Trama: Due anni prima Marisa aveva abbandonato Gabriel, il marito, e per non farsi ritrovare, si era nascosta tra la folla anonima della Grande Londra. Non si era mai considerata una vera moglie per quell'uomo autoritario e snob, sempre circondato da parenti e tirapiedi, che l'aveva coperta di regali e gioielli fino a soffocarla... Ma in due anni le cose sono cambiate. Lei, Marisa, è cambiata: e adesso ha Jamie, il figlio che ha allevato da sola, che adora e che le ha ridato fiducia in se stessa e nella vita. Un giorno, però, Jamie scompare, vittima di un rapimento... e il mondo di Marisa crolla... e Gabriel la ritrova...
Commento di Lunaria: Ci risiamo! Come "Notturno" (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/05/notturno-di-charlotte-lamb-collezione.html) e "Possesso" (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2019/05/possesso-di-charlotte-lamb-collezione.html), "Obbligo d'Amare" (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/01/obbligo-damare-di-charlotte-lamb.html), "E le Mura Caddero" (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/08/e-le-mura-caddero-di-charlotte-lamb.html) "Lo Sconosciuto di quella Notte" (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/01/lo-sconosciuto-di-quella-notte-di.html) anche "Rapimento" di Charlotte Lamb è un romanzo Rosa atipico, che presenta quello che ormai possiamo considerare "l'argomento preferito dell'Autrice": l'uomo ricco, potente, megalomane e la donna vittima, innamorata, che pure cerca di ribellarsi, di andarsene, di cambiare sentimenti ma non ci riesce.
Charlotte Lamb in ben tre romanzi
ha presentato "lo stesso tipo di personaggi" anche se in "Rapimento" il protagonista, Gabriel, non è così tremendo come Steve ("Notturno") e Dan ("Possesso") perché riesce a mitigare in parte la sua possessività e la sua megalomania "intenerendosi" per il figlioletto Jamie, rapito da una donna rimasta traumatizzata dalla perdita del proprio bambino.
Esattamente come le eroine precedenti (Lisa e Cordelia) anche Marisa è fragile, debole, incapace di sottrarsi a Gabriel (anche se ci prova per tutto il romanzo...) e come anche nei romanzi precedenti salta sempre fuori il fantasma della violenza fisica.
Potrei infatti "riciclare" quanto già scrissi nelle precedenti recensioni. Esattamente come Lisa e Cordelia anche Marisa è un personaggio tragico: vorrebbe ribellarsi e non riesce a farlo, malgrado ci sia in gioco la sua dignità (e, in un paio di passaggi, a pagina 70 e 71, per esempio, anche la sua incolumità)
Perché l'Autrice ha scritto ben tre romanzi incentrati sulla stessa tematica (l'uomo cinico, manipolatore e possessivo e la donna debole vittima che si sottomette)? Riflettono una vicenda autobiografica o una sottile misoginia introiettata?
E come già dicevo per "Notturno" e "Possesso", anche "Rapimento" è scritto benissimo, con una profondità psicologica e un buon ritmo, che molto spesso manca in romanzi rosa "più frivoli e leggerini", ma è decisamente un "rosa disturbante", per chi abbia letto libri come questi: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/11/non-e-amore.html
e conosce i meccanismi di dipendenza amorosa dall'altro.
PER CUI, LEGGETE CON ATTENZIONE QUESTO POST: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/11/non-e-amore.html
Tuttavia, rispetto a "Notturno" e "Possesso", "Rapimento" non calca troppo i toni compiacendosi di descriverci gli scatti iracondi dell'uomo (che solo per un soffio si trattengono dallo sfociare in femminicidi), risulta molto più "soft" rispetto agli altri due romanzi anche se presenta Marisa, giovanissima ragazza-madre, come "oggetto di proprietà" di Gabriel, che ovviamente è ricchissimo e abituato ad avere subito quello che vuole, mentre lei non vuole essere "la docile moglie-bambola" (qualcuno ricorderà la Nora di Ibsen... ma anche il disagio femminile delle casalinghe "segregate in comodi lager domestici" narrato in libri come "La Mistica della Femminilità")
In conclusione, e consapevole che ho volutamente riscritto quanto dissi parlando di "Notturno" e "Possesso", anche "Rapimento" resta un ottimo romanzo - ben narrato, con personaggi complessi e vividi, descritti a tutto tondo, scene profonde - quindi ne consiglio la lettura (e se li trovate, leggeteli tutti e tre, a mo' di trilogia)
Charlotte Lamb è sicuramente la scrittrice di genere Rosa che più mi ha suscitato perplessità. Ho apprezzato il suo modo di scrivere, ma mi ha decisamente inquietato e disturbato. E si badi bene: io non sono contraria all'Horror. Anzi, lo amo come genere. Solo che se voglio leggere un romanzo Rosa non mi aspetto di trovarci dentro situazioni inquietanti e angoscianti di mariti o ex mariti che "menano le mani" e stalkerizzano. Se ho voglia di questo tipo di atmosfere, mi leggo - appunto - un romanzo Horror o Thriller. E non un romanzo che "dovrebbe essere Rosa"
Ammesso e non concesso che i suoi tre romanzi presi in esame possano definirsi "Rosa", visto che nelle storie di questa Autrice si respirano lacrime femminili, uomini dispotici, un senso di condanna senza via d'uscita, dialoghi cinici, possesso maschile che arriva quasi al "rapimento" se non al quasi-stupro, gelosia patologica, donne deboli e incapaci di staccarsi da storie sentimentali tossiche, il tutto narrato in pagine decisamente pesanti ed inquietanti nell'atmosfera.
Ripeto: Charlotte Lamb scrive benissimo, le storie sono avvincenti, ma qui non siamo dalle parti del Rosa, siamo piuttosto dalle parti del dramma tutto al femminile, di una debolezza, della mancanza di autostima, della vittima-sacrificale immolata all'altare del cinismo strafottente maschilista che considera la donna "una sua proprietà, una bambola da dominare". E queste cose sono tematiche fisse che compaiono in ben tre libri di questa Autrice (peraltro, molto prolifica)
Più che far sognare ad occhi aperti e intrattenere, i tre romanzi di Charlotte Lamb inquietano e sembrano quasi suggerire alla lettrice di evitare rapporti con gli uomini... Che sia stato questo, in realtà, il vero scopo dell'Autrice? Terrorizzare le sue lettrici? Suggerire che è meglio stare alla larga dagli uomini? Come negli altri due libri, per giunta, ricompare lo spettro della violenza fisica, con Gabriel che a pagina 63 schiaffeggia Marisa. Come può essere fatta passare per una storia d'amore sano?!
Certo, "Notturno" era molto più pesante in tal senso, ma anche solo uno schiaffo è grave.
Rispetto agli altri due romanzi, comunque, in "Rapimento" le scene di sesso sono pressoché inesistenti, il libro è incentrato soprattutto sull'angoscia e le ore di attesa di Marisa, a seguito del rapimento del figlioletto, e sui tentativi di "ri-sedurla" di Gabriel. Ripeto, il tutto è narrato molto bene, con profondità, e "sa prendere" la lettrice.
Quanto all' "innamoramento" che la triade Lisa\Cordelia\Marisa provano per Steve\Dan\Gabriel, bhè, deve essere chiaro che NON è amore, ma masochismo e sudditanza psicologica femminile. Che può - anzi, deve - essere raccontata anche a fine di "finzione romanzesca" ma sempre con la consapevolezza che nella realtà storie "sentimentali" del genere sono pericolose e vanno denunciate per quello che sono: possessività morbosa, stalking e stupro coniugale. Perciò nel 2019 non facciamo passare queste cose (che esistono da sempre, a monte fomentate anche da ideologie androcentriche religiose) come "amore tra uomo e donna" e "comportamenti che un uomo ha per dimostrare che ama la donna" perché sono meccanismi perversi che andrebbero estirpati e non "sentimentalizzati" o "erotizzati" come "forme di amore dell'uomo verso la donna" così come la passività docile e la sottomissione di Lisa\Cordelia\Marisa non vanno fatte passare come "amore e abnegazione femminile all'uomo dei propri sogni."
Qui di seguito evidenzio le frasi che segnalano pericolosi "campanelli d'allarme" che, se succedono nella realtà, non devono essere sottovalutati.
In sintesi: se un uomo si comporta così, come i personaggi maschili ideati da Charlotte Lamb, lasciatelo immediatamente e chiedete protezione a chi è competente se vi sentite in pericolo. Tenete conto di queste cose, testimoniatele con prove e rivolgetevi a chi monitora queste cose.
Chi mette addosso le mani, minaccia di uccidere, considera l'altro\a una sua proprietà, fa subire atti sessuali senza chiedere il permesso, è una persona pericolosa. Non è amore, non è innamorato di voi e non importa quanto sia bello o seducente, la VOSTRA VITA e la vostra incolumità è più importante dell'"amore" (degenerato e masochistico) che sentite "per lui" o che lui "dice di sentire per voi".
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua mano le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli aveva lanciato accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita del tutto isolata perché da quel momento aveva visto in lui l'estraneo, l'egocentrico che non solo la considerava una sua proprietà ma la biasimava per avere l'ardire di pensare con la propria testa."
Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli indurì la linea della bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio che mi tocchi." Lui si arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa un accidente di quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto per causa tua, chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa facevi... e adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti tocchi? Potrei ucciderti, sai?"
Gabriel storse la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò con voce strozzata. "Perché [le mie mani] te le sentirai addosso, e non ti piacerà!" Le lasciò ricadere su di lei con tale violenza da toglierle ogni residuo di coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò, ansante, a subire un bacio che voleva punirla, che non procurava piacere ma soltanto dolore."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può costringere nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté Marisa. Lui aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a forzarla a fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle ragioni che l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente come una sua proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi, inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la strinse a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e alla base del collo. (...) Non aveva speranza di sfuggirgli. E in quel momento rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e l'aveva picchiata, lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti, continuando a scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò nemmeno di liberarsi."
Le pagine più belle:
"Anche Gabriel era una realtà, d'accordo: esisteva... da qualche parte, ma lontano dal suo mondo. Ruotava come una stella nera in un'orbita troppo distante dalla sua perché potesse trovarla."
"Per un attimo rimase immobile, tremante, accettando il fatto che la sua fuga fosse terminata. Gabriel l'aveva trovata. Sapeva che sarebbe successo fin dal momento in cui aveva saputo che la sua fotografia era apparsa sul giornale. Ma non si era aspettata che arrivasse così presto. O aveva perso a tal punto la cognizione del tempo da non sapere neppure più che ora fosse?"
"Lei ricordava con spaventosa lucidità il giorno in cui vi era entrata per la prima volta. Si era sentita molto piccola e giovane quando Gabriel le aveva fatto superare il cancello, e i suoi occhi colmi di paura si erano posati sulla casa. Avrebbe voluto fuggire già allora, dato che aveva capito subito che non avrebbe mai provato la sensazione di appartenere a quel posto. Aveva vent'anni, quel giorno, ma se n'era sentita dieci mentre Gabriel l'aiutava a scendere dalla macchina e la conduceva verso il portico decorato di stucchi. Le era stato impossibile spiegargli quello che provava: a quell'epoca osava appena rivolgergli la parola. Era riuscita soltanto a guardarlo da sotto le ciglia, attonita e incerta, incapace di credere di essere davvero sua moglie. Come avrebbe potuto Gabriel capire quello che lei provava? Per lui era tutto normale, noto, addirittura familiare. (...) Tra loro esisteva un abisso... si conoscevano soltanto da poche settimane, allora, e lei non sapeva come fare a parlargli, non sapeva come fosse realmente, non sapeva nemmeno perché l'avesse sposata e che cosa provasse nei suoi confronti. Sapeva solo perché lei lo aveva sposato, ed era qualcosa su cui preferiva non fermare la mente... "
"Non aveva mai avuto l'impressione che i doni che lui le aveva fatto fossero suoi. Erano caduti intorno a lei come una pioggia d'oro e lei se n'era staccata, semplicemente (...) Marisa non li aveva mai sentiti suoi. Non avevano nessun legame con lei: erano solo ornamenti che doveva indossare quando Gabriel la portava in società, simboli della loro condizione sociale, la dimostrazione esteriore che lei era la moglie di Gabriel Radley. Ma nel suo intimo aveva sempre saputo di non esserlo affatto: era stata soltanto un giocattolo che lui aveva voluto acquistare d'impulso, un altro oggetto da aggiungere ai molti che già possedeva."
"Era rimasta inerte fra le sue braccia, la bocca fremente, e dopo un gemito lui aveva preso a baciarla con ardore. Lei non aveva nemmeno tentato di ricambiarlo: il suo abbandono non era frutto di una passione nascosta, la sua eccitazione era per metà paura, la sua docilità per metà resistenza passiva."
"Il senso di isolamento era aumentato nei mesi successivi anche perché Gabriel passava lunghi periodi lontano da lei. Nell'immensa ed elegante casa a lei estranea, Marisa si era sentita sempre più tagliata fuori dalla vita. Non sapeva come trattare la servitù né gli ospiti, tutte persone appartenenti al mondo di Gabriel, che guardavano a lei, la sua pallida e giovane moglie, con un misto di pietà e disgusto. (...) Gabriel era talmente ricco che si era sempre comperato tutto quello che aveva voluto (...) Lei si era sentita uno degli oggetti che lui aveva acquistato e che accarezzava divertito quando non aveva niente di meglio da fare. Non erano riusciti a comunicare; non avevano niente da dirsi, non si conoscevano; non avevano niente in comune."
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua mano le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli aveva lanciato accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita del tutto isolata perché da quel momento aveva visto in lui l'estraneo, l'egocentrico che non solo la considerava una sua proprietà ma la biasimava per avere l'ardire di pensare con la propria testa."
"Aveva già conosciuto la sensazione di dover trascorrere la vita in amara solitudine, e quando aveva guardato al futuro, era stato questo il quadro che le era apparso."
"Le tremarono le labbra. Erano state molte le ragioni per le quali aveva tenuto segreta la nascita di Jamie: non aveva voluto ritornare da lui; aveva paventato di diventare di nuovo una bambola nella sua lussuosa casa di bambole; era certa che, se lui avesse saputo di suo figlio, se lo sarebbe preso..."
"Gabriel era così forte! Il suo corpo possedeva una solidità che un tempo l'aveva spaventata, ma ora, in quell'attimo di debolezza, le infondeva un senso di tranquillità. Il ritmo del suo cuore era cambiato: era più veloce. E la mano che si muoveva su e giù lungo la schiena non era più molto ferma. Sentì le sue labbra toccarle l'orecchio e seguirne la curva. "Sei anche tu piccola e delicata", le mormorò. "Dai l'impressione di poterti spezzare, se qualcuno ti tratta con rudezza. è stata questa la prima cosa che mi ha colpito di te... la tua fragilità. Volevo tenerti così e cullarti, sapendo che eri mia." Le parole sussurrate con voce roca la sconvolsero, risvegliandola dallo stato di trance in cui l'avevano tenuta le sue carezze. Si staccò, arrossendo, e gli allontanò la mano. "No!". Il viso di Gabriel s'incupì. Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli indurì la linea della bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio che mi tocchi." Lui si arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa un accidente di quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto per causa tua, chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa facevi... e adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti tocchi? Potrei ucciderti, sai?" Gli credeva. La furia compressa dentro di lui gli traspariva dagli occhi brucianti, dal sangue che gli ribolliva, dalle mani che gli tremavano. L'affrontò, terrorizzata ma decisa a non darlo a vedere, il mento rialzato con aria di sfida. "Sei tu che mi hai fatto tornare. Io non volevo venire. Non ho intenzione di rimanere. E non voglio sentirmi addosso le tue mani!" Gabriel storse la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò con voce strozzata. "Perché te le sentirai addosso, e non ti piacerà!" Le lasciò ricadere su di lei con tale violenza da toglierle ogni residuo di coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò, ansante, a subire un bacio che voleva punirla, che non procurava piacere ma soltanto dolore. Con una mano le afferrò i neri capelli sciolti, forzandole la testa all'indietro per immobilizzarla. Non aveva speranza di sfuggirgli. E in quel momento rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e l'aveva picchiata, lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti, continuando a scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò nemmeno di liberarsi. Poi lui la fissò e vide la sua paura, il suo pallore, il tremito delle sue labbra. Strinse la mascella per controllare la sua collera, poi la lasciò e si rialzò, voltandole le spalle."
"Lui l'aveva costretta al matrimonio prima che avesse avuto il tempo di riflettere e soprattutto di scoprire che cosa provava per lui. Anche la passione fisica esistente fra loro aveva avuto carattere illusorio: troppo timida per manifestare la propria passione, si era limitata a subire passivamente quella di lui, a volte persino irritata dalla propria sottomissione. Ma col nascondere i pensieri e controllare le emozioni, aveva creato dentro di sé un muro che aveva escluso Gabriel dalla sua mente e l'aveva fatta rinchiudere sempre più in se stessa."
"Il profondo abisso silenzioso, che un tempo esisteva tra di loro, in quell'ultima ora si era richiuso e lei non capiva più niente."
"Marisa riattaccò il ricevitore con un senso di malinconia: la fine di qualcosa è sempre triste anche quando è l'inizio di un futuro migliore. La natura umana non accetta l'idea della fine. (...) Proprio il fatto di rifuggire da ogni emozione l'aveva tenuta sospesa in un vuoto gelido per anni, e il ricordo di quella provata in sogno la perseguitò."
"Si rispose che non era psichicamente pronta ad affrontare una decisione circa il suo matrimonio: voleva avere il tempo per riflettere. Gabriel era rientrato troppo all'improvviso nella sua vita, dopo oltre due anni di assenza. Il loro primo periodo insieme si era concluso in un disastro perché lei non era riuscita a comprenderlo né a conoscere se stessa. Non voleva ripetere più quell'amara esperienza: questa volta voleva prendere una decisione ben ponderata."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può costringere nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté Marisa. Lui aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a forzarla a fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle ragioni che l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente come una sua proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi, inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la strinse a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e alla base del collo. Un'ondata di calda eccitazione le offuscò d'un tratto la mente, e lei si abbandonò. (...) Adesso Marisa respirava affannosamente, conscia del corpo virile sotto il suo, della calda pressione reciproca. Si sentì bruciare dentro e insieme provò la sensazione che le ossa le si stessero sciogliendo. Ma, contro la sua eccitazione, combattevano le vecchie paure: il terrore della perdita, la fuga dall'emozione. Avrebbe voluto cedere, ma non poté. (...) Era straziata fra l'attrazione e la paura dell'abisso: una parte di lei era desiderosa di abbandonarsi, e l'altra lottava per allontanarsi dal precipizio, intuendo che questa volta la resa sarebbe stata totale. (...) "No", bisbigliò lei. La sua paura cresceva in proporzione al desiderio di lui e al proprio."
"Ecco qual era l'ostacolo: la possessività di Gabriel... la sua arroganza... la certezza di ottenere sempre quello che voleva... Era quello che la bloccava e le impediva di dimostrargli i suoi sentimenti."
"L'amore non è una questione di lealtà. Non c'è giustizia nell'amore. E adesso rispondimi." Lei si abbandonò, sentendosi debole e sottomessa, e chinò il viso appoggiandogli la testa contro l'ampia spalla, così forte e protettiva sotto la sua guancia."
Di Charlotte Lamb ho recensito anche "Il Ragazzo della Spiaggia" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/03/il-ragazzo-della-spiaggia-di-charlotte.html "La Torre nel Bosco" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/10/la-torre-nel-bosco-di-charlotte-lamb.html "Un altro uomo, un'altra vita" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/05/un-altro-uomo-unaltra-vita-di-charlotte.html
Tuttavia, rispetto a "Notturno" e "Possesso", "Rapimento" non calca troppo i toni compiacendosi di descriverci gli scatti iracondi dell'uomo (che solo per un soffio si trattengono dallo sfociare in femminicidi), risulta molto più "soft" rispetto agli altri due romanzi anche se presenta Marisa, giovanissima ragazza-madre, come "oggetto di proprietà" di Gabriel, che ovviamente è ricchissimo e abituato ad avere subito quello che vuole, mentre lei non vuole essere "la docile moglie-bambola" (qualcuno ricorderà la Nora di Ibsen... ma anche il disagio femminile delle casalinghe "segregate in comodi lager domestici" narrato in libri come "La Mistica della Femminilità")
In conclusione, e consapevole che ho volutamente riscritto quanto dissi parlando di "Notturno" e "Possesso", anche "Rapimento" resta un ottimo romanzo - ben narrato, con personaggi complessi e vividi, descritti a tutto tondo, scene profonde - quindi ne consiglio la lettura (e se li trovate, leggeteli tutti e tre, a mo' di trilogia)
Charlotte Lamb è sicuramente la scrittrice di genere Rosa che più mi ha suscitato perplessità. Ho apprezzato il suo modo di scrivere, ma mi ha decisamente inquietato e disturbato. E si badi bene: io non sono contraria all'Horror. Anzi, lo amo come genere. Solo che se voglio leggere un romanzo Rosa non mi aspetto di trovarci dentro situazioni inquietanti e angoscianti di mariti o ex mariti che "menano le mani" e stalkerizzano. Se ho voglia di questo tipo di atmosfere, mi leggo - appunto - un romanzo Horror o Thriller. E non un romanzo che "dovrebbe essere Rosa"
Ammesso e non concesso che i suoi tre romanzi presi in esame possano definirsi "Rosa", visto che nelle storie di questa Autrice si respirano lacrime femminili, uomini dispotici, un senso di condanna senza via d'uscita, dialoghi cinici, possesso maschile che arriva quasi al "rapimento" se non al quasi-stupro, gelosia patologica, donne deboli e incapaci di staccarsi da storie sentimentali tossiche, il tutto narrato in pagine decisamente pesanti ed inquietanti nell'atmosfera.
Ripeto: Charlotte Lamb scrive benissimo, le storie sono avvincenti, ma qui non siamo dalle parti del Rosa, siamo piuttosto dalle parti del dramma tutto al femminile, di una debolezza, della mancanza di autostima, della vittima-sacrificale immolata all'altare del cinismo strafottente maschilista che considera la donna "una sua proprietà, una bambola da dominare". E queste cose sono tematiche fisse che compaiono in ben tre libri di questa Autrice (peraltro, molto prolifica)
Più che far sognare ad occhi aperti e intrattenere, i tre romanzi di Charlotte Lamb inquietano e sembrano quasi suggerire alla lettrice di evitare rapporti con gli uomini... Che sia stato questo, in realtà, il vero scopo dell'Autrice? Terrorizzare le sue lettrici? Suggerire che è meglio stare alla larga dagli uomini? Come negli altri due libri, per giunta, ricompare lo spettro della violenza fisica, con Gabriel che a pagina 63 schiaffeggia Marisa. Come può essere fatta passare per una storia d'amore sano?!
Certo, "Notturno" era molto più pesante in tal senso, ma anche solo uno schiaffo è grave.
Rispetto agli altri due romanzi, comunque, in "Rapimento" le scene di sesso sono pressoché inesistenti, il libro è incentrato soprattutto sull'angoscia e le ore di attesa di Marisa, a seguito del rapimento del figlioletto, e sui tentativi di "ri-sedurla" di Gabriel. Ripeto, il tutto è narrato molto bene, con profondità, e "sa prendere" la lettrice.
Quanto all' "innamoramento" che la triade Lisa\Cordelia\Marisa provano per Steve\Dan\Gabriel, bhè, deve essere chiaro che NON è amore, ma masochismo e sudditanza psicologica femminile. Che può - anzi, deve - essere raccontata anche a fine di "finzione romanzesca" ma sempre con la consapevolezza che nella realtà storie "sentimentali" del genere sono pericolose e vanno denunciate per quello che sono: possessività morbosa, stalking e stupro coniugale. Perciò nel 2019 non facciamo passare queste cose (che esistono da sempre, a monte fomentate anche da ideologie androcentriche religiose) come "amore tra uomo e donna" e "comportamenti che un uomo ha per dimostrare che ama la donna" perché sono meccanismi perversi che andrebbero estirpati e non "sentimentalizzati" o "erotizzati" come "forme di amore dell'uomo verso la donna" così come la passività docile e la sottomissione di Lisa\Cordelia\Marisa non vanno fatte passare come "amore e abnegazione femminile all'uomo dei propri sogni."
Qui di seguito evidenzio le frasi che segnalano pericolosi "campanelli d'allarme" che, se succedono nella realtà, non devono essere sottovalutati.
In sintesi: se un uomo si comporta così, come i personaggi maschili ideati da Charlotte Lamb, lasciatelo immediatamente e chiedete protezione a chi è competente se vi sentite in pericolo. Tenete conto di queste cose, testimoniatele con prove e rivolgetevi a chi monitora queste cose.
Chi mette addosso le mani, minaccia di uccidere, considera l'altro\a una sua proprietà, fa subire atti sessuali senza chiedere il permesso, è una persona pericolosa. Non è amore, non è innamorato di voi e non importa quanto sia bello o seducente, la VOSTRA VITA e la vostra incolumità è più importante dell'"amore" (degenerato e masochistico) che sentite "per lui" o che lui "dice di sentire per voi".
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua mano le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli aveva lanciato accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita del tutto isolata perché da quel momento aveva visto in lui l'estraneo, l'egocentrico che non solo la considerava una sua proprietà ma la biasimava per avere l'ardire di pensare con la propria testa."
Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli indurì la linea della bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio che mi tocchi." Lui si arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa un accidente di quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto per causa tua, chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa facevi... e adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti tocchi? Potrei ucciderti, sai?"
Gabriel storse la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò con voce strozzata. "Perché [le mie mani] te le sentirai addosso, e non ti piacerà!" Le lasciò ricadere su di lei con tale violenza da toglierle ogni residuo di coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò, ansante, a subire un bacio che voleva punirla, che non procurava piacere ma soltanto dolore."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può costringere nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté Marisa. Lui aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a forzarla a fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle ragioni che l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente come una sua proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi, inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la strinse a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e alla base del collo. (...) Non aveva speranza di sfuggirgli. E in quel momento rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e l'aveva picchiata, lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti, continuando a scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò nemmeno di liberarsi."
Le pagine più belle:
"Anche Gabriel era una realtà, d'accordo: esisteva... da qualche parte, ma lontano dal suo mondo. Ruotava come una stella nera in un'orbita troppo distante dalla sua perché potesse trovarla."
"Per un attimo rimase immobile, tremante, accettando il fatto che la sua fuga fosse terminata. Gabriel l'aveva trovata. Sapeva che sarebbe successo fin dal momento in cui aveva saputo che la sua fotografia era apparsa sul giornale. Ma non si era aspettata che arrivasse così presto. O aveva perso a tal punto la cognizione del tempo da non sapere neppure più che ora fosse?"
"Lei ricordava con spaventosa lucidità il giorno in cui vi era entrata per la prima volta. Si era sentita molto piccola e giovane quando Gabriel le aveva fatto superare il cancello, e i suoi occhi colmi di paura si erano posati sulla casa. Avrebbe voluto fuggire già allora, dato che aveva capito subito che non avrebbe mai provato la sensazione di appartenere a quel posto. Aveva vent'anni, quel giorno, ma se n'era sentita dieci mentre Gabriel l'aiutava a scendere dalla macchina e la conduceva verso il portico decorato di stucchi. Le era stato impossibile spiegargli quello che provava: a quell'epoca osava appena rivolgergli la parola. Era riuscita soltanto a guardarlo da sotto le ciglia, attonita e incerta, incapace di credere di essere davvero sua moglie. Come avrebbe potuto Gabriel capire quello che lei provava? Per lui era tutto normale, noto, addirittura familiare. (...) Tra loro esisteva un abisso... si conoscevano soltanto da poche settimane, allora, e lei non sapeva come fare a parlargli, non sapeva come fosse realmente, non sapeva nemmeno perché l'avesse sposata e che cosa provasse nei suoi confronti. Sapeva solo perché lei lo aveva sposato, ed era qualcosa su cui preferiva non fermare la mente... "
"Non aveva mai avuto l'impressione che i doni che lui le aveva fatto fossero suoi. Erano caduti intorno a lei come una pioggia d'oro e lei se n'era staccata, semplicemente (...) Marisa non li aveva mai sentiti suoi. Non avevano nessun legame con lei: erano solo ornamenti che doveva indossare quando Gabriel la portava in società, simboli della loro condizione sociale, la dimostrazione esteriore che lei era la moglie di Gabriel Radley. Ma nel suo intimo aveva sempre saputo di non esserlo affatto: era stata soltanto un giocattolo che lui aveva voluto acquistare d'impulso, un altro oggetto da aggiungere ai molti che già possedeva."
"Era rimasta inerte fra le sue braccia, la bocca fremente, e dopo un gemito lui aveva preso a baciarla con ardore. Lei non aveva nemmeno tentato di ricambiarlo: il suo abbandono non era frutto di una passione nascosta, la sua eccitazione era per metà paura, la sua docilità per metà resistenza passiva."
"Il senso di isolamento era aumentato nei mesi successivi anche perché Gabriel passava lunghi periodi lontano da lei. Nell'immensa ed elegante casa a lei estranea, Marisa si era sentita sempre più tagliata fuori dalla vita. Non sapeva come trattare la servitù né gli ospiti, tutte persone appartenenti al mondo di Gabriel, che guardavano a lei, la sua pallida e giovane moglie, con un misto di pietà e disgusto. (...) Gabriel era talmente ricco che si era sempre comperato tutto quello che aveva voluto (...) Lei si era sentita uno degli oggetti che lui aveva acquistato e che accarezzava divertito quando non aveva niente di meglio da fare. Non erano riusciti a comunicare; non avevano niente da dirsi, non si conoscevano; non avevano niente in comune."
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua mano le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli aveva lanciato accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita del tutto isolata perché da quel momento aveva visto in lui l'estraneo, l'egocentrico che non solo la considerava una sua proprietà ma la biasimava per avere l'ardire di pensare con la propria testa."
"Aveva già conosciuto la sensazione di dover trascorrere la vita in amara solitudine, e quando aveva guardato al futuro, era stato questo il quadro che le era apparso."
"Le tremarono le labbra. Erano state molte le ragioni per le quali aveva tenuto segreta la nascita di Jamie: non aveva voluto ritornare da lui; aveva paventato di diventare di nuovo una bambola nella sua lussuosa casa di bambole; era certa che, se lui avesse saputo di suo figlio, se lo sarebbe preso..."
"Gabriel era così forte! Il suo corpo possedeva una solidità che un tempo l'aveva spaventata, ma ora, in quell'attimo di debolezza, le infondeva un senso di tranquillità. Il ritmo del suo cuore era cambiato: era più veloce. E la mano che si muoveva su e giù lungo la schiena non era più molto ferma. Sentì le sue labbra toccarle l'orecchio e seguirne la curva. "Sei anche tu piccola e delicata", le mormorò. "Dai l'impressione di poterti spezzare, se qualcuno ti tratta con rudezza. è stata questa la prima cosa che mi ha colpito di te... la tua fragilità. Volevo tenerti così e cullarti, sapendo che eri mia." Le parole sussurrate con voce roca la sconvolsero, risvegliandola dallo stato di trance in cui l'avevano tenuta le sue carezze. Si staccò, arrossendo, e gli allontanò la mano. "No!". Il viso di Gabriel s'incupì. Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli indurì la linea della bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio che mi tocchi." Lui si arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa un accidente di quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto per causa tua, chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa facevi... e adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti tocchi? Potrei ucciderti, sai?" Gli credeva. La furia compressa dentro di lui gli traspariva dagli occhi brucianti, dal sangue che gli ribolliva, dalle mani che gli tremavano. L'affrontò, terrorizzata ma decisa a non darlo a vedere, il mento rialzato con aria di sfida. "Sei tu che mi hai fatto tornare. Io non volevo venire. Non ho intenzione di rimanere. E non voglio sentirmi addosso le tue mani!" Gabriel storse la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò con voce strozzata. "Perché te le sentirai addosso, e non ti piacerà!" Le lasciò ricadere su di lei con tale violenza da toglierle ogni residuo di coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò, ansante, a subire un bacio che voleva punirla, che non procurava piacere ma soltanto dolore. Con una mano le afferrò i neri capelli sciolti, forzandole la testa all'indietro per immobilizzarla. Non aveva speranza di sfuggirgli. E in quel momento rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e l'aveva picchiata, lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti, continuando a scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò nemmeno di liberarsi. Poi lui la fissò e vide la sua paura, il suo pallore, il tremito delle sue labbra. Strinse la mascella per controllare la sua collera, poi la lasciò e si rialzò, voltandole le spalle."
"Lui l'aveva costretta al matrimonio prima che avesse avuto il tempo di riflettere e soprattutto di scoprire che cosa provava per lui. Anche la passione fisica esistente fra loro aveva avuto carattere illusorio: troppo timida per manifestare la propria passione, si era limitata a subire passivamente quella di lui, a volte persino irritata dalla propria sottomissione. Ma col nascondere i pensieri e controllare le emozioni, aveva creato dentro di sé un muro che aveva escluso Gabriel dalla sua mente e l'aveva fatta rinchiudere sempre più in se stessa."
"Il profondo abisso silenzioso, che un tempo esisteva tra di loro, in quell'ultima ora si era richiuso e lei non capiva più niente."
"Marisa riattaccò il ricevitore con un senso di malinconia: la fine di qualcosa è sempre triste anche quando è l'inizio di un futuro migliore. La natura umana non accetta l'idea della fine. (...) Proprio il fatto di rifuggire da ogni emozione l'aveva tenuta sospesa in un vuoto gelido per anni, e il ricordo di quella provata in sogno la perseguitò."
"Si rispose che non era psichicamente pronta ad affrontare una decisione circa il suo matrimonio: voleva avere il tempo per riflettere. Gabriel era rientrato troppo all'improvviso nella sua vita, dopo oltre due anni di assenza. Il loro primo periodo insieme si era concluso in un disastro perché lei non era riuscita a comprenderlo né a conoscere se stessa. Non voleva ripetere più quell'amara esperienza: questa volta voleva prendere una decisione ben ponderata."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può costringere nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté Marisa. Lui aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a forzarla a fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle ragioni che l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente come una sua proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi, inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la strinse a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e alla base del collo. Un'ondata di calda eccitazione le offuscò d'un tratto la mente, e lei si abbandonò. (...) Adesso Marisa respirava affannosamente, conscia del corpo virile sotto il suo, della calda pressione reciproca. Si sentì bruciare dentro e insieme provò la sensazione che le ossa le si stessero sciogliendo. Ma, contro la sua eccitazione, combattevano le vecchie paure: il terrore della perdita, la fuga dall'emozione. Avrebbe voluto cedere, ma non poté. (...) Era straziata fra l'attrazione e la paura dell'abisso: una parte di lei era desiderosa di abbandonarsi, e l'altra lottava per allontanarsi dal precipizio, intuendo che questa volta la resa sarebbe stata totale. (...) "No", bisbigliò lei. La sua paura cresceva in proporzione al desiderio di lui e al proprio."
"Ecco qual era l'ostacolo: la possessività di Gabriel... la sua arroganza... la certezza di ottenere sempre quello che voleva... Era quello che la bloccava e le impediva di dimostrargli i suoi sentimenti."
"L'amore non è una questione di lealtà. Non c'è giustizia nell'amore. E adesso rispondimi." Lei si abbandonò, sentendosi debole e sottomessa, e chinò il viso appoggiandogli la testa contro l'ampia spalla, così forte e protettiva sotto la sua guancia."
Di Charlotte Lamb ho recensito anche "Il Ragazzo della Spiaggia" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/03/il-ragazzo-della-spiaggia-di-charlotte.html "La Torre nel Bosco" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/10/la-torre-nel-bosco-di-charlotte-lamb.html "Un altro uomo, un'altra vita" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/05/un-altro-uomo-unaltra-vita-di-charlotte.html
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