"Incantesimo" di Claire Delacroix (Romanzi Storici)


Trama: Francia settentrionale, 1101-1103.
Condannato da un sortilegio lanciato da una jinn ad essere un lupo durante il giorno, Rolfe de Viandin, che acquista le sembianze umane solo di notte, rimane vittima di un incantesimo di tutt'altro genere. Un incantesimo tessuto dalla stupenda Annelise de Sayerne, la donna destinata a essere la sua salvezza e la sua perdizione al contempo. Dopo aver giurato che si sarebbe legata soltanto per amore, Annelise accetta tuttavia di sposare il signore del castello in cui cerca rifugio perché inseguita dai lupi. Il signore è Rolfe, l'uomo-lupo, di cui lei non sospetta il tragico segreto. Malgrado la situazione a dir poco strana - lei infatti vede lo sposo solo dopo il tramonto - è fermamente decisa a far funzionare il proprio matrimonio con quell'uomo misterioso che le ha preso il cuore. E per ottenere questo, l'intrepida Annelise non esita a...

Commento critico di Lunaria: "Incantesimo" è un buon romanzo rosa medioevale a leggere tinte fantasy: l'elemento soprannaturale è di contorno (peccato) perché gran parte del romanzo si concentra sui tentativi di Annelise per annullare la maledizione. è un po' forzata (e poco credibile) la scena di Annelise che accetta senza più tante resistenze di perdere la sua verginità con un uomo che non ha mai visto, al buio (!), e una tale reazione sembra poco plausibile da una donna vergine che, in teoria, è vissuta in un periodo dove alle donne fin da piccole non si insegnava di certo a "sfogare gli ardori sessuali", men che meno con uno sconosciuto dal volto celato, ma d'altraparte il romanzo pur inscrivendosi in una cornice medioevale non ha pretese di precisione storica, anche se i personaggi sono molto ben caratterizzati (l'unica cosa coerente col contesto storico in cui si svolge la vicenda è solo l'eccessivo interesse che viene dato alle questioni economiche di "dote", di "lignaggio" ed "eredità ai figli cadetti" oltre al fatto che i matrimoni venivano combinati per interesse senza chiedere più di tanto il consenso alle dirette interessate, e anche Annelise si ritrova vittima di questi intrighi familiari). Peccato non aver dato maggior risalto alla "vita da lupo" di Rolfe (volendo si poteva addirittura virare sull'horror, immaginandolo come un licantropo...). Le scene erotiche compaiono solo all'inizio (nel momento in cui Annelise accetta di "sposare" Rolfe, senza averlo visto fisicamente, e il rapporto sessuale viene consumato subito, con un'Annelise stranamente "troppo coinvolta") e in poche pagine successive. Qualche lentezza narrativa che appesantisce un po' la narrazione (314 pagine non sono poche) la si trova nella parte centrale del romanzo, quando la vicenda viene messa "in stasi" dal momento che Rolfe se ne va via e Annelise sta in casa ad attenderlo, "segregata" nel palazzo magico il cui portone si apre solo per volontà di Rolfe o della Jinn, e difatti in quei capitoli succede poco o nulla; interessante la disgressione, che si configura quasi come una storia a sé, sulla vita della Jinn, che, avendo sofferto per un amore non ricambiato, ha deciso di vendicarsi sul primo che l'avesse liberata dalla bottiglia in cui venne rinchiusa (e quindi Rolfe, di ritorno dalla crociata); ingegnoso il modo in cui Annelise riuscirà a far rientrare la Jinn nella bottiglia, facendo svanire, in parte, il maleficio.

Gli stralci più belli: "In quel medesimo istante un raggio di luna filtrò attraverso la finestra posandosi sul volto di suo marito. Trattenendo il fiato, Annelise lasciò ricadere la mano lungo il fianco. Aveva un occhio azzurro e uno grigio argento. Deglutì a stento, fin troppo consapevole di dove avesse visto degli occhi come quelli. Contro ogni logica, aveva l'assoluta certezza che il lupo se ne fosse andato. E appariva fin troppo chiaro che tipo d'uomo avesse sposato. Lo stomaco le si contrasse. Brandelli di racconti infantili i cui protagonisti subivano strane metamorfosi le balzarono alla mente in rapida successione. Erano storie agghiaccianti  che venivano narrate nelle lunghe sere invernali e destinate a far rannicchiare i bambini sotto le coltri. Aveva sposato un demonio capace di assumere varie sembianze. E giurato di rimanere al suo fianco fino alla morte. Mentre lui ricambiava il suo sguardo senza batter ciglio, Annelise si sforzò di placare il proprio terrore. Quale destino l'attendeva? Se ben ricordava, coloro che si legavano a quegli esseri soprannaturali o uccidevano lo spirito maligno o ne venivano distrutti. Suo marito aveva forse intenzione di distruggerla? O lei avrebbe dovuto prevenirlo uccidendolo?"

"Se quell'uomo fosse potuto diventare veramente suo marito, tanto di giorno quanto di notte, le lo avrebbe aiutato a riacquistare la libertà. Colmò la distanza che li separava, incoraggiata dal fatto di non vederlo indietreggiare. Facendogli scorrere le dita sul collo e le spalle, aderì al suo corpo notando compiaciuta che il cuore gli aveva accelerato i battiti. Allorché gli tracciò una scia di baci lungo la gola, lui trattenne il fiato e le circondò la vita con le mani."

"Il cuore gli si strinse e in quel momento Rolfe si sentì travolgere da un'ondata di panico al pensiero che la vista dell'animale che era distruggesse l'amore di lei e la inducesse ad abbandonarlo per sempre."





Per approfondimenti sulla Letteratura del Medioevo, vedi: https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/08/alle-origini-del-romanzo-rosa-medieval.html

Dark Ladies e vergini angeliche: il romanzo sentimentale di fine Ottocento


La Contessa Lara, Amalia Guglielminetti, Annie Vivanti: la narrativa sentimentale tra Ottocento e Novecento

Se Carolina Invernizio imbandiva vicende dove intriganti Superdonne sono destinate a proteggere e guidare l'uomo in nome di una consapevolezza morale più elevata,



altre professioniste del romanzo popolare catturavano l'attenzione delle lettrici guidandole alla scoperta dei volti dell'amore per mano di vampire liberty, maghe delle segrete combinazioni erotico-sentimentale, esperte sacerdotesse di mollezze, seduzioni, voragini, follie...
"Circe", "Salamandra", "Libera!", "Quando avevo un amante", "L'innamorata", "Le vergini folli", "La paura di amare", "Il cuore in gioco", "I volti dell'amore", "Cuore infermo" erano i promettenti titoli dei loro romanzi, giocati sulla liaison amorosa e le sue inebrianti libidini (ma la singolarità delle vicende dei personaggi salvaguarda l'etica dominante garantendo la persistenza del ruolo storico della donna - madre e moglie - mentre la ribellione si consuma senza colpo ferire nel perimetro rassicurante dell'alcova) e dominati da figure femminili, voluttuose e corrotte, capaci di trascinare alla perdizione legioni di nobili giovanotti e di assennati padri di famiglia. è la femme fatale di stampo dannunziano, (1) il "tipo" ripreso fedelmente dalle scrittrici di romanzi sentimentali, numerose tra l'Ottocento e il Novecento, che rispondeva ai nomi pretenziosi di Regina di Luanto, Donna Paola, Contessa Lara, ed erano spesso accompagnate dalla fama di una vita turbolenta, quasi come quella delle loro capricciose eroine. Sospesa tra desiderio e dovere è Anna Roti, ovvero la Regina di Luanto, che si separa presto dal marito, patrizio fiorentino; uccisa dall'ultimo dei suoi amanti la Contessa Lara che, poco dopo le nozze, aveva visto cadere in duello, ferito dal consorte, capitano dei bersaglieri, il biondo impiegato di banca cui era legata.


Celebre per la sua romantica e tormentata passione per Guido Gozzano, Amalia Guglielminetti; chiacchieratissima per il suo legame con il potente e in là con gli anni Carducci, Annie Vivanti, figlia di un carbonaro italiano emigrato in Inghilterra, "zingara e fata" che con astuzia seppe trarre vantaggio dalla relazione con il poeta e conobbe fama spropositata ai meriti dei suoi modesti quanto tenebrosi romanzi!



Tanto favoleggiare sull'amore, tra i suoi veleni e le sue essenze, nasceva da riferimenti biografici? Forse: ma tra i motivi che le avevano spinte a prendere in mano la penna vi era soprattutto la necessità di guadagnarsi da vivere. Guarda caso, immerse in follie e languori, molte di queste signore avevano perso, strada facendo, rispettabili e facoltosi mariti oppure non erano mai riuscite a trovarne uno o dovevano sostenere con il loro lavoro qualche giovane amante. Tanto più che, col mutare della condizione femminile, lo scrivere era diventato, per una donna borghese, uno dei pochi mestieri decorosi e accessibili, e perfino, di un qualche lustro mondano!

Argomento prediletto delle loro opere è l'eterno triangolo: all'interno la donna è, senza dubbio, personaggio dominante ma non vittorioso. A trionfare, alla fine, sarà sempre la morale corrente, l'ideologia che vuole la donna voluttuosa destinata alla punizione e alla sconfitta (morte e follia di lei, di lui o di entrambi; abbandoni a catena; disfatta nelle spire del vizio) ed il suo potere sugli uomini, che uno dopo l'altro seduce e abbandona spingendoli alla rovina, al disonore e anche alla morte, non è che illusione. Le autrici non vengono mai meno alle aspettative del pubblico assetato sì di forti emozioni e di particolari piccanti, ma desideroso anche di una conclusione che sancisca un definitivo rientro nei binari della rispettabilità.
Le fatue nobildonne adultere della Guglielminetti, le cavallerizze appassionate e vendicative della Contessa Lara, le salamandre febbrili della Regina di Luanto sono destinate a venir sacrificate comunque, sull'altare della "Donnità" esemplare, dopo aver assolto il loro compito: consegnare alle lettrici una possibilità di evasione, permettero loro un'occhiata complice nei confini del proibito.
E tuttavia avvertiamo talvolta, da parte delle autrici, un tentativo di legittimare le passioni colpevoli delle loro eroine: il sentimento bruciante di Leona, diva del circo di cui si innamora il conte Paolo Cappello che per lei morirà in duello, nel romanzo della Contessa Lara "L'innamorata" (come non sentire in questa vicenda l'eco dello scandalo che portò il nome della contessa alla ribalta delle cronache del tempo?) tende ad essere in qualche modo giustificato. Sembra, insomma, stabilirsi una specie di solidarietà, seppur in sordina, tra autrice e personaggio: alle seduttrici, in un tentativo di assoluzione, si concedono ideali e sentimenti, accorate tenerezze ed utopiche aspirazioni verso la pace domestica. Talvolta, anzi, la simpatia si spinge oltre sino ad inglobare l'intera condizione femminile, quasi uno spiraglio aperto sul brutale asservimento che si esplica in regime patriarcale o nel mercato del matrimonio. Un sentimento di sottile e ironica intimità si fa luce anche altrove, quando il piano dell'autobiografia consente di esorcizzare i miti cari alla società borghese di fine secolo, squarciando il velo della mistificazione e delle ambiguità.
Intravediamo segnali di questa sotterranea comprensione tra donne (scrittrici, lettrici e personaggio: è ovvio che si crea una sottile e complice intesa tra lettrice e scrittrice, tra scrittrice e personaggio, tra personaggio e lettrice) nei romanzi di Annie Vivanti dove a primeggiare è una figura di donna perversa, sensuale, a volte non bella ma caratterizzata da un fascino divorante come Circe o Fosca. Le donne fatali della Vivanti rientrano a buon diritto nella schiera di "vergini" peccaminose e portatrici di morte che sul finire dell'Ottocento traversavano languidamente la letteratura nobile quanto quella di consumo: come avrebbero potuto le nuove leve della narrativa scritta dalle donne per le donne, resistere alle suggestioni decadenti di D'annunzio, del primo Verga, di Zuccoli, di Oriani? (2)



E proprio da queste suggestioni nascono gli arredamenti sontuosi, carichi di ninnoli, le atmosfere grevi di profumi, l'aleggiare dell'oppio, i volti febbrili e lunari, i gesti felini, la cascata di capelli inanellati e serpentini, la continua e inebriante ricerca dell'insolito, del torbido.
Sensibile, dunque, agli imperativi della moda sia nel creare sfondi ed ambienti, sia nel costruire i propri personaggi e ossequiente agli stereotipi del romanzo popolare che connota negativamente la donna amante sensuale, attiva e intelligente ma assolutamente priva di scrupoli, e positivamente la donna sposa, angelica, asessuata e totalmente passiva, Annie Vivanti, si lascia, tuttavia sfuggire una ambigua e patetica comprensione per la "cattiva" : soprattutto sventurata e vittima di un destino crudele è Mura, in qualche modo riabilitata è anche Lady Randolph che, non più giovane, si serve di ogni mezzo pur di trattenere a sé l'amante. E assai poco credibile nella sua parte di maledetta perché "qualche volta è vista dall'autrice con occhi umani; secondo le oscillazioni di una, più o meno sentita, partecipazione emotiva, che si accentua quando le vicende descritte si avvicinano alla rievocazione di vicende personali dell'autrice (certi piccoli mondi inglesi, la nobiltà di campagna) o si accostano a quelli che possono essere stati i suoi sogni proibiti"
Quanto sia inconfessata e inconfessabile questa sotterranea simpatia per le peccatrici, lo testimonia la vittoria finale della sposa madre: una maternità trionfante, onnipotente, proposta come riscatto e cancellazione di ogni colpa, interviene a purgare "capricci e passioni fulminee" e il "flutto spumeggiante di emozioni fantastiche" trasformandoli in dedizione e sacrificio.

Pur scegliendo personaggi inconsueti (la poetessa, la violinista) realizzati fuori dagli schemi permessi ed approvati, la Vivanti non si fa sostenitrice del rovesciamento dei ruoli o prefiguratrice di una tipologia alternativa, finendo per esaltare i più sperimentati loci communes della condizione muliebre: l'amore come polo catalizzatore di tutte le istanze femminili, in grado di tacitare ogni altra fonte di autoaffermazione; la maternità come forza che fagocita e annulla.
Questa immagine di donna, ardente e insana, eternamente sconfitta che è la signora indiscussa del romanzo sentimentale tra i due secoli, si affaccia puntualmente anche nel romanzo rosa, sia pure in versione più addomesticata e adatta alla dimensione del salotto piccolo-borghese e di un pubblico di giovinette e di donne di casa: meno superfemmina dannata, tutta vizi e voluttà, più rubamariti arrivista, civetta senza scrupoli. Venuto meno l'aspetto demoniaco, la più modesta Vampira della narrativa per signorine (sia ella tenebrosa come nei romanzi di Delly, https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2020/10/i-romanzi-della-rosa-e-dei-delly.html sia ella sfacciata e volgare come nei romanzi di Liala) resta comunque a rappresentare l'illecito, la sessualità, insomma, il male e la sua inevitabile sconfitta. Nell'uno come nell'altro caso questo tipo femminile è funzionale ad una massiccia proiezione del proibito fuori di sé, del quale le donne devono necessariamente liberarsi per mantenersi fedeli all'unico ruolo che è loro concesso di ricoprire: la femminilità intesa come maternità sacrificale ha l'obbligo di purificarsi di ogni scoria sessuale, di ogni inclinazione al piacere. Niente di meglio, dunque, che concentrare altrove la voce dell'istinto, la tentazione, l'ebbrezza servendosi di questi materiali pericolosi per costruire l'altra, l'estranea. Oltre a derivare dal romanzo sentimentale fine secolo il tipo e il ruolo della vampira (vedi "Clarimonde" di Gautier, una delle vampire ottocentesche più famose insieme a Carmilla. Nota di Lunaria) la letteratura rosa ha in comune con esso il territorio dell'amore, corroso dal desiderio su cui scava ed erige impalcature, l'attenzione ossessiva per i fatti del cuore colti in tutte le loro sfumature, seguiti passo passo, drammatizzati, ingigantiti, rimaneggiati, assaporati e nonostante tutto incapaci di far esplodere quell'universo chiuso, ovattato ed immobile all'interno del quale essi si svolgono e si giustificano. E soprattutto "fate" benevole e maliziose si dedicano a tradurre in fiabe l'emotività ed il sentimento, alla politica dell'esperienza si sostituisce quella del sogno e in sottofondo risuonano motivi e deliri taciuti e clandestini.

(1) Uno dei "topoi" più accertati è offerto senza dubbio dalla figura della donna dominatrice, incontrastata protagonista di torbide passioni erotiche, consumate in uno scenario di aristocratica eleganza, mentre sullo sfondo i personaggi maschili appaiono immolati sull'altare della sua bellezza. Se i connotati fisici, tra sensuali e ferini, evidenziano l'alterazione degli ideali estetici del Romanticismo, la sua impenetrabilità alle passioni conferma l'esasperazione in senso decadente della teoria del sentimento. Resta chiaro, comunque, che la sua vittoria sul maschio non implica niente di rivoluzionario, nessun processo di disidealizzazione o di superamento dei tabù anche se il suo ruolo è evidentemente compensatorio nei confronti dello squallore piccolo-borghese.

(2) Per un'analisi alle bellezze sataniche vedi questo libro

 
"Secondo codesta concezione della donna fatale, l'innamorato è di solito un giovanetto e mantiene un'attitudine passiva; è oscuro, inferiore per condizione o esuberanza fisica alla donna, che di fronte a lui sta nello stesso rapporto del ragno e della mantide, di fronte al rispettivo maschio: il cannibalismo sessuale è qui monopolio della donna. Verso la fine del secolo l'incarnazione perfetta di questo tipo di donna sarà Erodiade, ma non sarà la sola: Elena le è molto vicina. I miti antichi come quelli della Sfinge, di Venere e di Adone, di Diana e di Endimione saranno chiamati ad illustrare il rapporto che si ripeterà con tanta insistenza nella seconda parte del secolo; la funzione della fiamma che attira e brucia è esercitata dall'uomo fatale (l'eroe byronico) nella prima, dalla donna fatale nella seconda parte del secolo; la farfalla destinata al sacrificio nel primo caso è la donna, nel secondo caso, l'uomo-"

Nota di Lunaria: uno dei personaggi più famosi che incarna la donna fatale (e contrariamente alle aspettative e al clichè, non è per niente bella) è "Fosca" di Tarchetti, una vera e propria "vampira psichica"


ma si potrebbero citare anche le tante eroine sadiane: da una parte le vergini angelicate da immolare (dopo averle vessate con ogni tipo di tortura sessuale) dall'altra le libertine filosofe e spregiudicate "che se la godono".

 Nota di Lunaria: per approfondire le scrittrici erotiche (brave e talentuose, non le ciofeche che vanno adesso) vedi


Aggiungo anche questo approfondimento:

MORALITà OTTOCENTESCA NELLA LETTERATURA SENTIMENTALE DEL PRIMO NOVECENTO

Alle donne, il cui compito principale è la riproduzione, si raccomanda di concentrare le proprie energie all'interno di sé, su un apparato genitale destinato a funzioni materne, piuttosto che disperderle inutilmente in intrighi amorosi, piaceri proibiti o sommo orrore, in esercizi intellettuali (a lungo la medicina ritenne "l'abuso di pensiero e cultura" quanto mai nocivo allo sviluppo e alla salute dell'utero). Meglio, molto meglio l'assoluta indifferenza nei confronti di stimoli ed impulsi sessuali, il cui risveglio potrebbe danneggiarle irreparabilmente e renderle incontrollabili e ribelli.
Non per nulla donne dai forti appetiti sessuali furono, durante l'Ottocento e parte del Novecento, "curate" con l'ablazione della clitoride e delle ovaie, operazione destinata a calmarle, riportarle alla "normale frigidità" e a renderle docili all'autorità maritale.
Si credeva che solo per gli uomini fosse normale avere forti impulsi sessuali e molti medici giunsero al punto di giustificare la prostituzione, sostenendo che la sessualità degli uomini di classe superiore e media doveva pur avere degli sbocchi che non fossero le loro mogli delicate.
Inevitabile che le eroine, buone e cattive, del romanzo rosa (ovviamente di fine Ottocento\primi del Novecento. Nota di Lunaria), figlie della moralità ottocentesca, risentano fortemente dell'influsso di quella che è stata chiamata "la psicologia delle ovaie": la personalità della donna, cioè sarebbe solo un'appendice dell'apparato riproduttivo. Se esso funziona a dovere (ovvero se è insensibile al piacere ma in grado di sfornare regolarmente nidiate di bambini) essa sarà sana di corpo e di mente; invece nel caso in cui i sensi la distolgano dal suo dovere primario, essa sarà malata, socialmente pericolosa, destinata ad una fine prematura, portatrice di morte.
Così proprio quando cultura cattolica e fascismo insistevano nel proporre il corpo femminile come veicolo di maternità, Liala non solo non negava la sessualità delle donne ma offriva loro nei suoi romanzi un corpo da toccare, da accarezzare, al quale dedicare cure, attenzioni e compiacenze apertamente trasgressive nei confronti di una tradizione educativa che proibiva alle fanciulle persino la vista delle proprie nudità. Dai libri di Liala trabocca il piacere di una fisicità che è evidente preludio al contatto erotico.
(Nota di Lunaria: per curiosità, lo pseudonimo "Liala" è stato inventato dal d'Annunzio, uno che di femme fatales se ne intendeva... "Metto un'ala nel tuo nome", le disse. Il vero nome dell'autrice era Liana Cambiasi Negretti; scrisse un'ottantina di romanzi, cinque libri di racconti, vendette due milioni di copie solo per il suo esordio "Signorsì" e le ristampe dei suoi libri durarono per cinquant'anni!)
Anche se le simpatie dell'autrice vanno chiaramente alla donna ardente e passionale, l'indicazione che ella dà alla sue lettrici è di vivere la propria sessualità solo all'interno del matrimonio, così da poter godere di tutti i vantaggi economici e sociali che esso offre. L'alternativa è un disordine sessuale molto vicino alla prostituzione.
Nota: è interessante notare come negli ultimi anni si sia affermato accanto al rosa classico (Delly-Liala) un nuovo tipo di romanzo d'amore di grande consumo, di provenienza prevalentemente anglosassone, nel quale Peccato, Piacere, Avventura sono usciti sfacciatamente allo scoperto (Nota di Lunaria: a partire dagli anni Novanta, poi, è in voga anche il rosa con venature soft horror e paranormali); invece di farli trasparire attraverso una facciata pudibonda, le autrici li rovesciano senza risparmio sulle lettrici. Scene erotiche senza veli, donne che cercano successo e la realizzazione attraverso la carriera e lottano ad armi pari con gli uomini. La conclusione, è ovvio, resta quella matrimoniale, con relativa rinuncia al successo in nome dell'amore. Non più destinati a giovinette sprovvedute, questi romanzi nei quali il sesso ha fatto una clamorosa irruzione hanno evidentemente tenuto conto dell'imponente cambiamento dei costumi e della liberalizzazione sessuale che lo ha accompagnato. 


TOP TEN ROMANZI ROSA (MODERNI)







Recensione a "Unforgiven" (quinto volume della serie di Fallen)



Trama: sono trascorsi secoli da quando l'angelo caduto Cam ha detto addio a Lilith, strappandole il cuore, ma ancora non riesce a dimenticarla, invidioso dell'amore perfetto di Daniel e Lucinda, decide di ritrovarla, ovunque sia. Così stringe un patto con Lucifero: ha 15 giorni per riconquistare l'unica ragazza che abbia mai amato davvero. Se ci riuscirà potranno vivere insieme, liberi; ma se non dovesse farcela, Cam rimarrà nell'Inferno per sempre. è cominciato il conto alla rovescia: il più oscuro e ambivalente tra gli angeli ci apre finalmente il suo cuore tormentato mentre lotta contro il tempo.

Recensione di Lunaria: Li ho letti tutti i romanzi della saga di "Fallen", anche se fin dal primo episodio non mi aveva mai convinto del tutto lo stile narrativo dell'autrice: una gran mole di pagine ("Unforgiven" non fa eccezione: 414 pagine!) usate per descrivere... cose inutili, laddove l'intera (e già esile) trama si poteva trattare in 100 pagine e niente più. "Unforgiven" non fa eccezione: di per sé, di eventi non ce ne sono (la trama è sintetica: l'anima di Lilith è costretta a vivere in svariati mondi infernali; ad ogni sua morte, inizia una sua nuova nascita in un'altra dimensione infernale; Cam scommette con Lucifero: se riuscirà a farla innamorare, Lilith sarà liberata dagli inferni; ma secoli prima, quando Lilith era umana, Cam l'aveva illusa e abbandonata e lei si porta nel profondo del cuore il rancore per Cam, anche se non sa di odiarlo ad ogni nuova nascita...) tutto si svolge nella sterile ripetizione di: Lilith e i suoi problemi familiari (è nata in una famiglia povera...) - Lilith presa in giro a scuola dalle ricche viziate - i tentativi di Lilith per formare una band e partecipare al concerto scolastico - Cam che cerca di attaccare bottone con lei ma riceve quasi sempre risposte sdegnose. Di tanto in tanto compare Lucifero per movimentare un po' la scommessa e mettere i bastoni tra le ruote a Cam. STOP. Zero analisi psicologica dei personaggi, zero ritmo avvincente, tanta noia disseminata in gran parte dei capitoli (almeno per tutta la prima parte) con la sensazione che l'Autrice la stia tirando per le lunghe nella descrizione di cose del tutto inutili, peraltro virate su toni umoristici (gente che si ingozza di patatine, Lilith che calpesta una cacca di cane) che stonano enormemente con il "mood" in generale della trama (ispirata ad angeli ribelli) che dovrebbe preludere ad "atmosfere alte"... (e vabbè sarà un mio limite da integralista miltoniana,


ma mi irritano abbastanza angeli e demoni rappresentati come macchiette di teen ager cazzoni) zero eros (il primo bacio arriva solo a pagina 355).
Che altro dire? Sì, è leggibile, certamente, come erano leggibili i precedenti volumi (Fallen-Torment-Passion-Rapture e gli "spin off" Unforgiven-Angels in the dark-Fallen in love che narravano le storie d'amore degli altri angeli e demoni protagonisti secondari di "Fallen")






La sensazione è quella che l'Autrice (o chi per lei si arricchisca con le vendite di questi libri) stia veramente "allungando il brodo" per meri fini di marketing. Certamente sono leggibili (e apprezzabili, da tutte quelle che non sono integraliste miltoniane, e va bene così, non voglio che il mondo sia invaso da Lunarie) anche perché la vedo dura superare schifosate immonde come questo abominio (http://www.anonimacinefili.it/2018/02/09/cinquanta-sfumature-rosso-50-sfumature-di-rosso-film-recensione/)
ma il problema della serie di "Fallen" è una trama che, per certi versi, era già ultrascontata (similmente a tante altre trame Urban Fantasy, genera che non brilla per complessità concettuale) e che è stata raccontata con uno stile narrativo alquanto elementare, che non dà complessità né alla vicenda ma neppure ai personaggi (che risultano piuttosto piatti e ripetitivi).
Il mio consiglio è quello di leggerlo se siete curiose (ma tenete presente che "Unforgiven" non c'entra nulla con la storia di Lucinda e Daniel, che vengono citati solo nel prologo) ma suggerisco, prima di spendere 18 euro, di noleggiarlo in biblioteca. Se avevate dei dubbi e delle perplessità sui precedenti volumi (vuoi per la trama, vuoi per i personaggi, vuoi per lo stile narrativo), "Unforgiven" li confermerà. Se invece avete adorato tutti e quattro i libri, allora anche "Unforgiven" vi piacerà. Per mio mero limite di gusto estetico letterario, però, io devo trovarci anche del linguaggio un po' aulico e ricercato oppure una trama emozionante e che sappia coinvolgere, se proprio si vuole scrivere come alle elementari. In "Unforgiven" e più in generale in tutta la saga di "Fallen", ci ho trovato uno stile da scrittura elementare che in più si perde nella descrizione di particolari insulsi ed umoristici, che alla lunga irritano, tediando con la prolissità di 400 e più pagine (e l'effetto impaludante è assicurato). Ripeto, non siamo dalle parti della schifezza letteraria scritta da tardone analfabete, ma non siamo neanche dalla parte del capolavoro assoluto ("La carezza del destino" pur avendo una trama simile, aveva tutt'altro spessore letterario e narrativo oltre che simbolico) 
Da 1 a 10, il voto che do alla "Fallen saga" è 5 al 6. Una saga carina, ma ci si poteva impegnare di più; anche perché la sensazione che resta, sottosotto, è che la parte migliore di questa saga siano... le copertine...


P.s chissà se faranno anche il film su "Unforgiven", dopo averlo fatto su "Fallen" (versione cinematografica che non mi aveva entusiasmato); chissà, magari il film potrebbe essere anche migliore dello stesso libro...

Uno stralcio, per dare l'idea: "Posso aprire gli occhi?", chiese lei. "Non ancora", rispose Cam. E poi la baciò appassionatamente, la bocca calda e morbida sulla sua. Lei ricambiò il bacio, pervasa da uno strano formicolio, mentre lui la stringeva più forte, e il bacio divenne sempre più intenso e profondo. Non le era mai capitata una cosa del genere. Nemmeno lontanamente. [...] "Abbiamo ballato?", mormorò senza fiato. "Oppure volato?" Cam la strinse forte fra le braccia. "Quando è fatto bene", le disse, facendo aderire la fronte a quella di lei "non c'è nessuna differenza"

Recensione a "Damned"


Trama: "Le canzoni non ti tradiscono", ma le persone sì. Cathy, occhi blu e una ciocca viola che fa capolino tra i capelli nerissimi, lo ha scoperto quando Mirko, il suo primo amore, l'ha irrimediabilmente ferita. è per questo che ha messo in valigia la sua chitarra, i suoi 18 anni, e ha lasciato la città dove è nata, Napoli, per raggiungere la madre in Germania.  E cercare, laggiù, di rimettere insieme i pezzi sparsi del suo cuore. Ma Cathy non sa che a Madenburg, cupa cittadina tedesca, l'aspetta il destino. Un destino che comincia quando, a un concerto nella nuova scuola, su di lei si posano gli occhi indagatori di Tristan e Konstantin Von Schaden, voce e basso della band del momento, i Damned. Due gemelli che non si assomigliano, se non per un particolare: la straordinaria bellezza. E il potere quasi ipnotico che i loro sguardi, e la loro musica, esercitano su Cathy. Tristan e Konstantin entrano così nella sua vita, sconvolgendo ogni certezza: perché custodiscono un antico segreto, e la loro è una storia maledetta, e maledettamente affascinante. Quando Cathy, attratta da entrambi, capirà di amare davvero uno solo dei due, scoprirà però che non sempre l'amore basta. A volte si intromette il destino, e quello di Cathy - anche se ancora non lo sa - è di lottare contro il Male. E contro le creature dell'ombra come i fratelli Von Schaden. Una scelta che solo il cuore può compiere, un duplice amore che sfida il tempo, una lotta epica tra Bene e Male: Damned è una grande storia destinata a conquistarci.

Qualche stralcio, per dare un'idea...

[Konstantin] Prima di andare a prendere Cathy per la nostra "uscita da amici", dovevo andare nel bosco. Era l'unico modo per essere sicuro che non le avrei fatto del male. Non potevo pensare di metterla in pericolo... Qualcosa mi impediva anche solo di immaginarlo.  Non so cosa fosse: non avevo mai provato un desiderio di protezione così forte nei confronti di una ragazza prima di allora. Mi addentrai nel fitto della foresta, dove i rami degli alberi scheletriti dall'autunno non facevano trapelare nemmeno un raggio della poca luce del crepuscolo, e cacciai con foga, rabbia, disperazione. Senza provare alcun piacere del sangue vivo che bevevo. Mi sentivo condannato ad essere una bestia per il resto della mia esistenza di dannato. Una bestia che non avrebbe mai conosciuto la dolcezza di vivere i suoi anni accanto a una ragazza come Cathy.

[Cathy] Eravamo ancora ai margini della foresta, ma dalla parte opposta rispetto a Madenburg. Il cielo cominciava ad incupirsi, e il crepuscolo non era lontano. Da questa parte la foresta sembrava ancora più buia e fitta. Gli alberi enormi, di un verde scurissimo, quasi nero, intrecciavano i rami in cima e non lasciavano trapelare la luce. Davano una sensazione quasi di vertigine a vederli così alti e cupi. Mi accorsi che sopra le nostre teste volavano i corvi. [...] Fu allora che le sue mani strinsero le mie. Si girò di scatto e mi guardò negli occhi. Il suo volto non era più lo stesso. Era più lungo, meno regolare. Sfigurato. Aveva gli occhi rossi e dalla sua bellissima bocca spuntavano due canini acuminati che gli sfioravano il mento.

Commento critico di Lunaria: 

"Grazie, dal profondo del cuore, a Stephenie Meyer - la mia musa ispiratrice - che con Twilight mi ha cambiato la vita"
Basterebbero queste parole dell'Autrice stessa a descrivere cos'è e cosa c'è in queste 399 pagine. Ci troviamo di fronte ad un "remake" di Twilight: (quasi) stessa trama, (quasi) stesse ambientazioni (foresta, scuola...) quasi stessi particolari (ragazza sfigata figlia di divorziati, viaggio in aereo, pelle fredda, odore attraente della ragazza in questione, gravidanza, lotta tra vampiri e creature mannare...) che erano presenti in "Twilight". C'è poi qualche spunto preso da "Il diario del vampiro" (i fratelli vampiri in rivalità per amore) o Buffy\Anita Blake (la cacciatrice di vampiri). Ci troviamo quindi di fronte ad un perfetto "remake" letterario, un condensato di Twilight\Diario del Vampiro\Buffy, e qualcuno (che ha superato i 14 anni da un bel po') potrebbe effettivamente chiedersi che senso abbia clonare un libro. Se non fosse che di per sé l'Urban Fantasy, come genere, è tutto uguale nella sua riproposizione sempre dello stesso canovaccio, sempre degli stessi personaggi, ad uso e consumo del pubblico femminile (of course; non a caso si parla di "porno rosa soft") e niente più. Non ha nessuna pretesa, se non quella di intrattenere (e ci riesce egregiamente). Detto ciò, "Damned" anche se sa "di già letto altrove" (esattamente come tutti gli altri Urban Fantasy) non è scritto male, anzi. Curiosamente, è scritto con un linguaggio molto più complesso, curato e ricercato del più-strombazzato-in-giro "Fallen"


che aveva (ha) uno stile narrativo a tratti imbarazzante (oltre che impaludante) e quindi "Damned" riesce, per tutti i 59 capitoli, a non annoiare (tranne qualche capitolo che sa troppo di "allungamento del brodo", per esempio la scena del ritorno di Cathy in Italia, del tutto inutile alla trama, visto che poi ritorna subito in Germania). è stato scritto quando l'Autrice aveva 14 anni ma non so se poi effettivamente l'Autrice ha proseguito la storia... che difatti si conclude con un finale aperto. Le scene d'amore sono ben descritte, come un po' tutti gli scenari in cui si svolge l'azione, oltre che la psicologia dei vari personaggi; ciascuno dei tre protagonisti (Tristan\Konstantin\Cathy) parla in prima persona in singoli monologhi che servono da intreccio per lo svolgersi della trama e questo effettivamente serve a creare un buon ritmo narrativo, almeno per la maggior parte del romanzo (e stiamo parlando di 399 pagine, una mole non indifferente); l'Autrice si è dilungata molto nella prima parte descrivendo eventi minimi quando poi nel finale ha "ristretto il tutto" (penso ai personaggi vampiri che compaiono solo verso la fine e vengono subito uccisi, da semplici comparse) quando forse sarebbe stato meglio fare esattamente il contrario.
Unica nota di originalità: al posto del lupo mannaro c'è un altro tipo di animale mannaro, che ora non vi svelo (molto poco delineato, comunque; sarebbe stato interessante trattarlo in un capitolo a parte, magari virando più sull'horror, piuttosto che non perdere tempo con capitoli un po' inutili dedicati ai battibecchi della band o alla festa di Natale in famiglia che sanno di troppo scontato...) e, verso il finale (che comunque, resta aperto), in effetti vengono capovolte tutte le ovvie aspettative della lettrice che si aspettava "l'happy end".
Difetti? Bha, dal momento che sono una purista del genere Gothic Metal e Dark Wave, sentire che Cathy è descritta come una "ragazza dark" (a pagina 9) quando per tutto il libro la ragazza in questione ascolta Nightwish, Evanescence, Guns N' Roses, AC\DC, Metallica, (mi) disturba un po'... diciamo che sarebbe stato meglio usare il termine "ragazza rock"...
In conclusione: chi ha amato "Twilight" e desidera leggere la stessa vicenda, con qualche elemento modificato, amerà anche "Damned" (che comunque ha un linguaggio e un ritmo narrativo molto più curato anche dello stesso "Twilight"); se però siete delle integraliste e non accettate che si "cloni Twilight" allora è difficile che "Damned" faccia al caso vostro: tutte le pagine sono di fatto mera riproposizione di Twilight. Comunque, il libro emoziona e riesce a coinvolgere. Considerato che certe porcate "letterarie", più simili a peti maleodoranti che non a libri, hanno venduto uno sfracello, non si può davvero giudicare pessimi i tanti cloni degli Urban Fantasy più famosi, perché se non altro, al di là della trama ormai risaputa, sono quasi sempre scritti bene.

P.s io comunque "Damned" l'ho letto due volte, e sì, penso anche di acquistarlo.