Trama: Con quanta impetuosa forza Doranna è entrata nella vita di Nelson! Lei è una giovane orgogliosa, architetto, lui un uomo al quale la ricchezza non è riuscita a sottrarre un'istintiva capacità di amare. Fra i due si leva l'altera figura della cantante lirica Edmée, arrogante, vanesia e gelosa fidanzata di Nelson. Prevarrà l'inerzia del vecchio legame, ormai vissuto da Nelson come una condanna o l'impeto della nuova passione? Sullo sfondo di una suggestiva Liguria, nell'azzurro della vetrata si specchia un'emozionante schermaglia d'amore.
Commento di Lunaria: Non è il miglior romanzo di Liala, anzi, la vicenda (già molto esile e banale di suo) si dipana con un ritmo alla moviola per pagine, pagine, pagine dove tutti i cliché alla Liala, sia quelli positivi che caratterizzavano il suo stile (le belle descrizioni poetiche dei paesaggi) sia quelli negativi (roba ormai anacronistica come "l'onore della donna, la donna svergognata" et similia) vengono sciorinati in uno stillicidio continuo.
E tuttavia, ha comunque il suo fascino, pur essendo un romanzo molto di maniera e prolisso con personaggi bidimensionali "fatti con lo stampino" esattamente come tutti i personaggi di Liala (la storia del "triangolo amoroso" nella sua banalità di per sé si poteva narrare in dieci pagine e pure meno...) di tanto in tanto spuntano dialoghi interessanti, le splendide descrizioni paesaggistiche (la parte migliore di tutti i romanzi di Liala), quei tocchi "lialeschi" che rendono indimenticabili i suoi romanzi, per quanto fatti in serie, prolissi e oggigiorno persino anacronistici nelle sue storie d'amore "puritane" (più di un bacio i personaggi non si danno e anche quando "vanno a letto" Liala non scende mai nei dettagli ma lascia alludere...)
Bello il finale, davvero indimenticabile (tra i migliori finali di Liala) che "riabilitano" un romanzo prolisso e un po' indigesto (nonostante, ripeto, ci siano pagine molto apprezzabili)
Gli stralci più belli:
"I begli occhi grigi ebbero un lampo di furore allorché la centralinista di Odero rispose (...) Per trattenere la sua ira e per trovare pazienza, Nelson Graziani guardò il panorama che dalla finestra della sua villa egli poteva godere. Il mare aveva un colore delicato, tra l'azzurro e il verde. Il cielo, d'un azzurro plumbeo, solcato qua e là di nuvole aveva una striscia rossa dove all'orizzonte si fondeva pacificamente con il mare. Sotto la balaustra del giardino, c'era la distesa di scogli e fra di essi, a tratti, serpeggiava l'acqua spumosa. Per gradi, a sinistra, saliva un monte: chiari olivi nei primi piani, armoniose querce dalla chioma cupa via via che il monte saliva."
"Le ali andavano incontro al cielo che si faceva scuro. E lontana, pallida e cheta, saliva una stella. Nelson Graziani chiuse gli occhi. Ma non dormì. C'erano tanti pensieri in lui. (...) La stella pallida e cheta ebbe, repentinamente, una compagna. Pallida anch'essa, anch'essa cheta. Insieme, restarono là a far da asterischi dove c'era scritto cielo."
"Doranna rimase affacciata. Le collinette digradanti verdeggiavano deterse dalla gran pioggia. Nel giardino, dentro i minuscoli laghi che s'erano formati, si specchiavano i rami delle magnolie e le strisce chiare dell'azzurro che era nel cielo. Gli alberi, stillanti, s'andavano colmando di brezza. E sul terreno, per ogni sospiro di vento, cadevano gocce grosse e lucenti di quell'acqua che le foglie ancora trattenevano."
"Si guardò attorno, perplesso. Si avvicinò alla finestra. Al di là dei vetri osservò il cielo saturo di fumi. E d'un tratto vide che il cielo mutava di colore. Una pennellata di sereno, un più chiaro riverbero, una zona totalmente azzurra. Restò incantato a guardare quel cielo che d'attimo in attimo si liberava dal grigiore e prendeva, per un passare di luce obliqua, il tono diafano di un cielo d'aprile."
"Scese in giardino. Dell'autunno, in quella zona felice del mondo, non c'era che qualche languore di fiore. Per i prossimi colli salienti gli olivi ondeggiavano con il loro mutevole colore tra il verde e l'argenteo. Su le magnolie del giardino resistevano le coppe enormi, carnose e candide dei fiori. Soltanto nel filare altissimo e diritto delle salvie, a tratti, uno stelo fiorito si inclinava."
"Imbruniva. Fosche, tetre e malinconiche si delineavano le piante contro il cielo senza gioia. E lungo l'autostrada giù per le vallate, su per i colli e i monti, si insinuava, precoce, la notte. Qua e là, nelle rive più fonde, s'ammucchiava, pallida, quasi lunare, qualche striscia di neve. E dalle gallerie risonanti stillava, gelido, il sudore del monte."
"E tutto fu uguale all'ora della colazione: soltanto, mancava il sole. Poi fu il dopo cena e con esso il terrore di una notte molto lunga. Regnava lassù, nella notte, un silenzio di cimitero. Basse le luci, grandi le ombre, sommesse come una trepida preghiera le voci. E le stelle, nel cielo, infinite. Erano sbocciate tutte, come fanno le primule al nuovo tepore di una primavera felice."
"E poi venne un sabato, giorno in cui Nelson Graziani non lasciava Nervi. L'inverno, per Nervi, era già finito. Le magnolie fiorivano, gli oleandri mettevano macchie di colori nel verde pallido delle loro foglie. E le mimose, gialle, olezzanti, tenerissime, si piegavano sotto il peso dei loro grappoli a pelliccia."
"E quella sera d'un qualunque sabato c'era la luna piena. Uscirono, dopo cena, Doranna e Nelson, e si avviarono alla balaustrata sul mare di dove potevano scorgere la torre. La luna, precisa, fredda, senza raggi dominava nel cielo. Un colore tra l'oro e l'argento colava su i piccoli vetri della trifora. Era come se dall'alto, fondendosi per grande fiamma, un metallo prezioso si sciogliesse e calasse giù a donare i inargentare i vetri limitati dal grigiore del piombo. (...) E nella immensa distesa dell'amoroso silenzio, non c'era posto per le parole."