"Il mistero di Kayla" di Heather Graham Pozzessere (Harmony Intrigue)


Trama: Tutto avviene come in un incubo per Kit McHennessy che, inviata in Irlanda insieme al figlioletto Mike per la realizzazione di un libro sugli usi e costumi di quel paese, è costretta a rivivere la perdita del marito avvenuta in quei luoghi in circostanze drammatiche e oscure e a rivedere Justin, l'uomo che l'ha stregata ben otto anni addietro. L'atmosfera, intrisa di echi di riti raccappriccianti, fa da sfondo a un presente pieno di mistero e di allucinanti incognite.

Nota di Lunaria: ho avuto la fortuna di trovare a 50 cent questo vecchio Harmony (1989!, l'edizione italiana. 1987 l'edizione americana), il numero 112 della serie "Intrigue" (racconti gialli conditi da una storia d'amore). Il libro è carino, peccato che l'Autrice non abbia messo più pagine horror; per quanto riguarda i difetti del libro, il dialogo tra i personaggi è spesso troppo succinto e banale e ovviamente la ricostruzione storica fatta dall'Autrice è errata: "Bal" è sì il nome di un Dio, ma un Dio cananeo, non irlandese! Probabilmente l'Autrice aveva in mente il concetto di Cernunnos (più che non Pan, che sarebbe stato più adatto alla descrizione che ne fa l'Autrice), anche se non è esatto dare valenze caprine a Cernunnos, visto che è più simile a un cervo. Comunque non mi risulta che a Cernunnos venissero immolate donne (anche se i Celti facevano sacrifici umani).

Gli stralci più belli:

Era una giornata fredda, umida e deprimente. Il vento soffiava impetuoso tra le scogliere frastagliate, con tale furia da sembrare un grido prolungato, alto e lontano, un lamento angosciato. Kit era irrequieta. Nonostante la foschia e il cielo minaccioso era decisa ad avventurarsi ancora una volta tra quelle rocce impervie, alla ricerca di una risposta. Justin l'aveva accusata di comportarsi in maniera morbosa, ma non era così. Solo lì Kit si sentiva più vicina a Michael. Anche adesso, però, come le succedeva spesso, ebbe l'impressione di essere osservata. Girò dietro il cottage per raggiungere il punto più alto della scogliera, dove la vegetazione lasciava il passo al granito nudo, che si ergeva a picco sul mare. Era conosciuto come la Forca del Diavolo. Kit guardò nello strapiombo. Il vento le scompigliò selvaggiamente i lunghi capelli color castano. Le parve di essere lei stessa parte degli elementi scatenati.

*

Ma sarebbe stato inutile fuggire. Non sapeva ancora se amava Justin, oppure se lo temeva e lo detestava per essere talmente autoritario e arrogante. Le era chiaro, però, che per nessuno aveva mai provato emozioni così intense e sconvolgenti.

*

"Justin, grazie per l'invito a pranzo e per questa accoglienza, ma stiamo girando intorno al problema." Prese un bel respiro. "Otto anni fa, chissà per quale motivo, qualcuno ha drogato il mio tè. Michael è caduto dalla scogliera e una ragazza è stata assassinata. E adesso tu sei accusato di nuovo di omicidio. E noi che cosa facciamo? Ce ne stiamo qui a chiacchierare di fiori. " Si volse finalmente a guardarlo in volto. "Lo so che non hai nessuna responsabilità in questi fatti." Le luccicavano gli occhi di pianto.

*

"Mamma! Mamma!". Il grido spaventato di Mike le giunse mentre era in cucina a friggere le uova. Spostò immediatamente la padella dal fuoco e si precipitò fuori del cottage.  Mike continuava a chiamarla. Era poco distante, sul sentiero, chino su qualcosa. "Mike, che cosa c'è?" Corse da lui e finalmente vide il motivo di tanto chiasso. Su una pietra, modellata a forma di altare era legata una bambola, nuda, con i lunghi capelli scompigliati. Era coricata sulla schiena e aveva un taglio profondo, inciso nella gola, sporco di una sostanza rossa, probabilmente vernice, a raffigurare il sangue.

*

Si sedette sul divano di fronte al caminetto a fissare il fuoco. A poco a poco si sentì le palpebre pesanti e si assopì. L'incubo tornò a spaventarla. Questa volta Kit era circondata da una nebbia fitta. Udiva il vento soffiare tra gli alberi e le rocce, ma le sembrava piuttosto un lamento angosciato. Distingueva anche il suono di passi che si avvicinavano. Cerco di allontanarsi, ma si accorse di essere legata, mani e piedi a una pietra, una specie di altare, proprio come una bambola. Ed era nuda, indifesa. Ad un tratto comparve Justin, bello e maestoso che le si accostava con grazia felina. Negli occhi aveva un sorriso satanico. D'un tratto la nebbia lo nascose per un istante. Riapparve, ma non era più Justin, era l'orrenda creatura, il dio capra, il sacerdote con la maschera e il mantello.

*

Si accorse vagamente di essere trascinata su una specie di barella attraverso il sottobosco e sulle rocce, ma non provava dolore. Era incapace di muoversi, eppure era acutamente consapevole di quello che le sarebbe successo. Perse la conoscenza e quando si risvegliò era in mezzo a una densa foschia. Non sapeva se fosse reale oppure soltanto una sua allucinazione. Il vento soffiava così freddo che cercò di coprirsi, ma si rese conto con orrore di essere stata legata. Era nuda, su una pietra, come la bambola.







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