''Riaccendi la tua lampada, Gipsy'' di Liala

Trama: Gipsy, fanciulla bella e felice, si trova un giorno davanti a una rivelazione dolorosa che sconvolge la sua esistenza. Ma quando si è ormai convinta che la sua vita andrà sempre avanti così, senza luce né felicità, incontrerà un uomo che attraverso la dedizione e il sacrificio riuscirà a farle capire i suoi veri sentimenti... Gipsy credeva che la luce della passione si fosse spenta, ma non era così...


Commento di Lunaria: uno dei romanzi più intensi di Liala, con una protagonista , Gipsy, davvero indimenticabile. Ritorna il tema caro a Liala, quello delle due sorelle inseparabili, già comparso in "Bisbigli nel piccolo mondo" (Chantal e Dagmar https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/06/bisbigli-nel-piccolo-mondo-di-liala.html), visto che Gipsy, che è stata adottata, ha un legame molto intenso con la sorella Diletta, tanto da rinunciare all'uomo che ama, Luca Zoldan, quando anche Diletta le confessa di amarlo. Gipsy fuggirà da quella famiglia benestante e così attenta alle apparenze, che le ha nascosto la verità, quando la madre adottiva la rinnega, trovando accoglienza, aiuto e affetto in Marcel Sand, l'avvocato maturo che saprà rispettare Gipsy fino alla fine, rinunciando a lei e autocondannandosi alla solitudine. Al solito, Liala dipana l'intreccio della trama alternando pagine di intenso ritratto psicologico e grande intensità drammatica a pagine con toni e scene umoristiche e frivole, il marchio di fabbrica dei suoi voluminosi romanzi.


Gli stralci più belli: 

"Avevano infilato via Lorenteggio, una via che rivelava ancora, in certi punti, di essere stata la periferia di Milano. La campagna lombarda era totalmente cheta sotto un pallido cielo privo di opinioni: a levante vi era un ammasso di nuvole scure, a ponente era tutto azzurro. [Gipsy] si era distratta e guardava la campagna. Era bella, tranquilla e tutta tenera di erbe nuove.  Nei prati c'erano rivi che andavano da tutte le parti.  La strada correva a livello di una teoria di prati. Ma oltre a quei prati, vi era un balzo e pareva vi fosse un'immensa, altrettanto pacifica vallata. Nella vallata, tra pioppi e gelsi, correvano altri rivi. Nel sole, tutto luccicava: ma dove non giungeva il sole, e vi erano campi che parevano allagati, l'impressione che la natura dava era di palude. Ora bella ora no, la pianura lombarda si offriva allo sguardo ricca e tranquilla.  Poi Zoldan svoltò: un poco d'acqua a sinistra, in abbastanza ampio letto: a destra, poco più largo di un metro e mezzo, un altro canale: e pareva, quell'acqua, la freccia indicatrice che doveva guardare quel curioso fabbricato a un solo piano e a mattoni. (...) Non lontano il Naviglio Grande forniva acqua a quei due corsi e giù dove la strada secondaria si biforcava, correva proprio lui, il Gran Naviglio. Scuro e quieto, dava l'impressione che l'acqua, pur limpida, fosse densa, quasi oleosa."

"Luca Zoldan. Ebbene, vi era lui. Egli l'amava, lei era contenta di averlo accanto. Non sapeva ancora se quel piacere nell'averlo accanto fosse amore, ma sentiva, con sicurezza estrema, di avere un appoggio in quell'uomo. Luca Zoldan. Lo conosceva da pochi giorni: ma era già nella sua vita."

"[Gipsy] si preparò per coricarsi. Dentro il cuore aveva l'inferno. Con un tonfo, era precipitata dal paradiso del pomeriggio all'inferno di quella sera. Aveva negli occhi l'acqua limpida del Naviglio Grande e negli orecchi la confessione, inattesa, di Diletta. (...) Gipsy si sentì soffocare: tornò sul bancone. L'estrema grazia della notte lunare si frangeva nella mollezza dell'acqua: vi era un punto in cui acque e cielo si congiungevano come il mare con l'orizzonte. E le magnolie, per un vento leggero, parevano respirare tra le foglie scure e lucide dei rami. (...) Chiuse la finestra, la notte restò fuori con tutta la sua luce e con tutta quella grazia che fondeva acque e cielo. Si coricò, smaniò, si agitò, finalmente si addormentò."

"Oltre l'ordinata confusione fiorita, lontano, vi era il lago: carico di scintille. Ma come il sole moriva, le scintille qua e là argentee si facevano rosse: come fiammelle che dessero l'ultima vampa prima di spegnersi."

"Gipsy lo guardava incantata. Vi era da qualche istante, nei suoi occhi leali, una specie di adorazione per lui. Ma era un'adorazione fatta anche di malinconia, di umiltà, come se ella adorasse qualcuno a lei assai, assai superiore e da quella superiorità ella si sentisse schiacciata."

"[Gipsy] aprì la finestra. Volse la faccia alle stelle, aspirò il profumo della notte di estate. Fu la quiete del giardino, la pace notturna, il bisogno di sentirsi l'aria attorno che la invitarono a scendere nel giardino. (...) Camminò per quel raggio di luce che saettava fuori dall'ingresso. Girò attorno alla casa, guidata dal loro profumo raggiunse le piante di gigli. Crescevano in un piccolo spazio erboso: su quello spazio ella sedette. Serrò fra le braccia le ginocchia rialzate, puntò il mento su le ginocchia e permise al suo mondo di esserle attorno. (...) Ebbe uno sguardo pieno d'angoscia, uno sguardo di addio. Si abbandonò sul piccolo spazio erboso, tese le braccia, disperata, sentì la frescura dei lunghi, sottili, diritti gambi dei gigli, rabbiosamente li strappò, un fiore le cadde sulla faccia bagnata di pianto. Allora, bocconi, le labbra sul fiore strappato, ella sperò di morire. Si accorse di bagnare l'erba con le lacrime e la saliva, si accorse di essere anche troppo infelice, inarcò la schiena, si sollevò puntando le mani, si accorse che la notte era diventata più chiara. "Forse nasce la luna", pensò."

"Si era anche lui seduto [Zoldan] sul piccolo spazio erboso. Il profumo dei gigli morenti era acuto e delizioso a un tempo. Nella penombra egli vedeva  Gipsy chiusa nella vestaglia (...) Ma aveva soltanto voglia di baciarla. Triste e disperata, amara e smarrita, gli stava accanto in quella notte chiara tutta adorna di stelle. Nell'aria profumata, sul piccolo spazio erboso, con quei gigli morti accanto, Gipsy era infinitamente adorabile. E glielo disse baciandola."

"Gipsy entrò in casa e chiuse adagio la porta. Salì nella sua camera, le finestre erano spalancate e lei incontrò se stessa nella lastra lucida dello specchio. Si accorse di avere le labbra quasi bianche. Andò verso il letto, esitò e poi piombò supina su di esso. Un gran freddo la prese per tutto il corpo, e a un tempo mille dolori la tormentarono. Le tempie le dolevano, la testa girava e il sangue pareva esserle sfuggito tutto dalle vene. "Forse io sono morta", balbettò. E quel pensiero la colmò di gioia. La morte avrebbe risolto tutto."

"La luce del giorno smoriva. Le rose che erano nella sua camera illanguidivano l'aria. D'improvviso, tolta dall'atmosfera artificiale nella quale si era tuffata fino a poco prima, lei sentì tutta la sua disperata solitudine e tutta la sua perduta gioia. Una sensazione imprecisa, scura, non fuggevole, l'afferrò. Percepì un malessere insolito che le fasciava le tempie. Sentì pesarle il cuore. (...) Il giorno declinava senza splendori. E lassù? Forse il sole, lassù, era tutto rosso e le belle isole si ammantavano di un verde più cupo che qua e là, per il sanguinare del sole, prendevano riflessi cuprei."

"Lasciò cadere la fronte sulla spalla di lui e pianse. In quel pianto vi era tutto il suo stupendo mondo ridotto a macerie. E dopo aver detto addio al mondo stupendo, lei diceva addio anche alle macerie e andava, decisa, verso la sua nuova vita."

"Gipsy cara! Io ho tanta paura anche di un'ombra che ti viene proiettata sul viso. Temo sia un'ombra nata in te." "Nessuna ombra deve farti paura. E nemmeno qualche eventuale rimpianto."

"L'uomo autunnale si guardò a lungo nello specchio: in verità la primavera era ben lontana da lui, ma il suo autunno era rigoglioso e bello. Era un autunno da lago italiano: ne ricordava uno, sul Lario. Le sponde erano ricche di fronde e di verde, i monti erano freschi di colore, il lago azzurro e in pace. Fiori non ve ne erano più, ma che importava se tutto era bello, illuminato dal sole, colmo di rami e foglie? E non era lui forte e sano e il sole non lo aveva anche lui, nell'anima? Capì di volersi illudere. Il suo era un sole pallido: davanti al quale avanzava una nuvola. Se non fosse riuscito a scacciare quella nuvola, a farla dissolvere, ad annullarla, il suo sole sarebbe scomparso. Lo sapeva bene."

"Si sentiva livido. Raccolse un po' di forza per ricomporre il suo viso, per dissimulare la sua ambascia; si alzò, fece qualche passo. Sentì passare dentro di sé un pianto accumulato insieme a tante ribellioni. Lo afferrò anche il bisogno di fuggire, di allontanarsi da quel suo grande amore."

"Un chiarore violaceo salì repentinamente dal basso: era cominciato a piovere, pioggia sottilissima, totalmente autunnale."

"La domanda era facilmente uscita dalla bocca di Gipsy: ma il viso di lei pareva un impasto inerte di ambra pallida, di oro opaco, forse anche di rosa disfatta. Un viso che perdeva la vita, che entrava nella morte. I lunghi, grandi occhi risplendevano immoti, come laghi in un bosco nell'ora del crepuscolo. La sua stessa voce gli parve lontana e disperata."

"E lei si avviò. Con quel suo abito e con quel suo viso, aveva colmato la stanza di luce. Quando se ne fu andata, la stanza fu desolatamente vuota. E agli occhi dell'uomo, occhi abbacinati da quel folgorio, tutte le cose attorno già s'andavano scolorendo, a poco a poco."








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