"C'eravamo già incontrati" di Madeline Harper (Harmony Magic)


Trama: Kayla Hartwell eredita dalla vecchia zia Elinor non solo una proprietà a New Sussex, ma anche un passato inquietante. Perché scatta quella straordinaria, quasi soprannaturale, attrazione fra lei e l'affascinante e puntiglioso Benjamin, l'avvocato del paese e curatore dell'eredità? E chi è la bellissima donna di un ritratto che risale a tre secoli prima e che le somiglia come una goccia d'acqua? Sono tante le domande che Kayla si pone, ma la risposta è una: l'amore, un amore che va oltre ogni logica, un amore che vince anche il tempo...

Commento di Lunaria: "C'eravamo già incontrati" è stato scritto da due autrici (Shannon Harper e Madeline Porter) con lo pseudonimo di Madeline Harper. Pur non essendo un racconto horror, e pur non indugiando sui particolari più raccappriccianti della caccia alle streghe, l'intreccio della vicenda è buono anche se l'idea di partenza (un amore tra protagonisti che hanno già vissuto una vita precedente, in un'epoca piuttosto barbarica) così come l'idea del ritratto è abbastanza abusato. Tuttavia il romanzo contiene pagine molto intense, sia nelle scene di passione erotica, sia in quelle (poche) dedicate all'apparizione dei due fantasmi, che appaiono sia nei sogni che in fugaci visioni sulla superficie dello specchio antico, che decora la vecchia casa, ereditata da Kayla. I capitoli più appassionanti sono il capitolo 11, con il dialogo tra i due fantasmi (e la soluzione finale della storia, con tutti i retroscena) e l'epilogo. Qualche "punto morto" nella narrazione lo si avverte soprattutto nei primi capitoli, mentre è notevole che le due autrici abbiano optato per la spiegazione femminista della caccia alle streghe: donne torturate e uccise per il loro essere indipendenti e autonome dal potere gerarchico maschile-ecclesiastico.

Qualche stralcio per dare idea dello stile:

"D'accordo", assentì Kayla. "Ma c'è un altro mistero che vorrei davvero chiarire, ed è il ritratto." Alle occhiate perplesse degli altri, spiegò: "è il dipinto a olio di una donna, risale circa alla metà del diciassettesimo secolo. E la donna è identica a me." "Questo sì che è sinistro", disse Andy. "Cosa sai di lei?" "Solo che si chiamava Katherine"

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La zuppa ormai bolliva quando Kayla trovò quello che cercava, una fotografia del ritratto. Le date le saltarono subito agli occhi "nata nel 1666, deceduta nel 1692". Katherine aveva avuto 26 anni quando era morta. Un brivido di freddo le corse lungo la schiena: era esattamente la sua età. Kayla lesse rapidamente le brevi frasi che commentavano la vita di Katherine: "Nata da Edward e Sarah Hartwell, fidanzata con John Marston, accusata di stregoneria, impiccata a 26 anni"

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Kayla dovette ammettere che il pensiero di darsi completamente a qualcuno la spaventava, soprattutto sapendo che non ci sarebbero state mezze misure con Ben. Nessuno dei due era il tipo da mezze misure. Eppure Ben era già una forza nella sua vita e poteva essere esigente, persino travolgente. Quando erano insieme, rabbia e passione erano così intrecciate che non sempre era possibile separarle.

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D'istinto i suoi occhi andarono allo specchio e di nuovo vi vide la propria immagine riflessa (...) Lo specchio rifletteva la sua faccia e i suoi occhi, ma l'espressione era diversa. Corrugò la fronte ma non lo vide nello specchio. Cominciò a tremare e quando allungò la mano per rimuovere la polvere dal vetro, si bloccò con il braccio a mezz'aria. Non era la giacca della sua tuta da ginnastica quella riflessa nello specchio, ma una manica verde pallido con un ampio polsino bianco (...) Ciò che vide riflesso nello specchio risaliva al diciassettesimo secolo. I capelli biondi le arrivavano alle spalle ma erano coperti in parte da una cuffia bianca di tipo puritano legata sotto il mento. Il vestito con il colletto bianco era abbottonato fino al collo (...) Con un gemito soffocato, Kayla alzò le mani per coprirsi gli occhi e un terrore freddo le corse nelle vene.

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"Ho trovato alcuni fatti in un libro che Ben mi ha portato. Pare che Katherine Hartwell sia stata impiccata per associazione con streghe" "Associazione con streghe, che strana espressione".  "L'ho pensato anch'io, ma alla fine ho immaginato che Katherine forse aiutava donne accusate di stregoneria a lasciare di nascosto la città. Deve essere stata presa, accusata e impiccata."

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Respirò a fondo l'aria fresca del mattino, e giunta al ruscello proseguì lungo la riva, fino a quando il corso d'acqua formò un gomito e si restrinse. Kayla rallentò l'andatura, cercando un punto dove attraversare, e fu rapita dalla bellezza della scena che le si presentò davanti agli occhi. Il sole stava spuntando all'orizzonte, tingendo di rosso le sommità degli alberi (...) La leggera nebbia sopra il ruscello sembrava prendere consistenza levandosi e scendendo in forma di mulinelli. Mentre guardava, Kayla sentì che il cuore cominciava a martellarle nel petto (...) Una donna emerse dalla foschia, vapore e ombra che prendevano forma, muovendole incontro mentre Kayla rimaneva immobile (...) Katherine, era Katherine, non c'erano dubbi in proposito, la fissò con un'intensità incredibile, con gli occhi che parevano fendere la nebbia.

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Katherine. La parola riecheggiò nella stanza. Ancora una volta il pensiero si era tramutato in suono. Lei si avvicinò, vestita nel suo abito puritano verde pallido con il colletto e i polsini bianchi, le mani giunte davanti a sé, e su un dito tre fascette d'oro intrecciate. Poi vide una figura alle sue spalle.

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In fondo al prato vicino al ruscello, la luce della luna si rifletteva sulla leggera nebbia che si levava dall'acqua. Muovendosi come in un vortice, la nebbia prese forma e sostanza. Due figure vaghe apparvero, poi svanirono, poi emersero di nuovo nella notte. Lei era vestita come una puritana e i capelli le formavano un alone dorato attorno alla testa. Vagava nella notte piena di grazia e bellezza. Non era sola. L'uomo era alto e imponente, vestito di nero, il volto severo, ma quando la guardò, la sua espressione si addolcì. (...) Si levò il vento e le due figure svanirono nella foschia da cui erano venuti. Nulla rimase tranne un debole sussurro. "Ti amo ancora Katherine. Ti amo ancora". Poi il mondo fu avvolto nel silenzio della notte.




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