"La Fine di una Valchiria" di Delly (Romanzi della Rosa)

Delly era lo pseudonimo di due fratelli: Jeanne-Marie (1875-1947) e Frédéric Petitjean de la Rosière (1876-1949)  che scrissero 105 libri, usciti in Italia nella collana  "I Romanzi della Rosa". Ebbero un gran successo e vendettero milioni di copie.

Trama: La bella Brunilde di Halweg ama l'affascinante conte Boris Vlavesky; ma il bell'ufficiale non si lascia prendere nelle sue reti, ed ella sposa il cugino di lui, Cirillo Vlavesky. Ma quale mistero nasconde la vita di quella donna ambiziosa, incapace di qualsiasi rinuncia? L'appassionante descrizione delle lotte, dei tradimenti, delle misteriose vicende, si svolge mirabilmente nel vivido quadro della Russia degli Zar.

Gli stralci più belli:

"Buono e debole, vanitoso per ciò che concerneva le sue aspirazioni letterarie, Cirillo appariva un uomo facilmente plasmabile. D'altra parte l'ammirazione mista a timore che la giovane scorgeva negli occhi di lui bastava a manifestarle qual sorta di sentimenti la sua bellezza avesse provocati. Era una creatura singolare, Brunilde: fredda in apparenza, orgogliosa e dura, ma dotata tuttavia di un fascino altero quale si può immaginare possedessero le Valchirie selvagge che, nel Valhalla, servono l'idromele ai guerrieri germanici. Quando essa parlava, il suo viso rimaneva calmo, ma sotto la bianchezza dell'epidermide si indovinava il sangue ardente, mentre negli sguardi mutevoli passavano bagliori subitanei come lampi nella notte."

"Il castello di Neidelberg era un'immensa costruzione grigia e pesante, di cui una parte spariva sotto un folto manto d'edera. Due torri si ergevano ai lati, sinistre d'aspetto sotto il rivestimento nero delle pietre, con le feritoie munite d'inferriata. Tutt'intorno, a poca distanza, crescevano macchie che si prolungavano molto lontano: solo uno spazio ristretto era stato riserbato per un piazzale meschino, scarsamente adorno di vasi di fiori e statue di pietra.  Tale fu la dimora che apparve a Boris quando un'automobile lo condusse a Neidelberg, in un oscuro pomeriggio del principio di marzo."

"Automaticamente, in quel momento, Boris volse gli occhi verso Brunilde. Ella lo guardava come se lui solo esistesse per lei in quella folla di invitati, e nelle sue pupille strane egli lesse una confessione appassionata. Il suo orgoglio ne provò un senso gradevole; la sua curiosità s'acuì. Quella donna altera non era una conquista comune, ma ciò che più lo attraeva era di studiare in lei l'effetto dell'amore. (...) egli andò a sedere accanto a Brunilde. Essa lo accolse col suo sorriso enigmatico, ma Boris s'avvide che le labbra di lei tremavano e che gli occhi s'incoloravano d'azzurro.  Era straordinariamente bella, quella sera. Il vestito di velluto viola, che per il colore e gli ornamenti avrebbe fatto sfigurare qualsiasi altra, lei si addiceva mirabilmente. Sul casco scuro dei capelli uno scarabeo di smeraldi e brillanti mandava bagliori ad ogni movimento ch'ella facesse."

"Ella guardava Boris, ed egli rivide negli occhi di lei, d'un azzurro intenso, l'orgoglio vinto, la sottomissione amorosa, l'offerta che Brunilde di Halweg gli faceva del suo cuore fino allora invincibile. Ne distolse lo sguardo con una lieve impazienza e un po' di sdegno."

"... che la loro dolcezza amorevole si animasse d'una fiamma ardente, quale l'aveva veduta talvolta, da qualche tempo, nello sguardo di Boris, ed anche quel giorno stesso... (...) Improvvisamente, infatti, un velo s'era squarciato davanti a lei. L'amore si rivelava al suo cuore ingenuo... (...) Teneva le mani incrociate sul petto come per comprimere i battiti del cuore agitato da un turbamento violento.  L'amore! Era forse ciò ch'ella risentiva per lui?... Era quella tenerezza ardente, assoluta, quell'ammirazione, quella devozione senza limiti? Era l'ebbrezza strana che la faceva fremere quella sera, mentre pensava a lui? Un soffio d'aria profumata accarezzava la fronte china della fanciulla: tutte le rose del giardino le mandavano i loro effluvi inebrianti. Essa perdette la nozione del tempo e del luogo in cui si trovava... il suo cuore e la sua mente erravano in un sogno maraviglioso: Boris solo esisteva per lei... Boris, con lo sguardo appassionato che aveva in quel pomeriggio...  A un tratto un gelo la colse, poiché le era balenato alla mente questo pensiero tremendo: "Avrò egli guardato anche l'altra così?"

"Tutti e due erano oppressi da quel soffio infocato d'amore passato or ora sui loro cuori inebriati. (...) Egli vide di nuovo gli occhi di lei illuminati da un amore fervido, e così belli, ma così belli, ch'egli dimenticò un'altra volta la sua promessa nell'ebbrezza in cui quello sguardo lo tuffava. (...) Le palpebre di lei s'abbassarono sui suoi occhi pieni di turbamento e di gioia. In quell'istante ella dimenticava tutti i suoi dubbi, tutti i suoi timori: l'amore la rapiva nel suo turbine vertiginoso, senza lasciarle gettare uno sguardo dietro a sé. Tacevano entrambi: Boris con un gesto soave e lento aveva preso la mano d'Aniuta e attendeva ch'ella parlasse: attendeva senza timore, sapendo bene che, con tutto il cuore, ella era già sua."

"S'avvicinarono cautamente: era un corpo di donna, il cui viso era volto, verso il suolo. Boris mormorò: "è Brunilde!" Rosa, istintivamente, indietreggiò di qualche passo, tanto grande era il terrore che quella donna ispirava a chi le viveva accanto; ma il conte s'avanzò e, nonostante la repulsione che provava, voltò il corpo immobile.  Allora gli apparve, completamente sfigurato, il bel viso che aveva sbattuto violentemente sul suolo roccioso: un sogghigno atroce contraeva la bocca sui denti aguzzi, mentre gli occhi sbarrati, vitrei, serbavano un'espressione di spavento: la gola era forata dalla palla della rivoltella di Boris, la quale aveva traversato il collo, recidendo la carotide.  Il vestito della giovane donna e il suolo intorno a lei erano coperti del sangue uscito dalla ferita mortale.  Così finiva Brunilde di Halweg, la donna dal cuore spietato, dall'anima perfida, l'orgogliosa Valchiria il cui motto, desunto da quello che trascinava allora l'impero germanico alla rovina, avrebbe potuto essere: "Io, la mia volontà, le mie passioni, al di sopra d'ogni umanità" Periva in tal guisa miseranda, per mano del solo uomo ch'ella avesse amato, dopo aver dato il colpo mortale al debole e sventurato sposo che l'odio suo aveva già condotto presso alla tomba."

Infine riporto la leggenda del calice che viene raccontata alle pagine 310-311. Non so se sia presa da qualche mito norreno o se la siano inventati i Delly, ma è molto suggestiva.

"Ora vi racconterò la leggenda che si riferisce a questo vaso: è abbastanza interessante, come vedrete. In un tempo remoto viveva qui uno dei nostri antenati: Eitel, che aveva una figlia unica, mirabilmente bella, Neila, fidanzata di Sigfrido, giovane principe di Franconia, ch'ella amava teneramente.  Ma un giorno il dio Thor, passando per di qui la vide, se ne innamorò, e volle subito che la fanciulla lo seguisse nel Valhalla: essa però resistette, dichiarando che voleva rimanere fedele al fidanzato.  Allora Thor fece portare questo calice, foggiato nella fucina degli Dei, e lo riempì della bevanda di cui s'inebriava Wotan nei giorni di gran tripudio. Bevve anzittutto, poi costrinse la fanciulla a finire quella bevanda divina.  Subito gli occhi di lei si disuggellarono: vide Thor qual era: potente, temibile, padrone della terra sulla quale poteva scagliare a suo piacimento la folgore, e fin da quell'istante lo amò e fu sua schiava. Egli la condusse con sé al Valhalla e Wotan consentì a darle i privilegi delle Dee.  Il calice fu dimenticato qui, dove il fratello di Neila lo conservò; di poi venne trasmesso di generazione in generazione.  Una credenza superstiziosa si riconnette ad esso.  Per secoli e secoli le donne della casa di Halweg vi bevvero dopo l'uomo amato per assicurarsi in tal modo la fedeltà di lui. La storia non dice se il risultato corrispose al loro desiderio; ma sperare è sempre dolce... è sempre dolce immaginare che l'amore risponderà all'amore..." Parlava con voce lenta, con un ardore contenuto, continuando a fissare sul conte i suoi occhi strani, ch'erano in quel momento d'un azzurro intenso, d'un fascino perturbatore. La sua testa, d'una bellezza altera, s'appoggiava alla spalliera della poltrona; il braccio, d'una bianchezza marmorea, riposava sul bracciolo di quercia; nel vestito di velluto, seduta lì, sembrava un'orgogliosa castellana d'altri tempi che ricevesse un cavaliere nella sala bassa della sua torre."


Vedi anche: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/09/figlia-del-mistero-dei-delly-romanzi.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/09/orgoglio-domato-dei-delly-romanzi-della.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/10/delly-liala-gli-stralci-piu-belli.html  https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/10/i-romanzi-della-rosa-e-dei-delly.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/02/i-romanzi-il-fiordaliso-collana-di.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/01/romanzi-rosadrammi-e-feuilleton-degli.html  https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/02/sogni-proibiti-di-noel-romanzi-della.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/04/la-colomba-del-castello-dei-delly.html https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/12/la-sua-ora-di-elinor-glyn-romanzi-della.html

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