"Volo fatale" di Sally Tyler Hayes (Harmony Emozioni)


Trama: Brian Sandelle ha deciso: assisterà, nonostante tutto, al matrimonio della sua ex fidanzata con un altro uomo. Ma non può affrontare tutto questo da solo. Shelly Wilkerson, amica di sempre, lo deve aiutare. Lei è felicissima di farlo, per lui farebbe tutto, perché lo ama. Ma qualcosa di inquietante sta per accadere loro: l'aereo sul quale viaggiano ha un incidente e Brian e Shelley sono vivi per miracolo. Shelly sa di essere l'obiettivo di un maniaco, da qualche tempo riceve infatti delle telefonate minatorie...

Commento di Lunaria: "Volo fatale" di Sally Tyler Hayes è un discreto romanzo giallo, dove per altro il colpevole è quasi subito individuato; l'Autrice si è concentrata molto di più sul rapporto tormentato tra Shelly e Brian: laddove per Brian c'è solo amicizia, per Shelly c'è amore vero, e amore da parecchi anni.
Quindi come romanzo potrebbe sembrare appena sufficiente per gli amanti dei gialli, perché la suspense è poco più che un contorno appena accennato nella trama. Ad interessare l'Autrice è soprattutto la descrizione dei monologhi, ora di Shelly ora di Brian e l'evoluzione del loro rapporto. In conclusione: un romanzo sufficiente, senza nessuna complessità o pretesa culturale; si legge facilmente e velocemente.


Gli stralci più belli:

"Possibile che la sola vicinanza di quell'uomo alto, con le spalle larghe e i fianchi stretti, i capelli castani e gli occhi più scuri e più belli che lei avesse mai visto, le facesse da sempre lo stesso effetto? Le rendesse impossibile parlare, muoversi e comportarsi in modo disinvolto come un qualsiasi altro? (...) Lo conosceva bene, conosceva quel tocco forte eppure gentile, sapeva che non avrebbero mai toccato lei nel modo in cui toccavano la donna che amava."


"Brian non resistette. Tornò nel posto accanto a Shelly che stava lottando con se stessa per nascondere la paura e strinse a sé quel corpo tremante. "Ti prego, non respingermi."
Shelley credette di sciogliersi al timbro dolce della sua voce e al calore del suo corpo accanto al proprio. Non riusciva a combatterlo in quel momento. Era esausta, terrorizzata e vulnerabile.
(...) Lo amava ancora molto e forse lo avrebbe amato per sempre, ma quello non significava che avrebbe sprecato altro tempo ad aspettare che lui contraccambiasse quell'amore, perché forse non sarebbe successo mai.
(...) Che cosa avrebbe fatto ora che aveva capito in modo inequivocabile che nel suo cuore non ci sarebbe mai stato spazio per lei?, si chiese Shelly. Lo guardò negli occhi e cercò di ricordare la promessa di non piangere mai più per lui."


"I loro sguardi erano più intensi che mai. Shelly aveva tenuto nascosti i propri sentimenti per tanti anni, ma ormai era inevitabile che la verità venisse a galla. La notte che avevano trascorso insieme aveva distrutto le barriere dietro a cui lei aveva cercato di nascondersi e l'aveva resa completamente vulnerabile. Era esausta, frustrata e spaventata e non sarebbe riuscita a nascondere ancora a lungo la verità.
(...) Brian si avvicinò a lei e, cogliendola di sorpresa, la baciò dolcemente sulle labbra.
Quel bacio inatteso fu devastante quanto ciò che era successo in quella giornata."


"Shelly aveva sentito il suo sguardo su di sé per tutto il tempo. Le era stato a fianco per tutta la cerimonia ed era chiaro che aveva lottato con se stesso per trattenersi dal toccarla.
E lei gliene era grata, perché si sentiva fragile come la rosa bianca che aveva appena gettato nella tomba."


"Per quale motivo non vuoi che ti stia accanto? Perché mi impedisci di aiutarti?"
Perché? Perché lei dipendeva da lui da sempre. Perché aveva 26 anni e non poteva continuare ad aspettarlo per l'eternità. Perché in quel momento era più vulnerabile di quanto fosse mai in tutta la vita e... avrebbe potuto fornirgli una dozzina di motivi se solo fosse riuscita a parlare."


"Non riuscì a resistere a un'offerta così allettante. Aprì le braccia e lui la strinse a sé. Non si era mai sentita così bene come in quell'abbraccio poderoso e rassicurante e capì che anche lui desiderava sentire il suo corpo contro il proprio. Aveva disperatamente bisogno di lui e, come sempre, non vedeva come sarebbe mai stata capace di lasciarlo andare."


"Shelly semplicemente si sciolse contro di lui, unendosi con il corpo e con la mente. Sentiva che un desiderio incontrollabile consumava il suo essere, la privava della capacità di pensare e della coscienza del mondo attorno a lei."





"La fata del castello" di Margaret Moore (Romanzi Storici)



Trama: Inghilterra, XI secolo. Urien Fitzroy, giunto a Bridgeford Wells in cerca di un nuovo signore a cui offrire i suoi servigi, viene assoldato e accolto da Lord Gervais nel suo castello. Qui il valente cavaliere ha modo di conoscere Fritha, la figlia adottiva del gentiluomo, e di apprezzarne la generosità e l'intelligenza. Ma così facendo suscita l'invidia della perfida Lady Gervais, che non esita a ricorrere prima alle sue arti seduttive e poi addirittura alla menzogna per contrastare l'amore nato tra la dolce Fritha e il valoroso Urien. La verità, tuttavia, è come una fiaccola nella notte e la sua luce è destinata a trionfare nelle tenebre...

Commento di Lunaria: Margaret Moore si riconferma una delle più talentuose scrittrici di Medieval Romance. Come in altri suoi romanzi


l'Autrice dà vita a personaggi complessi, a tutto tondo, sullo sfondo di un Medioevo vivido e vivace, pulsante di emozioni e drammi. Tutto è ricostruito con dettagli e bravura,  e non solo i personaggi centrali, cioè Fritha, Urien e Lady Gervais, ma anche quelli secondari (paggi, scudieri, locandiere, gli abitanti del villaggio, gli altri nobili al castello...). Il romanzo acquista verve soprattutto nella seconda parte, quando l'amore passionale tra Fritha e Urien è ormai evidente, e quando la perfida Lady Gervais, una sorta di libinosa "donna di potere" che tesse intrighi manipolando le persone come pedine per diventare sempre più ricca, giunge persino a minacciare Urien per obbligarlo a... fare l'amore con lei, altrimenti rivelerà a Lord Gervais che la sua pupilla, Fritha, è stata disonorata: ha già perso la verginità, sedotta da Urien. Inevitabile la disperazione dei due amanti, l'abbandono, l'apparente trionfo di Lady Gervais e la risoluzione dell'intrigo. Scene erotiche passionali molto ben descritte, anche se si riducono ad un paio e solamente a partire dal capitolo 11 (su un totale di 19 capitoli), un ritmo narrativo che parte un po' lento, dando più spazio alle faccende quotidiane di Fritha impegnata nella vita del villaggio (in tutta la prima parte, quando tra Fritha e Urien ancora non c'è una vera e propria attrazione) e che acquista vivacità soprattutto nella seconda parte. Come sua abitudine, l'Autrice anche questa volta ci presenta un personaggio maschile dal passato difficile, doloroso e tormentato, che troverà riscatto nell'amore puro di Fritha, nobile fanciulla che non abbandona gli abitanti del villaggio alla mercè della perfida Lady Gervais, anche a discapito della sua felicità. Esattamente come i romanzi precedenti, anche "La fata del castello" è un romanzo molto consigliato.


Gli stralci più belli:

"Fritha!"
Uno sguardo al viso pallido e terrorizzato di Fritha scatenò l'ira di Urien. Conosceva quella paura negli occhi di una donna e sarebbe stato felice di uccidere l'uomo che l'aveva provocata. [...] Dovette resistere all'impulso di prenderla fra le braccia, di riscaldarla con il calore del proprio corpo, rammentando a se stesso la loro differenza di rango.

Se avesse potuto fare qualcosa per cancellare l'angoscia dagli occhi scuri di Urien, l'avrebbe fatta. E Fritha sapeva, con assoluta certezza, che lo avrebbe amato fino alla morte.

Era pericoloso avventurarsi fra gli alberi a quell'ora, ma era anche eccitante, soprattutto perché stava per incontrarsi con Urien.
Quando s'inoltrò sotto i rami cadenti del salice, lo vide. Era in acqua e galleggiava sulla schiena, protetto dal baldacchino di foglie dei rami del salice piangente. Era nudo, notò Fritha, sorridendo fra sé quando si guardò attorno e vide i vestiti ammucchiati accanto al tronco e il mantello steso sull'erba. Era incantata ad ammirarlo allorché lui la vide e si sollevò.
[...] "Raggiungimi."
"Fa troppo freddo."
"Ti riscalderò io."
[...] Una brezza leggera agitava le fronde. Lui sembrava un'antica divinità del fiume, che emergeva dall'acqua per invitare una donna a diventare la sua amante.
"Vieni qui...", le bisbigliò.
Urien era un Dio. Il Dio del suo cuore, della sua vita. Eppure, era un uomo, con un bisogno e desiderio come lei: una casa, un focolare sicuro e felice.
Lui era irresistibile. Fritha non desiderava altro che stare fra le sue braccia. Si sfilò lentamente il vestito, lasciandolo cadere a terra. Quando mise piede nell'acqua, fu percorsa da un brivido.
Poi Urien la prese fra le braccia, calde e forti. La baciò con ardore, mentre l'accarezzava come lui solo sapeva fare.
Immersa nell'acqua, sotto quel baldacchino di rami, Fritha si sentì selvaggia e pagana.
Urien l'attirò contro di sé. Quando la sollevò, lei gli avvinghiò le gambe attorno al corpo, artigliandogli le spalle.
Fritha scivolò piano nell'acqua, sfiorandogli il petto con i seni.
A quel punto lui la sollevò sulle braccia e la portò fuori dall'acqua, deponendola sul mantello steso sotto il salice. Poi si sdraiò al suo fianco.

Fritha si rannicchiò contro il corpo nudo di Urien, avvolgendosi ancor di più nel mantello. "Hai freddo?" le chiese lui.
"Un poco. è scesa la rugiada; dev'essere quasi mattina."
Fritha non accennò a lasciare il caldo nido delle braccia di Urien.



Sulla stessa Autrice vedi anche:
http://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/07/un-cavaliere-senza-terra-di-margaret.html
http://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/03/la-dama-e-il-cavaliere-di-margaret.html


Altra copertina:






"Più in là del passato" di Joan Wolf (Harmony Special)


Trama: Nel lontano Paleolitico Superiore, circa quattordicimila anni fa, nella erbosa valle del Vezere, vivevano le tribù del Cervo Rosso e del Cavallo. La prima, matriarcale, era governata da splendide ragazze guidate da una Sacerdotessa che era devota alla Dea Terra. La seconda, invece, era patriarcale e adorava il Dio dei Cieli. Ma un giorno una forza misteriosa decide che è giunto il momento di unire le due stirpi e affida alla giovane Alin e al forte Mar il delicato compito di creare il futuro.

Commento di Lunaria: qualche lettrice di romanzi rosa potrebbe storcere il naso: una storia d'amore ambientata nel Paleolitico?!? (*) E invece a dispetto della prima impressione prevenuta, "Più in là del passato" è un libro davvero notevole. Non tanto per la storia d'amore tra Alin e Mar (con poche scene erotiche e funzionali soprattutto ai riti di fecondità della tribù) ma per tutto il contesto che fa da sfondo alla loro relazione (che inizia con un rapimento: le fanciulle della tribù del Cervo Rosso vengono portate via dai giovani del Cavallo perché le loro donne sono morte dopo aver bevuto dell'acqua avvelenata): e allora, l'Autrice basandosi molto sugli studi di Marija Gimbutas, soprattutto, ci racconta come doveva essere la vita in quel tempo così lontano: la caccia quotidiana per garantirsi il cibo e l'immenso rispetto che si portava all'animale ucciso, i rituali della fertilità sessuale e della caccia, l'affrescare le grotte a scopo magico-rituale, i monili indossati a scopo propiziatorio, le prove di coraggio, il conteggio del tempo tramite le fasi lunari e i cambiamenti stagionali, il totemismo, l'organizzazione della tribù, la magia e gli sciamani, ma anche le Matriarche, come gli uomini immaginassero il Dio del Cielo e la Dea della Terra...
Insomma, sicuramente è un romanzo rosa davvero atipico, ma proprio per questo, alquanto suggestivo. Molto consigliato! Peccato che essendo piuttosto datato (1991, ma in Italia è uscito nel 1993) sia difficile da reperire in giro...

(*) Per giunta, una delle serie più famose e prolifiche, dedicata al Paleolitico, è quella di Ayla, l'eroina del ciclo dei "Figli della terra".




Gli stralci più belli:

"C'era un dettaglio che la differenziava dalle altre tribù appartenenti al Kindred: la sua gente manteneva ancora il culto per la Madre mentre le altre avevano cominciato a venerare il maschio dio del Cielo [...] La Grande Sacerdotessa, o Signora della Madre, guidava la tribù che venerava la Grande Madre Terra, mentre nelle tribù che praticavano il culto del dio del Cielo, il capo supremo era un uomo. A causa di questa differenza, la tribù del Cervo Rosso si teneva isolata e solo occasionalmente partecipava ai Grandi Raduni. Quando era possibile i matrimoni venivano celebrati tra i membri dello stesso gruppo..."

"Tu non sei destinata a morire, figlia mia". Lana fissò le fiamme. "Bensì a diventare la Signora della tribù quando io me ne sarò andata. L'ho visto in te quando eri ancora piccola. Tu sei la prediletta della Madre. Lo compresi la notte in cui ti concepii [...] Ascolta quello che ti dico, Alin. Non scegliere mai un uomo che tu non possa dominare. Ecco perché tante tribù venerano il dio del Cielo. Le donne sono deboli e si sono fatte togliere il comando dalle mani. La maggior parte degli uomini sono rispettosi e venerano la Madre, portatrice di vita, ma ogni tanto tra loro ce n'è uno che la sfida."

"Infine le donne ripresero il cammino e, dopo aver percorso corridoi senza fine e anguste gallerie, sbucarono in una stanza dalla volta bassa al cui centro campeggiava una scultura di pietra rappresentante un cervo maschio e una cerva femmina nell'atto di accoppiarsi. Un sospiro eruppe da decine di bocche. Lo scopo della grotta sacra era quella di copulare al fine di permettere il perpetuarsi della vita dei cervi e quindi della tribù che portava il loro nome. La prima volta che Alin era entrata in quella grotta per essere iniziata alla maturità aveva sentito il potere della Madre Terra pulsare nell'aria gelida del santuario. L'indomani, pensò guardando la scultura, quel potere sarebbe entrato in lei. Sul pavimento della grotta erano imprese le impronte delle danzatrici che avevano effettuato il ballo della fertilità e sulle pareti erano disegnati dei simboli fallici, segno di fecondità e dell'inizio della vita. Alin avvertì un fremito nel ventre [...] La Signora le aveva detto che quando lo spirito della Madre Terra le avesse riempito i seni avrebbe sentito la chiamata [...] Quella notte lei e le sorelle dormirono all'esterno della grotta sacra, sotto il cielo autunnale, accarezzate dall'aria frizzante della notte, ma Alin non si addormentò subito [...] La notte successiva Ban sarebbe giaciuto con lei nel cuore della grotta sacra ma sarebbe stato il potere degli astri a penetrare nella fertile cavità del suo grembo. Non sarebbe stato un singolo uomo ad abbracciarla, bensì tutta la natura."

"Noi veneriamo il dio del Cielo", protestò Altan, furibondo. "Noi siamo i figli del Padre, tutti cacciatori. La Madre non ha niente a che fare con noi."
"Chiudi la bocca, uomo stolto!". Gli occhi di Huth lampeggiarono di furore. "La nostra tribù ha un bisogno immenso dei favori della Madre. Forse è proprio il mancato rispetto del nostro capo alla Dea che ha causato la tragedia. La Madre non gradisce essere ignorata."

"Io sono la figlia della Signora della mia tribù e appartengo alla Madre Terra. Nessun uomo può chiedermi in moglie."
Nel parve sbigottita. "Vuol dire che non ti sposerai mai?"
"Non avete delle Sacerdotesse della Madre nella vostra tribù? Possibile che il suo culto sia così sconosciuto alle donne del Cavallo?"
"Io appartengo alla tribù del Bufalo", rispose la ragazza. [...] "Noi siamo il popolo del Sole. Il culto del buio non ci appartiene."
"Del buio? Non ti capisco, donna del Cavallo. Madre Terra è la Dea della vita come della morte, della luce come delle tenebre. Quando si concepisce un bambino, lei è presente. Quando una iena succhia la vita di un cervo, lei è presente. La Madre Terra comanda tutte le forme di vita. Ha per marito sia il dio del Cielo che il dio degli Abissi. Il dio della Luce e quello della Notte giacciono tra le sue braccia."
[...]
"Non mi sembra giusto che gli uomini seguano le donne", commentò Nel.
"Sono le donne che danno loro la vita e gli uomini del Cervo Rosso non lo dimenticano. Dopotutto non sono stati gli uomini del Cervo Rosso a irritare tanto la Madre da meritarsi che le loro donne morissero avvelenate."

"Non ci sarebbero parti difficili se si venerasse la Madre nel modo appropriato [...] A chi chiedete protezione quando date alla luce i vostri figli? Al dio del Cielo?"
"Be'... no."
Alin scosse la testa, incredula. "La vostra noncuranza nei riguardi della Madre Terra non finisce mai di stupirmi. Gli uomini sono uomini, ma voi... Le donne danno la vita e per farlo rischiano la morte. Vita e morte appartengono alla Madre. Non vi capisco davvero", concluse sospirando.
[...]
"Noi del Cavallo non adoriamo la Madre da molti anni, Alin. Veneriamo il dio del Cielo."
"Il dio del Cielo va bene per gli uomini", scattò Sana.
"è dalla sua unione con la Madre Terra che è nato il mondo."

"Mar era di fronte a lei e di colpo le afferrò le spalle. Poi, com'era già successo, abbassò la testa e premette le labbra sulle sue.
Intorno a loro l'oscurità della foresta era piena di sussurri e quando Mar le toccò le labbra le sembrò che quel buio incantato le entrasse nell'anima. Il corpo dell'uomo al quale si appoggiava le parve simile alle stelle che scintillavano nel cielo, simile a un lampo di luce, freddo e puro e nello stesso tempo ardente come una fiamma. Alin sentì il desiderio di fare parte di quell'insieme, di fare parte del buio, della notte, delle stelle, di lui. [...] Alin sentì un forte calore divamparle nel ventre e le parve che il suo corpo si aprisse. Rovesciando la testa all'indietro aderì a lui offrendosi ai suoi baci."

"I raggi del sole gettavano lampi dorati nei suoi capelli. Ritto in piedi davanti a lei pareva l'immagine del dio del Cielo, raggiante di calore e di vita come il sole. Era giusto che lei celebrasse il Matrimonio Sacro con lui. Mar era davvero il figlio del dio del Cielo e lei era la vera figlia della Madre Terra. Insieme avrebbero compiuto un rituale potente."

"Quando gli uomini assaggiano il potere, si rovinano. Pensate ad Altan. Era un capo e quando gli hanno sottratto il comando è diventato un traditore assetato di vendetta. Ecco perché la Madre ha decretato che debbano essere le donne a guidare la tribù. [...] Io non sono solo un capo bensì la Signora e la Madre."

"Tu sei il capo come un giorno io sarò la Signora. Noi apparteniamo alle nostre tribù [...] Se tu ammazzassi mio padre in battaglia non te lo perdonerei mai."





"Un cavaliere senza terra" di Margaret Moore (Romanzi Storici)


Trama: Lady Beatrice si è innamorata del tormentato e affascinante Sir Ranulf nell'istante stesso in cui lo ha visto, al castello del suo tutore Lord Merrick. Essendo figlia di un nobile traditore, sa di non poter sperare in una proposta di matrimonio da parte del giovane, e tuttavia non vuole rinunciare ai sentimenti che prova per lui. Così, quando il valoroso cavaliere viene mandato da Lord Merrick ad amministrare la proprietà di Penterwell, in Cornovaglia, Beatrice convince il suo titubante tutore a darle il permesso di seguire Ranulf per aiutarlo nella conduzione del castello. Lui però non essendo affatto indifferente alla bellezza e alla vivacità della fanciulla, è determinato a non cedere alla passione: perché? E intanto, un assassino sta seminando morte e gli abitanti del villaggio si trincerano dietro un silenzio omertoso...

Commento di Lunaria: "Un cavaliere senza terra" è il quinto ed ultimo episodio della serie "Fratelli d'Arme" (che purtroppo non ho). La brava Margaret Moore si riconferma una delle più valide scrittrici di rosa medioevale.


Similmente al precedente "La dama e il cavaliere" http://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/03/la-dama-e-il-cavaliere-di-margaret.html (e a "La fata del castello" http://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2018/07/la-fata-del-castello-di-margaret-moore.html ) anche "Un cavaliere senza terra" è un notevole affresco storico della Cornovaglia del 1244. Gli usi e i costumi, gli "obblighi di etichetta" (che oggigiorno definiremmo anche ridicoli) della nobiltà sono descritti minuziosamente, e la protagonista, Beatrice, è una donna molto intraprendente, combattiva e testarda (anche se forse un po' troppo moderna, quanto a spavalderia) ed una vera maestra di "oratoria confutatoria" con una lingua tagliente e velenosa, quando si trova a dover affrontare il contrabbandiere che l'ha rapita, mettendolo KO solo con la forza del ragionamento!
Nel romanzo c'è anche spazio per un leggero riferimento "giallo-investigativo" (un assassino sta uccidendo i pescatori e altre persone del villaggio) che sicuramente rende meno scontata la vicenda.
è un po' un classico, per Margaret Moore, descrivere personaggi maschili dal passato torbido, conflittuale ed enigmatico (tendenza che si riscontrerà anche in "La fata del castello"), e proporre l'amore come rimedio per "redimere" dagli errori del passato.  Devo dire che tra tutte le autrici di "Medieval Romance" Margaret Moore è quella che ho apprezzato di più, sia per talento narrativo nel dare vita a personaggi "vivi" nella loro complessità psichica, e non bidimensionali, sia per il suo aver raccontato storie non banali che riescono quasi a farci sembrare il Medioevo meno "bacchettone" e più avvincente di quello che ci si aspetterebbe. Quindi è un'Autrice che consiglio sicuramente!

Gli stralci più belli:

"Se suo padre non fosse stato un traditore, avrebbe potuto sperare di sposarlo [...] Di conseguenza, l'unica speranza alla portata di Beatrice era diventare la sua amante. E quanto ci sperava! Con i suoi lineamenti spigolosi e affilati, il possente corpo da guerriero e i penetranti occhi nocciola, Ranulf era l'uomo più attraente che lei avesse mai conosciuto [...] Forse sbagliava a credere che Ranulf nutrisse qualche sentimento per lei, o che la desiderasse. Forse quello che le era sembrato di vedere era un parto della sua fervida e speranzosa immaginazione [...] Di sicuro c'erano altri uomini... dovevano esserci altri uomini capaci di farle battere più forte il cuore. Da qualche parte."

"Non doveva pensare a Beatrice [...] Per Ranulf lei non poteva essere altro che la cugina, graziosa e vivace, della moglie del suo amico. Farsi idee diverse, nonostante quello che a volte credeva di leggerle negli occhi, era solo orgoglio e vanità. Lui era un cavaliere, ma povero e senza terra [...] Che cosa poteva offrire a una donna bella e piena di vita come Beatrice, che poteva aspirare a chissà quanti uomini più ricchi e migliori di lui?"

"E poi gli sorrise. Un sorriso glorioso. Felice. Come se lei non desiderasse altro che la portasse nel suo letto e facesse l'amore con lei. [...] "Bea", mormorò pronunciando il suo nome come un sospiro, una speranza, una supplica. Col braccio le cinse la vita attirandola a sé, catturandole la bocca con un bacio appassionato. "Ranulf", sussurrò lei, ricambiando il bacio come se da anni aspettasse solo quel momento [...] Il desiderio che aveva frenato così a lungo grazie alla sua volontà di ferro ruppe gli argini. Bisogno, sentimento, passione e brama, simili a semi dopo il riposo invernale, presero improvvisamente vita col calore e la luce del sole."

"Mentre la teneva tra le braccia, una cosa gli sembrava certa: non poteva continuare così, intrappolato tra il desiderio e la trepidazione. In un modo o nell'altro doveva appurare se Bea poteva perdonargli il suo passato. Si sarebbe confidato con lei e l'avrebbe lasciata libera di decidere se lui era degno del suo amore. E se avesse reagito come temeva e si fosse allontanata, inorridita? Se avesse detto che non poteva più amarlo?"