"Volo nella notte" di Lynn Michaels (Harmony Emozioni)
Trama: Willow Evans non sapeva di avere un segreto desiderio fino a quando non percepisce la presenza immateriale di Jonathan Raven. I suoi occhi ipnotici, il suo tocco appassionato le procurano un'estasi che non aveva mai provato con nessun uomo mortale. Ma è solo quando incontra il Dr. Jonathan Raven in carne e ossa che Willow scopre quell'amore che riempiva i suoi sogni. Si trova così divisa fra due uomini... che sembrano identici... al di fuori della realtà... uno l'ama, l'altro ha bisogno di lei. Chissà...
Commento di Lunaria: "Volo nella notte" inizia con un ottimo prologo, a tinte horror (tanto che potrebbe configurarsi come racconto a sé) ambientato in una tomba egizia nel 1878. Prosegue poi nella nostra era attuale, anche se per i primi capitoli l'intreccio della vicenda si adagia su un ritmo banale e spesso "paludato", con qualche passaggio poco chiaro. Il romanzo acquista vivacità passati i primi capitoli, per poi tornare su binari decisamente sovrannaturali negli ultimi capitoli. Praticamente assenti le scene erotiche, mentre l'attrazione tra Willow e Raven è descritta con pochi tratti essenziali e sintetici. Il punto di forza del romanzo resta la trovata originale di "dividere" il personaggio di Raven in due parti: "la parte corporale", vampiresca, e quella "spirituale", l'anima che vaga a mo' di fantasma e che cerca di "rientrare" nel corpo (o meglio, il corpo cerca di impossessarsi dell'anima smemorata), mentre un vampiro potente, Nekhat, il vampiro egizio che all'inizio, nel 1878, vampirizzò Raven, è sulle sue tracce. Peccato che una storia che ha un punto di forza originale (il vampiro sdoppiato in corpo e anima) sia poi abbassata da un ritmo narrativo non sempre brillante e da descrizioni ridotte all'osso. Si sarebbe potuto dare maggior spazio ai monologhi di Raven, creando un personaggio seducente e affascinante, nel suo tormento, ma come detto, tutto è ridotto all'osso e ci lascia un po' a bocca asciutta. Peccato!
Qualche stralcio per dare idea dello stile:
"L'amico inciampò sulla porta, lasciando cadere la fiaccola. La luce si dimezzò e dalla penombra un paio di zanne colpì Raven alla gola, tra nuca e mascella. Sentì le trafitture, sentì la carne lacerarsi e il dolore propagarsi lungo le braccia. Riuscì in qualche modo a sollevarle e a scagliare la torcia contro la cosa che lo attaccava da dietro. Questa ringhiò e lasciò andare la presa, indietreggiò e tornò a farsi avanti (...) Cercò di deglutire, ma non ci riuscì. I muscoli erano paralizzati. E lo erano anche le palpebre, così che le pupille fissavano allucinate il basso soffitto di pietra e la spettrale immagine di sé che s'alzava dal proprio corpo. Fu colto dal panico. Era morto. Oh, Dio, era morto! Sdraiato sul pavimento della tomba, con la gola dilaniata e lo sguardo rivolto verso quella sorta di doppio incorporeo."
"In passato era stato incline ai sensi di colpa. Adesso doveva inseguirli, ricordarsi di continuo ch'era un medico, che aveva doveri e responsabilità ben precisi, Quando la colpa lo disertava in maniera totale, allora lo consumava con l'amoralità, distruggendo tutto ciò ch'era stato. Se avesse potuto, avrebbe pregato. Ma gli era proibito. Poteva soltanto riaprire gli occhi e lasciare che la luna gli inargentasse il viso. Quella fredda luce opalescente era un balsamo per lui. Era un figlio della luna, adesso. Più di quanto non lo fosse mai stato (...) S'alzò a sedere e vide la lince muovergli incontro. "T'aspettavo", le disse col pensiero. Sollevò la sinistra e il felino s'arcuò contro il suo palmo. La pietra al dito di Raven brillò nella notte."
"S'era reso conto che ciò che aveva visto salire in quella tomba era la sua anima, l'essenza della sua umanità, e per la prima volta aveva sperato... di ridiventare mortale, di porre fine alla sua tormentata esistenza di uomo spezzato."
"Per assurdo che potesse sembrare, incominciava a credere che Beaches fosse infestata dagli spettri. Era l'unica spiegazione logica per ciò che aveva visto allo specchio... che doveva essere il fantasma del primo dottor Raven, con addosso brache e stivali al ginocchio. Se si potevano definire logiche certe cose. O casuali. Ma era di questo che doveva trattarsi. Di un caso. Una mera coincidenza il fatto che lo spirito di Johnny Raven, assassinato in Egitto nel 1878, fosse apparso nello specchio di camera sua nello stesso periodo in cui un suo discendente con le stesso nome, la stessa faccia e persino la stessa professione era entrato nella vita di Willow."
"Raven sorrise. Già le luccicavano gli occhi. Una volta che avesse finito di esaminarle la caviglia, sarebbe stata in suo potere. Non provava desiderio per il suo corpo o per il suo sangue, solo per la sua mente. Usare l'attrazione che provava per lui era il modo più rapido per asservirla, catturare la sua Ombra e scomparire prima che Nekhat s'accorgesse che gli era stata sottratta la lunaria"
"Il vento cadde e gli alberi smisero di frusciare. Nella luce dei lampioncini, Willow notò che i denti di Raven era bianchissimi e che i suoi canini erano lunghi e affilati. "Santo cielo", esclamò parodiando la favola di Cappuccetto Rosso, "che denti aguzzi che hai!" "è per mangiarti meglio, cara". Quelle parole evocarono visioni nella mente di Willow. Erotiche e selvagge, di lenzuole stropicciate e corpi nudi. Il suo e quello di Raven. Gemette rauca quando lui si chinò a baciarla. Schiuse le labbra e gli lambì la lingua con la propria."
"Il suo sguardo era triste, quasi supplichevole. Lei sapeva cosa significava. Spense il motore e scoppiò in lacrime. "Non posso farlo, Johnny. Non posso uccidere nessuno. Nemmeno un vampiro." "Devi", gesticolò lui nello specchio. "Il Rito è la nostra unica speranza. Voglio stare con te, vivo e intero, oppure morire. In entrambi i casi, finirà il tormento. Per favore." Willow assentì straziata. "E va bene", annunciò smontando dall'auto. "Lo farò. Credo di amarti abbastanza da poterti uccidere."
"La Pietra Magica" di Karyn Monk (Romanzi Storici)
Trama: scampata alla morte con l'ingiusta accusa di stregoneria, Gwendolyn ora è costretta, paradossalmente, a dimostrare di essere una strega guaritrice a colui che l'ha rapita, salvandola dalla condanna al rogo, per servirsi dei suoi poteri e salvare così il figlioletto David, gravemente ammalato. Non solo Gwendolyn non possiede nessun potere magico ma non è neppure sicura di riuscire a resistere ad Alex MacDunn, vedovo da diverso tempo...
Commento di Lunaria: il libro mi è piaciuto molto, sia per come è scritto, sia per la trama; l'Autrice è stata molto brava a riportare gran parte dei pregiudizi cristiani dell'epoca contro le donne, in particolar modo nel primo capitolo (*); i personaggi della vicenda risultano ben descritti, con dettagliati e fini ritratti psicologici; li si sente "soffrire e amare", nei loro monologhi o nei dialoghi, ma anche nei piccoli gesti, vibrando in maniera molto intensa e viva; non ci sono "punti morti" nella vicenda, che è ben narrata e architettata, anche se la mole (318 pagine) potrebbe essere un difetto per chi predilige storie più "slim". Le scene d'amore sono intense, anche se per forza di cose giungono passata la metà del romanzo; è anche intrigante l'idea di far passare Gwendolyn ora come una strega che controlla il tempo, ora come una semplice donna "che ha avuto fortuna"; ovviamente la verità verrà svelata solo alla fine.
(*) Che inizia così:
Le Highlands della Scozia, Estate 1209
Il dolore alla schiena per essere rimasta appoggiata alla parete fredda la costrinse ad alzarsi lentamente ma con dignità. Socchiudendo gli occhi alla fievole luce diffusa da una torcia, scorse la robusta figura del suo carceriere, Sim. Altri due uomini si profilavano dietro di lui, le facce indistinte immerse nell'oscurità. Li studiò per un momento, poi dischiuse leggermente la mano che stringeva la piccola pietra dai bordi taglienti. Robert non era con loro.
"Ti stanno aspettando", annunciò Sim. "Ed è anche una bella serata", aggiunse, storcendo la fetida bocca con malevolo piacere. "Il vento è giusto".
Controllando l'impulso di mollargli un pugno in faccia, Gwendolyn mosse un passo avanti.
"Dammi le mani", ordinò lui, brandendo un rozzo pezzo di corda.
Le sue dita si serrarono a pugno, nascondendo a misera arma mentre la corda stringeva i suoi polsi. Non riusciva ad immaginare quale reazione temesse Robert da lei mentre veniva scortata verso la morte da quei due energumeni. Dopo averla legata, i due l'afferrarono per le braccia e la spinsero nel corridoio buio. Il fetore dei corpi non lavati, cibo imputridito ed escrementi umani le penetrò nelle narici. Camminò velocemente lungo il viscido passaggio, i piedi che sguazzavano in sudicie pozze d'acque. Qualcosa di peloso le sfrecciò davanti. Si fermò ansimando.
I guerrieri scoppiarono a ridere. "Una strega che ha paura di un topolino!" la canzonò uno. "Non gli stacchi la testa con un morso prima di far colare il loro sangue nelle tue pozioni?"
"Perché non compi un incantesimo, come hai fatto per il tuo povero padre?", la punzecchiò l'altro.
"Conservo i miei poteri per l'incantesimo che intendo fare a te", rispose Gwendolyn.
Salirono la scala fino al piano principale del castello. Stavano preparando una magnifica festa per celebrare la sua morte, e tutto il clan era stato invitato a unirsi a Laird MacSween e alla sua famiglia in quella straordinaria occasione. Passò in fretta davanti alle ghignanti guardie sulla porta e uscì nell'aria calda della sera.
"Eccola!", strillò qualcuno istericamente.
"Strega!", sibilò una ragazza con gli occhi spiritati, stringendosi il figlioletto al petto. "Hai fatto venire la febbre al mio bambino!"
"Maledetta assassina!", ringhiò un giovane magro che non dimostrava più di 13 anni. "Sei stata tu ad uccidere mia madre il mese scorso, non è vero?"
"Ed è colpa tua se la gamba di mio figlio è rimasta schiacciata sotto quell'albero", gridò una donna con i capelli grigi, "rendendolo storpio. Tutta colpa tua, meretrice di Satana!"
La folla cominciò a lanciarle insulti e accuse, le facce alterate dall'odio, i corpi pronti a scattare. Gwendolyn si fermò, spaventata.
"Avanti, strega", ringhiò una delle guardie. "Muoviti". Le diede uno spintone, e lei inciampò.
La folla fluttuò immediatamente in avanti, ghermendole i capelli, la faccia, il vestito.
"Meretrice del diavolo!"
"Progenie di Satana!"
"Sudicia sgualdrina!"
Gwendolyn era terrorizzata. Alzò le braccia legate nel vano tentativo di proteggersi il volto mentre il suo clan le martellava le spalle e la schiena di pugni. Quando non riuscì più a sopportare l'aggressione, cadde in ginocchio.
"Basta!", gridò una voce adirata da qualche parte oltre la mischia. "Smettetela, o vi strapperò il cuore!"
I suoi aggressori esitarono, incerti su chi avesse parlato. Guardarono con espressione interrogativa verso la pedana sontuosamente addobbata sulla quale sedeva Laird MacSween con sua moglie, il giovane figlio e il fratello, Robert.
[...]
Quando i suoi accompagnatori la lasciarono, il florido Padre Thomas salì esitante i gradini del palco. "Bene, Gwendolyn, sei pronta a confessare finalmente i tuoi peccati e a implorare il perdono di Dio per la cattiva strada che hai imboccato?", domandò a voce alta, perché il suo pubblico lo sentisse.
Lei girò la testa dall'altra parte. Gli puzzava l'alito di birra. "Non ho commesso nessun peccato, Padre."
Padre Thomas corrugò la fronte. "Via, figliola, sarai presto al cospetto di Dio. Ti manderà dritta all'inferno, dove brucerai per l'eternità, a meno che tu non chieda perdono ora."
"Neanche un prete può aiutarti, lurida sgualdrina!", gridò furioso un uomo.
"Neanche il demonio!", aggiunse un altro. Gwendolyn fissò Padre Thomas. "E se confesserò, troverò misericordia qui, fra la mia gente?"
"Sei colpevole di assassinio e stregoneria", le fece notare lui, scuotendo la testa. Si girò verso gli astanti, alzò le braccia e concluse grandiosamente "Nessuna donna accusata di così gravi crimini sfuggirà al perenne tormento dell'inferno."
La folla esultò.
Gwendolyn rifletté per un momento. "Se non posso sperare di sfuggire alla morte, allora non vedo ragione di trattenermi dal confidarmi con voi, Padre."
Lui apparve sorpreso, ma si ricompose subito. Annuì saggiamente e intrecciò le mani sul ventre prominente. "Dio sta ascoltando, Gwendolyn", le assicurò.
"Sono innocente. Pensateci stasera quando siederete alla tavola del laird nelle vostre vesti migiori e vi ingozzerete di carne e birra sufficienti per sfamare un bambino per un mese. Riflettete sul fatto che mi avete assassinata, Padre, e pregate di non soffocarvi con tutto quel cibo."
La sua faccia tonda divenne rossa per la rabbia. "Come osi parlare così ad un uomo di Dio!"
"Se voi foste realmente un uomo di Dio, avreste cercato di proteggermi invece di distruggermi."
"è il demonio che sta parlando. Eri solo una bambina quando tua madre fu bruciata, ma evidentemente eri abbastanza grande da ereditare le sue cattive abitudini."
"Mia madre non era più colpevole di stregoneria di quanto lo sia io."
Altri stralci del libro:
Il terreno cominciò a rimbobare sotto di lei. Correva ancor più in fretta, ma adesso sentì i rami scricchiolare, annunciando l'arrivo di un cavaliere. La disperazione la sopraffece. Rendendosi conto di essere in trappola si fermò per voltarsi nella direzione di quel rumore. MacDunn si stava precipitando verso di lei, pronto a scoccare una freccia. La rabbia gli aveva indurito i lineamenti. Gwendolyn lo fissò inorridita, il cuore raggelato. Invece di abbassare l'arma mentre si avvicinava, mirò dritto a lei.
*
E così abbassò la testa e catturò le sue labbra. Gwendolyn rimase come paralizzata mentre la bocca di MacDunn si posava sulla sua. Non era mai stata baciata, perché nessun uomo nel suo clan avrebbe osato trastullarsi con la ragazza marchiata fin da piccina come una strega. Ma anche nella sua innocenza, percepiva un furore represso nel modo in cui le labbra di lui si posavano sulle sue. Una fiamma prese vita in lei, e il sangue cominciò a scorrere più in fretta, facendola avvampare e sentire strana. Quella sensazione era così deliziosa che Gwendolyn dischiuse leggermente la bocca, si appoggiò al suo corpo muscoloso e gli cinse il collo con le braccia, aggrappandosi a lui e ricambiando il bacio. La forza sembrava emanare dall'uomo mentre le sue mani si muovevano lungo la sua schiena, serrandole i fianchi, premendola contro la sua virilità. Un'ondata di piacere la pervase e un debole grido le sfuggì dalla gola.
*
Guardò Gwendolyn, che giaceva rannicchiata sul terreno rabbrividendo sotto la sciarpa di Brodick. La sua ultima speranza, per quanto tenue, era che questa strega fosse in grado di salvare suo figlio. Scoppiò quasi a ridere per l'assurdità di quell'idea. Era un'assassina condannata come tale, tanto esile che un soffio di vento l'avrebbe potuta far volare via.
*
Una fredda, nera ondata di sconforto la pervase all'improvviso [...] Era sola al mondo, prigioniera e reietta, temuta e disprezzata perché era stata marchiata come assassina e come strega. Per un momento il dolore fu insopportabile. Chiuse gli occhi e si raggomitolò, sentendosi piccina e spaventata, come una bambina indifesa. Voleva riaddormentarsi e svegliarsi per scoprire che l'amara realtà della sua vita non era altro che un brutto sogno.
*
Un'ondata di desiderio lo pervase, offuscandogli la mente e interrompendo il corso dei suoi pensieri. Avrebbe voluto toccarla, attirarla tra le sue braccia, stringerla a sé. Erano soli nella stanza. Poteva facilmente prenderla. Era sua prigioniera, viveva soltanto perché l'aveva strappata dagli artigli della morte [...] Gwendolyn guardò MacDunn a disagio, sconvolta dall'intensità del suo sguardo. Aveva già visto quell'espressione e il ricordo le affrettò il respiro e le riscaldò il sangue.
*
Gwendolyn cercò di rimanere impassibile mentre MacDunn si dirigeva verso di lei, gli occhi azzurri sfavillanti di un'emozione che non conosceva. Era stata minacciata ed intimidita per tutta la vita, ricordò a se stessa. L'avevano chiamata con i più volgari appellativi e accusata dei peggiori reati. Alla fine suo padre era stato assassinato e lei era stata gettata nella più infame delle prigioni, percossa dalla folla, legata a un palo e quasi bruciata viva. Niente di quel che poteva farle MacDunn sarebbe stato peggio di quanto aveva già sopportato, pensò mentre lui l'afferrava con forza per le spalle. Niente. Lo guardò con immensa calma, determinata a mostrargli che non aveva affatto paura di lui. Alex la fissò per un lungo, raggelante momento, le mani che le stringevano forte le spalle. Voleva scuoterla, spaventarla per vedere la paura nei suoi chiari occhi grigi invece di quella gelida calma beffarda. La furia da cui si sentiva pervadere era allarmante, perché la rabbia erodeva sempre il tenue controllo che aveva della sua mente. Ma Flora era morta e suo figlio stava morendo e questa strega, che era stata la sua ultima speranza, lo aveva deluso. (...) D'un tratto abbassò la testa e premette selvaggiamente la bocca sulla sua. Gwendolyn ansimò e cercò di tirarsi indietro, ma MacDunn la serrò forte tra le braccia, imprigionandola. Lei gli pestò i pugni sul petto, ma il suo corpo era protetto da una pesante armatura di muscoli. (...) si dibatté e cercò di protestare, ma il suono fu soffocato dalla prepotenza delle sue labbra (...) un'ondata di piacere la pervase, rimescolandole il sangue. Gli infilò le mani tra i folti capelli biondi e lo trattenne a sé, osservandolo con oscura, inspiegabile eccitazione mentre lui sfiorava il roseo capezzolo con le labbra (...) Una sensazione sconosciuta sbocciò nel suo profondo, un dolore ignoto, sordo, urgente, e infine avvertì un melato calore tra le gambe.
*
"Gwendolyn", mormorò, "non sei sola."
Lei scosse il capo. "Lo sono, MacDunn. Lo sarò sempre"
"No", mormorò lui, abbassando le labbra fin quasi a sfiorare le sue. "Non finché vivrò."
Con quel solenne impegno premette le labbra sulle sue, cingendola con le braccia e attirandola forte a sé. La baciò con ardore, con avidità, desiderando di perdersi in lei. La bocca di Gwendolyn era morbida, scura e sapeva di vino, come un frutto maturo riscaldato dall'estate, e profumava di campi e di luce del sole, un profumo che l'aveva fatto impazzire fin dalla prima volta che l'aveva stretta a sé.
Il tema della stregoneria e delle donne guaritrici è stato affrontato anche in questi libri: http://recensioniromanzirosa.blogspot.it/2017/07/la-spada-delle-highlands-di-ruth-langan.html
"La strega e il cavaliere"
e in questo (anche se è ambientato nel Novecento)
''Il Gatto Nero'' di Andrea Davidson (Harmony Intrigue)
Trama: Per Bettina Bacheller la realtà supera ogni immaginazione: non solo suo padre, che credeva morto, è vivo e vegeto, ma è addirittura il più famoso ladro internazionale di gioielli: il Gatto Nero. Solo un uomo può aiutarla a ritrovarlo: John Erickson, un ex agente del controspionaggio rifugiatosi a Capri per seminare le proprie tracce. Bettina lo raggiunge sull'isola con un duplice scopo: ottenere la sua collaborazione e poi tradirlo, consegnandolo al Governo. Non ha però calcolato d'incontrare per la prima volta il grande amore. E tutto il suo piano crolla miseramente.
Commento critico di Lunaria: "Il Gatto Nero" è una storia di azione, inseguimento e spionaggio, con qualche spruzzata di rosa; il problema è che l'Autrice è stata davvero parca, sul lato amoroso ed erotico (sì, certo, l'attrazione tra Bettina e John è presente, ma tutto è suggerito, più che mostrato), tanto che praticamente le scene di contatto fisico tra i due sono neanche un paio e descritte sinteticamente, pure con un certo pudore; in compenso abbondano i dialoghi e gli inseguimenti su e giù per l'Italia del Sud (non mancano neanche i sicari della mafia!), alla ricerca del Gatto Nero, il padre di Bettina, inseguito dalla figlia e da John, dall'Interpol, dalla polizia italiana, dai mafiosi e da agenti segreti pagati dalla "concorrenza". Certo, il romanzo ha una trama, è ben narrato (notevoli le descrizioni della nostra Italia, anche se un po' da cartolina... forse l'Autrice ha visitato personalmente i luoghi tra Capri e la Sicilia...) ma qui, di scene "rosa" non se ne vedono, se non in qualche sporadico dialogo e contatto fisico ridotto all'osso. Troppo poco per saziare chi, in questi romanzi, ricerca scene di amore ed eros esplicito, condito da tanti dettagli suggestivi. Se invece le vicende di spionaggio e d'azione vi piacciono senza tante smancerie dietro, allora "Il Gatto Nero" potrebbe essere adatto a voi.
Qualche stralcio del libro:
"Lei tremò tutta. Doveva essere il vino, anzi, non poteva essere che quello. Ne aveva bevuto troppo, come al solito. Quando avrebbe imparato a conoscere i propri limiti? E adesso quell'uomo, che di lì a poco avrebbe avuto gli occhi azzurri [...] le stava facendo delle proposte che avrebbe volentieri accettato. [...] Ma Bettina Bacheller era abituata a decidere lei quando era il momento, a fare lei la prima mossa e a scrivere le regole. Il vento tra le fronde e il rumore del mare in lontananza non l'avrebbero incantata come i marinai di Ulisse. Non quella sera, almeno."
*
Erickson la gelò con lo sguardo. "Anch'io sono stufo di aver paura di te. A ogni curva mi aspetto di vedere un posto di blocco e per di più non capisco a che gioco stai giocando."
Le afferrò un braccio e glielo strinse così forte che lei fece una smorfia di dolore. "Sta' attenta a come ti muovi, Bettina Bacheller, perché la terra potrebbe esploderti da sotto i piedi. Se annego, puoi stare sicura che tu annegherai con me."
In quel momento, lei rimpianse di esserselo scelto come aiutante.
[...] Erickson faticava a controllarsi. Studiò lo sguardo di Bettina alla ricerca della verità, quasi perdendosi in quel verde mare di paura. Rilassò le dita intorno all'impugnatura della pistola [...] cercò su quel viso meraviglioso delle bugie che dovevano per forza esserci, ma che lui non riusciva a smascherare.
*
In realtà non si trattava solo di quello; c'erano troppe cose in John Erickson di cui Bettina voleva andare a fondo. La sua passione per il pericolo e l'avventura la incuriosivano, il suo aspetto l'attraeva in modo irresistibile. Avrebbe voluto sperimentare la sua forza, farsi stringere da quelle braccia muscolose. Sentiva che in Erickson c'erano delle emozioni che aspettavano solo di esplodere e che, non trovando via d'uscita, gli si leggevano negli occhi. Le sarebbe piaciuto vederlo com'era veramente, sapere chi era veramente.
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