"L'Amorosa" di Mura (1942)





Trama: Federico è innamorato di Liana, la sua amante che di tanto in tanto lo trascura per stare col marito. Mentre soggiorna in un albergo, Federico viene avvicinato da Anna, una donna che sembra quasi irreale ed incorporea nel suo fascino e candore, che decide di sedurre quell'uomo solitario e pensieroso; tutto parte dalle dita di Anna che si posano sugli occhi dell'uomo... Presto Federico si innamora perdutamente di Anna, dimenticando Liana, ma anche Anna ha già un amante...  Quale dei due uomini vincerà, nel cuore di Anna, l'Amorosa? 


Commento di Lunaria: "L'Amorosa" è il primo romanzo che leggo di Mura, celebre autrice di romanzi sentimentali dei primi del Novecento che riscossero un gran successo e influenzarono la cultura del tempo, esattamente come Liala. https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2021/06/signorsi-di-liala.html

 Lo stile narrativo di Mura è delicato, sentimentale, onirico, dai toni pastello; grande spazio è dato ai pensieri e alla descrizione della psicologia dei personaggi protagonisti; poche le descrizioni di ambienti (resi comunque con maestria usando poche parole di grande suggestione, a confine con la poesia) e i dialoghi ridotti all'osso e quasi sussurrati. L'eros carnale, almeno in "L'Amorosa" è pressoché inesistente, il tutto viene descritto con toni platonici e solo suggerito, anche se i personaggi vibrano di amore e sentimentalismo ad ogni pagina, ma il tono narrativo resta sempre casto e quasi pudico.

Sicuramente quello di Mura è un nome da riscoprire per ricercare le origini del genere Rosa in Italia.


Gli stralci più belli:

"Si gettò vestito sul letto e chiuse gli occhi, deciso a non pensare, a non lottare contro il disappunto, a respingere il dolore, a rifiutarsi alla delusione. Rimase immobile come se non si appartenesse più, vuoto di pensieri e di energie. Risentì, improvvisamente, la carezza di due mani lievi che gli coprivano gli occhi (...) La carezza femminile rimaneva, insistente, fresca, lievissima, come se invece di mani gli si fossero posati sugli occhi petali di rose."

"Si alzò, per vincere un senso di desolazione che gli comunicava a poco a poco una inquietudine scontrosa. (...) Si affacciò alla finestra che dava sul vasto piazzale coperto da un tappeto di erba montanina, pallida, a macchie rosa e rosse, inumidita dal pulviscolo luminoso d'una fontana romana, e guardò fisso le montagne che vestivano il loro violetto abito notturno."

"Su tutta quella piena di sentimento che sgorgava dalla sua anima come un rivolo d'acqua purissima un nome più lieve d'un'ala di farfalla tentava di cercare il proprio posto: Lina! Lina! Lina! Scese che il sole era già tramontato dietro la più alta delle montagne."

"Federico si avvicinò alla finestra e sorrise alle alpi nere, immense, paurose di silenzio e di solitudine, smerlate a picchi, a curve, a bizzarri disegni contro il cielo che apriva le sue tende di velluto, con pigrizia estiva, alle stelle montanine. Accese una sigaretta, soffiò nell'aria limpidissima il fumo che si disperse senza colore, e rientrò nella camera ormai avvolta nell'ombra."

"Uscì dal salone, e invece di salire nella sua camera come di solito, pensò di fare quattro passi al fresco, lungo il viale alberato di pini così alti e così folti da averne quasi paura la notte. Ai lati del vialone, il bosco fitto, umido, freschissimo, un bosco da malanni e da libri di fate."

"Un fruscio. Egli si alzò, si guardò attorno: nel buio della foresta non poté scorgere nulla. E pensò per la seconda volta ai libri delle fate. Si avviò verso l'albergo lentamente, camminando con stanchezza, incerto nel passo per la soggezione d'uno sguardo ignoto che forse lo seguiva a breve distanza."

"Anna si alzò e si avvicinò alla finestra spalancata, appoggiandosi coi gomiti sul davanzale. Rimase assorta, nel chiarore pallido delle stelle, a guardare la montagna. Egli esitò prima di avvicinarsi a lei: gli piacque guardarla così immobile nel quadrato chiaro della finestra, figurina ideale sullo sfondo cupo dei boschi e lo colse una tenerezza struggente che gli portò sulle labbra un'esclamazione irresistibile: cara!"

"Mi potrete amare un giorno?" Federico non rispose. Le baciò le mani piano piano respirandone il profumo sulla pelle morbidissima. Ella gli fu grata di aver taciuto e glielo disse: "Vi ringrazio." Nacque allora uno di quei silenzi capaci di comunicare un vago tremore che nulla può placare: il silenzio dell'attimo che precede un gesto definitivo. Il bacio che tutti e due aspettavano era già vivo tra di loro, palpitava già sulle loro labbra, giocava già a ritmo col pulsare frequente dei loro cuori e tuttavia esitava nell'offrirsi per un timore inespresso del dopo."

"Ma ecco che la dolce avventura non ancora cominciata doveva concludersi con una rinunzia, distrutta dalla presenza di questa donna che arrivava quando non era più attesa e che portava con sé tutto il bagaglio di un amore dove non c'era più posto per riceverlo né forza per sopportarlo."

"Venite nel bosco!", gli gridò una voce fresca di lontano. "A destra..." Balzò in piedi, scavalcò la piccola siepe dietro la quale due sere prima Anna si era nascosta, e s'internò tra i pini foltissimi, camminando faticosamente su un terreno di foglie ingiallite e rumorose come se fossero vive e si irritassero di venire calpestate. Vide tra gli alberi una figurina azzurra che gli veniva incontro salutandolo con la mano. (...) creatura rosea, vestita di azzurro, giovane e fresca simile a certe camelie di marzo, morbide allo sguardo come il velluto delle rose al tatto."

"Ella lo prese per mano, ridendo di piacere per il complimento che sentiva sincero, e lo diresse nell'interno del bosco, camminando a passi lunghi, elastici, rapidi. "C'é la chiesetta dei lebbrosi in alto, scommetto che non l'avete veduta mai. (...) Andremo lassù, dove c'è uno spiazzo verde e tutto ombroso. Ci sono sparsi dei grossi massi che servirono da sedili agli ammalati. (...) Sembra una conca di azzurro e di verde tra il cupo delle pinete. In un angolino, addossata alla montagna che in quel punto è arida e rocciosa, c'è una chiesetta sgretolata, con un altare malinconico e qualche dipinto che il tempo ha quasi cancellato: è la chiesetta dei lebbrosi." 

"Preferisco il mio docile e flessibile aspetto di amorosa che esiste soltanto attraverso il respiro del suo amore."

"Egli aveva voglia di dire e voglia di piangere, subito blandito da quella voce e da quella dolcezza. Si sentiva veramente bambino e sulle mani ch'ella gli porgeva, nascose il volto. Parlò così, con la guancia appoggiata sulle mani di Anna e gli occhi fissi lontano tra gli ombrelli neri dei pini. Raccontò la gioia e la tristezza di quei due giorni di amore, finiti così male."

"Allora, allora soltanto ti amerò. Allora soltanto... Ma dimmi che verrà il giorno nel quale sarai tutta assolutamente mia. (...) "Aspettami, amor mio, aspettami... e non essere impaziente. Voglio venire da te guarita, senza rimpianti, senza rimorsi, senza tristezza. Per questo mio ultimo amore voglio preparare a me stessa, una me stessa in istato di grazia."

"Per la prima volta, dopo tanto amore, ella non seppe godere dell'amore. La sua insensibilità improvvisa la stupì così profondamente che scoppiò in singhiozzi. La certezza della fine assoluta dell'amore e del desiderio in lei, fu così profondo, ch'ella ne provò come uno spavento. Sdraiata di fianco all'uomo che l'aveva amata senza accorgersi ch'ella non s'era offerta, cogli occhi spalancati nel buio e il volto rigato di pianto, ella sentiva il bisogno di alzarsi, di fuggire, di non rimanere comunque vicina a quell'uomo che era di colpo diventato per lei un estraneo."


Mura fu una scrittrice molto prolifica... ecco le sue opere

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