anche un "Ritorno alle Cime Tempestose" scritto da  A. L'Estrange... che sia un sequel o un remake di "Cime Tempestose"?




"Silenzi e Misteri" (Romanzi Storici)


Trama: Lady Julia fa visita all'enigmatico Nicholas a Grimsgrave Hill, l'antico maniero in cui lui si è stabilito, per scoprire cosa si nasconda dietro il suo bizzarro comportamento. Perché Nicholas ha improvvisamente disdetto il suo precedente invito? E soprattutto perché ha chiesto, in cambio dei servigi resi al governo inglese, la cessione di quella tenuta ormai in rovina nel bel mezzo delle brughiere dello Yorkshire? Con la sua decisione ha forse qualcosa a che vedere la bellissima e gelida Ailith, che ancora abita nella dimora dei suoi avi? In realtà, come scopre Julia, tutto il villaggio è intessuto di misteri e di inconfessabili segreti. E come sempre quando c'è Nicholas nei paraggi, presto il suo soggiorno si tinge di giallo...


Commento di Lunaria: una mole poderosa (400 pagine) per un romanzo che unisce le atmosfere alla Ann Radcliffe ("I Misteri di Udolpho") a elementi misterici presi dall'antico Egitto e dal mondo dei gitani. Molto ambiziosa come trama e anche originale, ma l'eccessiva mole rischia di affossare la storia (un numero minore di pagine avrebbe eliminato le lungaggini che di tanto in tanto affiorano)


Gli stralci più belli: "La luce del giorno morente si addolcì in fitte ombre grigie sul paesaggio. Val guardava dritto davanti a sé, il viso rivolto al vento, mentre Portia e io guardavamo all'esterno verso le brughiere, osservando le erbe muoversi e ondeggiare come onde incessanti su un vasto mare interno. Una pendula luna calante si levò a spargere una pallida luce irreale sul paesaggio mentre proseguivamo, serpeggiando sempre più in alto, lasciandoci alle spalle il villaggio. Alla fine scorgemmo una lucina spettrale brillare in lontananza. Amos tirò le redini e ci fermammo un minuto. Alzò il frustino e indicò il puntino luminoso. "Quella là è Grimsgrave Hall." Quelle parole mi scoccarono nel cuore un piccolo brivido gelido. La residenza stava accovacciata al termine di un lungo viale oltre le brughiere, non delimitato da alberi o cespugli fatta eccezione per pochi biancospini piccoli e contorti. Passammo attraverso un cancello, e io riuscii appena a discernere i contorni della casa, che occhieggiava bassa e scura come una fiera appostata tra le ombre. Proprio di fronte c'era un piatto spazio vitreo - uno stagno orlato di canne - dalle acque nere appena increspate dai venti della brughiera. Al di là, un muro di pietra nera con tre archi acuti dotati di finestre si levava contro il cielo notturno. Mentre fissavo, vidi la luna levarsi attraverso quelle finestre"

"Era un posto tranquillo, non solo per via del soave sciacquio del fiume, che per una volta soffocava il costante mormorare del vento, ma anche per via del piccolo camposanto annidato contro la parete di pietra di una cappella. L'edificio in sé era in rovina, restava solo la struttura nuda, e un pezzetto di nervatura in una finestra dove un tempo doveva essere inserito del vetro piombato."




"Il Pianoro delle Ginestre" di Liala

 

Trama: Fin dall'adolescenza, vissuta in un suggestivo paesetto umbro, Pietro Battaglia, figlio di un casellante, sogna di diventare un aviatore e volare alto nei cieli. Porterà sul petto le ali d'argento di ufficiale pilota e conoscerà la guerra e tanti diversi tipi di amore: quello tenero e casto per Bianca, quello angoscioso per Grazia, vittima di un incidente che causerà a Pietro un trauma, quello passionale per Elgisa. Su uno sfondo avventuroso gli indimenticabili protagonisti vivono in pagine vibranti di azione e di sentimento.


Commento di Lunaria: Non il migliore romanzo di Liala, anche se il suo inconfondibile stile è ben centellinato in ogni pagina (con tanto di dettagli tecnici sugli aeroplani...) e, cosa inusuale nei suoi romanzi, dal punto di vista maschile (visto che il protagonista assoluto è un uomo, e non una donna)


Gli stralci più belli: "Percorsero in silenzio la stradina a ghiaia minuta che portava al camposanto. Gli snelli cipressi avevano così alte cime, che, mirandole, pareva di vederle fondersi con l'azzurro del cielo. Il cimitero era tutto fiorito, le lapidi umili sbocciavano da minuscoli giardinetti rettangolari, le poche cappelle sorgevano da un praticello verde. "è qui...", disse Bianca, aprendo il cancelletto di una cappella. Egli entrò, si guardò attorno. Vide un piccolo altare con un Cristo d'avorio. Alzò gli occhi: lesse sulla parete di sinistra il nome del padre e d'una zia di Bianca. Si volse a destra e trasalì. I suoi occhi avevano incontrato il nome della sorella: su una lapide, di recente murata, c'era scritto: Grazia Battaglia."






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"Quel Divino Autunno" di Liala


Trama: In una casa di gioco, Cino Mirasole conosce Iva, che, all'amico di Cino, Vezio Vilmara, ricorda l'amante Ingi, conosciuta in Turchia, e morta avvelenata. Iva è attratta da Cino, ma non può sopportare di ricordarle una donna defunta. Durante una festa, un pazzo sparge della polvere allucinogena sugli ospiti, e Cino, Iva e Vezio Vilmara si ritrovano in preda a dei deliri e visioni: Vilmara è convinto di essere entrato in una serra attigua alla casa, in compagnia di Iva, e di averla baciata, mentre la donna gli confessa il suo amore. Ripresasi dal delirio, Cino, Vezio e Iva tornano piano piano alla normalità. Vezio è tormentato, non sa se quanto ha vissuto sia successo realmente oppure sia un'allucinazione. Iva non ricorda nulla... o finge? E perché ad un certo punto dichiara di non essere vergine?


Commento di Lunaria: romanzo totalmente "lialesco", anche se oggigiorno disturba parecchio l'idolatria che viene fatta dalla verginità e dell'"onore" e della "dignità per essere amata" della donna "che passa per il suo essere integra" (e Iva viene giudicata una "poco di buono" perché dichiara di non essere "integra"), mentre i due uomini della vicenda hanno eccome rapporti sessuali con donne giudicate "amanti" perciò "di poco valore".  Purtroppo era l'ideale "catto borghese moralista" corrente di quando Liala scriveva questi romanzi, perciò oggi vicende come quella narrata in "Quel Divino Autunno" ci appaiono anacronistiche. Disapprovo il contenuto morale che ci sta dietro, insomma, e di cui questo romanzo, più di altri di Liala, si fa portatore, ma lo apprezzo per il consueto talento di Liala nel descrivere dettagli e particolari, con toni delicati e umoristici al tempo stesso. 

 



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